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Policlinico, arresti a scoppio ritardato. Il primario Calbo, il figlio e un medico ai domiciliari per fatti notori dal 2013. Nel frattempo, Calbo è diventato direttore della scuola di specializzazione in chirurgia e di recente è stato promosso Primario di struttura complessa

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Calbo, Marullo e calbo senior

Aveva un seno più grosso dell’altro e voleva renderli eguali: si è ritrovata senza capezzoli né areola mammaria. Un’altra donna, invece, non sopportava l’adipe sull’addome e ai glutei: delle mutilazioni ne hanno preso il posto.

La vicenda diventò di pubblico dominio a giugno del 2013 (vedi articolo di Centonove Protesi poco pro…tette che la raccontava in tutti i dettagli).

Gli interventi di chirurgia estetica fatti passare per interventi necessari per curare tumori (in modo da porli a carico del Servizio sanitario nazionale) erano stati già effettuati nelle sale operatorie del Policlinico di Messina nei mesi precedenti. Alcuni di questi avevano pure prodotto danni gravi ai pazienti.

L’autore ne era Enrico Calbo, specializzando e figlio di Elio, primario all’epoca di Endocrinochirurgia (struttura semplice), che per legge non poteva neppure effettuare gli interventi come primo operatore; al suo fianco, neppure in tutti i casi, il chirurgo collega di papà Massimo Marullo.

L’allora direttore generale del Policlinico di Messina, Giuseppe Pecoraro, sospese i due medici strutturati per due mesi. E nominò una commissione interna che facesse luce sulla vicenda. La Procura aprì un’inchiesta iscrivendo i tre sul registro degli indagati. Non solo. Nei mesi successivi alla direzione dell’azienda ospedaliera arrivarono diverse richieste di risarcimento danni per centinaia di migliaia di euro da parte di pazienti che si erano affidati ai bisturi del figlio d’arte.

Oggi, trentasei mesi dopo, per gli stessi fatti, con l’accusa di truffa, falso e abuso d’ufficio, i tre sono finiti agli arresti domiciliari.

 

CORSA INARRESTABILE

Eppure, tutto ciò non ha impedito che nel frattempo Letterio Calbo diventasse prima direttore della scuola di specializzazione in Chirurgia generale: ciò colui che ha la responsabilità della formazione tecnica e deontologica dei futuri chirurgi della città; e poi, di recente, primario di Chirurgia d’urgenza del Policlinico universitario, sia pure in via provvisoria visto che il Policlinico aspetta venga approvato dalla Regione l’atto aziendale.

 

IL PLEBISCITO. 

E’ un incarico cui ha sempre ambito: dirigere la scuola di specializzazione. La vicenda delle protesi su cui era scivolato il figlio e le indagini della Procura rischiava di far svanire il sogno. Invece, non lo ha minimamente sfiorato.

Lelio Calbo è diventato direttore della scuola si specializzazione agli inizi del 2015 con una maggioranza bulgara: 55  su 60 colleghi chirurghi gli hanno dato fiducia a dispetto della sospensione, dell’inchiesta della Procura e del clamore mediatico.

“Dalla Procura non ho ricevuto nulla. Non so nulla di inchieste a mio carico. Non credo ci sia persona più meritevole e adatta di me per guidare la scuola di specializzazione. Non c’è nessun problema di opportunità, nè di incompatibilità”. Rispondeva così Elio Calbo, al giornalista che subito dopo la sua elezione a direttore della scuola di specializzazione, avvenuta a gennaio del 2015, faceva notare la contraddizione tra il suo nuovo ruolo di responsabilità anche deontologica e la condotta tenuta nella vicenda che aveva visto come protagonista il figlio.

Questi, in violazione del regolamento interno, pur essendovi decine di reparti disponibili per la sua formazione, operava a suo piacimento in quello del padre, che lo aveva accolto volentieri e che – secondo le conclusioni degli inquirenti – non solo non vigilava sul figlio ma ne era complice.

“Una commissione ha stabilito che tutti gli interventi svolti da mio figlio rientrano nella legalità”, sottolineò nell’occasione Elio Calbo.

 

L’ASSOLUZIONE DEI COLLEGHI E I BUCHI NERI

In effetti, il medico legale Patrizia Gualniera e il chirurgo plastico Michele Colonna, entrambi medici del Policlinico, incaricati dal manager Pecoraro di valutare l’operato dei tre colleghi, erano stati netti. “Tutti i ricoveri oggetto di indagine sono risultati congrui in quanto le patologie riscontrate richiedevano le prestazioni effettuate”, hanno scritto i due medici al termine di una relazione di una paginetta, depositata in direzione generale il 15 luglio del 2013.

Il sostituto procuratore Antonella Fradà (sulla scorta della relazione del suo consulente tecnico, Elvira Ventura Spagnolo) l’ha pensata in maniera diametralmente opposta, convincendo pure il Gip Maria Luisa Materia.

Gli interventi fuorilegge secondo le conclusioni del pm sono stati compiuti tra il 2011 e il 2013. Tutti sono stati registrat

 

LE PROMOZIONI

Di recente, con delibera del 22 ottobre del 2015 il direttore generale dell’azienda universitaria Marco Restuccia, ottenuta l’intesa dal rettore dell’Università di Messina Pietro Navarra, ha nominato Calbo direttore dell’unità operativa complessa di Chirurgia d’urgenza.

L’incarico è per sei mesi e costituisce una promozione (sia sotto il profilo economico che del prestigio) per il docente ordinario che sino a quel momento era direttore di una struttura semplice.

Nel corso degli ultimi anni sono giunte sulla scrivania del manager diverse richieste di risarcimento danni frutto dell’operato di Enrico Calbo. Alcuni contenziosi sono stati evitati con delle transazioni.

ALLEANZE MAGICHE

Elio Calbo, fedelissimo da tempo immemore dell’allora  rettore Franco Tomasello, alla vigilia delle elezioni per la scelta del nuovo ermellino (tenute a maggio del 2013) si è schierato dalla parte di Pietro Navarra (eletto poi rettore), tradendo il candidato appoggiato dal neurochirurgo rettore uscente.

Pippo Navarra, il fratello del Magnifico, è il chirurgo più prestigioso e potente del Policlinico e l’elezione a direttore della scuola di specializzazione di Calbo è avvenuta grazie alla sua sponsorizzazione politica.

 

 

Policlinico, in un bagno trovato uomo morto per overdose. I precedenti.

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policlinico foto

E’ stato trovato morto, in uno dei bagni del reparto di Neurologia del Policlinico Universitario di Messina, ubicato nel padiglione E, un uomo dell’età di circa 45 anni. Secondo quanto riferiscono coloro che lo hanno rinvenuto, l’uomo è morto subito dopo essersi iniettato una dose di droga.

Sul posto sono intervenuti i Carabinieri che hanno informato la Procura della Repubblica. A breve, al Policlinico, arriverà il sostituto di turno della Procura che disporrà l’esame autoptico e avvierà le indagini per identificare l’uomo e stabilire come e perché l’uomo si sia andato a drogare all’interno di una struttura ospedaliera.

Non è la prima volta che nei padiglione dell’azienda Universitaria avvengono analoghe tragedie. Qualche anno fa (nel 2012), è stato rinvenuto un altro cadavere, questa volta nei corridoi del padiglione C. Analoga la causa del decesso: overdose.

Al suo insediamento (a luglio del 2014) alla guida della struttura Sanitaria il manager Marco Restuccia ha dovuto ordinare una bonifica urgente di alcuni bagni in cui sono stati rinvenute abbandonate siringhe e segni inequivocabili che i locali sono stati utilizzati come stanze per drogarsi in tutta tranquillità.

“Il primario di Nefrologia Bellinghieri non poteva essere mandato in pensione”: il Consiglio di Giustizia amministrativa boccia il Policlinico universitario. E apre la via al risarcimento dei danni

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Guido Bellinghieri

Guido Bellinghieri

A “licenziarlo” fu l’allora manager Giuseppe Pecoraro. A corrispondergli la retribuzione come se avesse lavorato ancora per mesi e mesi dovrà essere l’azienda Policlinico Universitario di Messina.

Il Consiglio di giustizia amministrativa ha stabilito che il primario di Nefrologia, Guido Bellinghieri, non potesse essere mandato in pensione il primo giugno del 2012, tre mesi dopo il compimento dei suoi 70 anni (avvenuto il 2 marzo del 2012), limite massimo fissato dalla legge per i dirigenti medici ma, in quanto anche docente universitario, avrebbe avuto il diritto di prestare la sua attività per l’azienda universitaria sin tanto che avesse avuto il diritto di svolgere la sua attività didattica e di ricerca.

L’organo di giustizia amministrativa d’appello ha nell’occasione ribadito un principio da tempo affermato dalla giurisprudenza ma di cui il manager Pecoraro non aveva tenuto conto: ovvero che l’attività assistenziale e l’attività didattica sono inscindibili.

Dunque, il dirigente medico delle aziende ospedaliere che sia anche docente universitario non può essere mandato in pensione benché per la legge che si applica ai medici ci debba andare. Bisogna infatti considerare cosa stabilisce sul punto la legge che si applica agli universitari.

QUESTIONE DI INTERPRETAZIONE… E DI SOLDI

Ma quando il docente universitario Bellinghieri sarebbe dovuto andare in pensione? Dalla risposta a questa domanda dipende l’entità della somma che l’azienda universitaria dovrà ora corrispondergli.

Quando viene mandato in pensione da Pecoraro, Bellinghieri ha perso virtualmente la speranza di poter rimanere in servizio come docente sino a 72 anni: infatti, nel 2009, sulla base della normativa vigente aveva chiesto e ottenuto dal rettore Franco Tomasello di prolungare l’attività lavorativa. Qualche mese dopo, la legge Gelmini di dicembre 2010 aveva però fissato a 70 anni il limite massimo inderogabile di permanenza in servizio. La stessa legge, comunque, prevedeva che il docente avesse diritto a completare l’anno accademico in corso al momento in cui veniva raggiunta l’età pensionabile.

Tuttavia, la legge Gelmini, a maggio del 2013 è stata dichiarata su questo punto costituzionalmente illegittima per cui il limite dei 70 anni è come se non vi fosse mai stato ed è rivissuta la facoltà di rimanere sino a 72 anni.

Dunque, ricapitolando: Bellinghieri, che dinanzi ai giudici amministrativi è stato assistito dal legale Santi Delia, non poteva essere mandato in pensione ma aveva il diritto a rimanere in servizio come dirigente medico. Fino a quando? Nella peggiore delle ipotesi sino al 31 ottobre del 2012, con diritto ora a 5 mesi di retribuzioni. Nella migliore (per lui) delle ipotesi, invece, aveva diritto a stare in servizio sino al 31 ottobre del 2014, visto che compiva 72 anni a marzo del 2014 e, comunque, manteneva il diritto di  rimanere in servizio sino alla fine dell’anno accademico in corso, fissato al 31 ottobre del 2014, con diritto in questo caso a 29 mesi di retribuzioni non percepite, qualcosa come 100mila euro.

Il professore Bellinghieri commenta: “L’operato inspiegabile dei vertici del Policlinico mi ha determinato danni non solo economici ma anche morali”.

AMMISSIONI DI COLPA

La sconfitta del Policlinico universitario di Messina, difeso dall’avvocato Enrico Caratozzolo, sia pure giunta al termine di diversi gradi di giudizio, era nella sostanza attesa.

La stessa azienda universitaria, infatti, allo stesso modo in cui aveva mandato in pensione Bellinghieri, aveva pure messo a riposo il primario di Medicina del Lavoro Mario Barbaro a far data dal 3 gennaio del 2014, giorno in cui compiva i 70 anni. In autotutela, però, il manager Pecoraro aveva ritirato il provvedimento riconoscendo,nella motivazione della delibera, “l’inscindibilità tra funzioni assistenziali e didattiche” e di conseguenza il diritto a rimanere in servizio sino al 30 ottobre 2014.

Punto nascita di Barcellona: il Megafono urla, Crocetta attacca e Borsellino licenzia. I cittadini, invece, pagano 32 mila euro di danni all’ex manager dell’Asp 5 di Messina Magistri, reintegrato dal Tar. L’imbarazzo dell’attuale Dg Gaetano Sirna, “impossibilitato” a denunciare l’assessore alla sanità alla Corte dei conti

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Lucia Borsellino e Rosario Crocetta

Lucia Borsellino e Rosario Crocetta

A licenziarlo in tronco il 21 gennaio del 2014, quattro giorni dopo che il presidente del Tar di Catania con decreto (senza alcuna attività istruttoria) aveva sospeso l’accorpamento del punto nascita di Barcellona a quello di Milazzo e il Governatore Rosario Crocetta l’aveva pubblicamente attaccato, era stato l’assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino.

Ad annullare la revoca dell’incarico, rimettendo Manlio Magistri (l’11 aprile del 2014) alla guida dell’Azienda sanitaria provinciale 5 di Messina, è stato (con ordinanza cautelare) il medesimo organo di giustizia amministrativa etneo.

I giudici amministrativi, in un separato giudizio nato dal ricorso contro l’accorpamento del sindaco della città del Longano, Maria Teresa Collica, nel frattempo hanno ricevuto una relazione dei Nucleo antisofisticazioni di carabinieri (Nas) i quali hanno ritenuto l’accorpamento “necessario per la migliore tutela della salute di nascituri e mamme nonché conforme al decreto assessoriale sul riordino dei punti nascita”: esattamente ciò che sosteneva Magistri.

Manlio Magistri

Manlio Magistri

Ma a pagare, adesso, sono le casse pubbliche.

Trentaduemila euro: è questo il conto che ha presentato all’Asp 5 dall’ex commissario straordinario Magistri, forte della sentenza del Tar del 9 ottobre del 2014 che, confermando il provvedimento dell’ 11 aprile 2014 ed entrando nel merito, boccia l’operato dell’assessore Borsellino. Si tratta della retribuzione lorda che l’ex manager non ha percepito per il periodo in cui ha dovuto abbandonare (ingiustamente, secondo i giudici) gli uffici di via La farina di Messina sostituito da Giovanni Migliore, a sua volta retribuito. Sulla scorta del parere dell’Ufficio legale, i 32mila euro sono stati liquidati dai vertici dell’asp 5 guidati da Gaetano Sirna, dall’estate del 2014 successore di Magistri.

Il Tribunale amministrativo ha sottolineato come “la revoca dell’incarico che si è atteggiato come un provvedimento sanzionatorio rispetto alla soppressione del punto nascita dell’ospedale di Barcellona la cui legittimità è stata confermata da questo Tribunale, è stata adottata senza alcun rispetto dei diritti di difesa e senza che vi fosse alcuna urgenza”.

L’imbarazzo del direttore generale Sirna

Ma perché deve essere l’Asp 5 a pagare se la condotta illegittima l’ha tenuta l’assessore Borsellino? “Il datore

Gaetano Sirna

Gaetano Sirna

di lavoro di Magistri era l’Asp e quindi dev’essere l’Asp a pagare. L’ufficio legale ha attestato che è opportuno pagare per evitare un contenzioso con Magistri sicuramente vincente e il danno aggravato da spese legali interessi e quant’altro. La delibera ad ogni modo è stata trasmessa all’assessorato regionale alla Salute”, precisa Sirna.

Ma la delibera non andrebbe trasmessa pure alla Procura della Corte dei conti perché accerti la responsabilità erariale dell’assessore? “Io dovrei fare una cosa contro chi mi ha nominato? Non so. Forse c’è conflitto di interessi. La vicenda in effetti è imbarazzante”, dice il direttore. “Magari sarà lo stesso assessore a inviarla alla Procura”, conclude Gaetano Sirna..

 

Immagine rovinata

Il danno per le casse pubbliche potrebbe essere maggiore dei 32mila euro.

Il manager milazzese, infatti, aveva chiesto 500mila euro di risarcimento per i danni all’immagine subiti in conseguenza del licenziamento e del messaggio di “manager incapace” che era stato veicolato. Il Tar, invece, ha ritenuto che “il pronto ristoro ottenuto con il giudizio cautelare e la massima diffusione che ha avuto la notizia del reintegro giustifica il rigetto della domanda di risarcimento”. Magistri, però, di questo non è molto convinto e, sempre assistito dall’avvocato Silvano Martella, si è rivolto al Consiglio di giustizia amministrativa. In caso di vittoria a pagare sarà, almeno in prima battuta, la regione Sicilia (Presidenza e assessorato) nei cui confronti ha orientato l’azione l’ex commissario.

 

La battaglia… contro la salute

L’amministrazione comunale di Barcellona assistita dal legale Rosaria Natalia Imbesi (con parcella sul groppone del Comune) aveva impugnato la delibera che accorpava il punto nascita di Barcellona a quello di Milazzo. Tuttavia, dopo il deposito della relazione dei Nas che dava ragione a Magistri, ha rinunciato a chiedere la pronuncia dei giudici ed è stata condannata a pagare mille euro a favore del manager.

Maria Teresa Collica

Maria Teresa Collica

I duri attacchi di Crocetta e la decisione della Borsellino di esautorare Magistri erano stati preceduti da una campagna politica e mediatica che aveva visto impegnati in prima linea il sindaco di Barcellona Collica e l’assessore Davide Bongiovanni. Il primo cittadino aveva presentato un esposto alla Procura sulla scorta di un’ispezione effettuata a sorpresa al reparto di Ostetricia di Milazzo proprio dall’assessore. Quest’ultimo nell’occasione ha girato un  filmato e scattato fotografie. Allegate all’esposto – a suo dire – descrivevano “la condizione del reparto di Milazzo privo dei più elementari sistemi di sicurezza per le pazienti, partorienti e donne in attesa di interventi operatori”. L’ esposto, però, è stato smentito dai Nas. Bongiovanni, responsabile de Il Megafono (la formazione politica del Governatore) di Milazzo è uomo politicamente molto vicino all’onorevole Beppe Lumia, principale sostenitore e ispiratore della politica di Crocetta.

Caso Nicole, a Messina liberi 10 posti letto in Utin. Ma da Catania nessuna richiesta d’aiuto. I buchi neri nella morte della bimba alla ricerca di un ospedale.

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L'entra della Clinica Gibiino a Catania

L’entrata della Clinica Gibiino a Catania

A Messina, al Policlinico universitario “Martino”, in Terapia intensiva neonatale c’erano 7 posti letto liberi; nell’omologo reparto del “Piemonte Papardo” ce n’erano altri 3. Tuttavia, la centrale operativa del 118 di Catania il posto di rianimazione per tentare di salvare la piccola Nicole, nata nella notte tra l’11 e il 12 febbraio del 2015 nella casa di cura Gibiino di Catania,  l’ha cercato per 6 ore nei tre ospedali pubblici della città etnea: invano. Sei ore che sono risultate fatali. La neonata è morta mentre veniva trasportata a bordo di un’ambulanza privata all’ospedale di Ragusa, ad un’ora e mezzo di distanza da Catania, quasi il doppio di quanto si sarebbe impiegato per accompagnarla a Messina. Sono i direttori generali delle due aziende sanitarie dello città dello Stretto, Michele Vullo e Marco Restuccia, a confermare il paradosso: “I posti c’erano. Ma nessuno in quella notte ha telefonato per chiederne la disponibilità”, dichiarano i due manager. “Da cittadino e da operatore della sanità mi domando qual’è il motivo per cui nessuno, né 118, né medici, ha pensato di interpellare gli ospedali di Messina?”, commenta il manager del “Papardo Piemonte” Vullo.

L’interrogativo del manager è anche uno dei tanti degli inquirenti della Procura di Catania alla ricerca di eventuali responsabilità nella morte della piccola Nicole: sul registro degli indagati per omicidio colposo ci sono i sanitari della clinica privata, gli operatori della centrale operativa del 118 e i medici della Terapia intensiva neonatale degli ospedali catanesi interpellati.

Ma è soprattutto un interrogativo inquietante per la commissione ministeriale inviata nell’isola. Sotto inchiesta c’è, infatti, anche il Servizio sanitario regionale della Sicilia che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha minacciato “di commissariare se non in grado di assicurare il livelli essenziali di assistenza”. Il caso Nicole è la spia di inefficienza del sistema o quanto accaduto è solo frutto dell’errore umano?

STEN…. QUESTO SCONOSCIUTO.

Al di là delle responsabilità dei singoli (tutte da accertare), gli operatori del centro operativo del 118 che ha raccolto la richiesta di aiuto dalla casa di cura Gibiino una piccola attenuante per non essere riusciti a trovare un posto a 70 chilometri di distanza ce l’hanno. Ha la forma di un acronimo, che nella provincia di Catania non si è mai tradotto in realtà. Si legge Sten e sta per Sistema trasporto emergenza neonatale. E’ l’organismo che avrebbe dovuto attivare il 118, una volta messo al corrente delle condizioni di Nicole, alle prese con una grave crisi respiratoria . E’ il decreto regionale del 2011 sulla Rete dei punti nascita ad obbligare determinate Aziende sanitarie a metterlo in funzione con tanto di medico responsabile, dettando delle precise regole di funzionamento per consentire il trasferimento del neonato a rischio vita in tempi rapidissimi (al massimo 60 minuti) in una struttura adeguata del territorio regionale.

Il decreto firmato dall’allora assessore alla Salute Massimo Russo ha affidato la responsabilità dell’attivazione nella provincia di Catania al Policlinico Vittorio Emanuele. Risultato? Tre anni dopo, nella seconda città della Sicilia di Sten non c’è ancora traccia. Il motivo? “Non posso dare informazioni che direttamente o indirettamente riguardano la morte della bambina. L’assessore regionale Lucia Borsellino ha dato disposizioni che tutte le informazioni vengano richieste all’assessorato”, risponde però il direttore generale del Vittorio Emanuele, Giampiero Bonaccorsi.

Qualunque sia il motivo, i sanitari del Gibiino e gli addetti alla centrale operativa del 118 si sono trovati a gestire l’emergenza senza contare sul Servizio, imposto per questi casi dalla legge, che avrebbe accorciato le distanze tra Catania e Messina. Il decreto del 2011, infatti, prevede il collegamento sistematico tra altri Sten, che avrebbe consentito, ad esempio, nel caso di Nicole, di allertare quello di Messina attivato da tempo al Policlinico “Martino”.

PICCOLI E INSICURI.

A leggere lo stesso decreto si scopre che la mamma di Nicole nella casa di cura di proprietà di un parente del coordinatore locale di Forza Italia ci è potuta andare a partorire per il rotto della cuffia perché il punto nascita non ha dovuto chiudere per tre parti. Non tre parti reali, ma tre parti, stimati sulla scorta dei dati degli anni precedenti, in più rispetto alla soglia minima dei 500 all’anno. Al di sotto di questa, secondo i protocolli internazionali, il rischio per la madre e il nascituro aumenta a dismisura. Secondo il decreto firmato da Russo i punti nascita con meno di 500 parti avrebbero dovuto chiudere entro il 31 dicembre del 2012. L’operazione in Sicilia non si è ancora conclusa: ogni volta che i direttori generali delle aziende sanitarie ci hanno provato sono scattate le proteste di sindacati e politici. Il Comune di Bronte, ad esempio, si è rivolto alla magistratura amministrativa. Il Consiglio di giustizia amministrativa ad aprile del 2014 ha ritenuto non solo legittima ma anche necessaria la razionalizzazione dei punti nascita sottolineando come il  Ministero della Salute fissi, a tutela della sicurezza delle puerpera e del nascituro, in almeno 1000 parti il numero standard ottimale.

Ausiliari precari dell’Asp 5, il manager Sirna ci ripensa. La graduatoria scorrerà, ma non troppo. La Fials: “Stop al precariato, fonte di clientele”

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Il direttore generale dell'Asp 5 Gaetano Sirna

Il direttore generale dell’Asp 5 Gaetano Sirna

Scorrimento si, ma a scartamento ridotto. Il manager dell’Asp 5 Gaetano Sirna si è preso una giornata di riflessione, ma alla fine, nel tardo pomeriggio di mercoledì 11 gennaio, decide di dare ascolto ai sindacati e al prefetto di Messina Stefano Trotta, con i quali si era incontrato martedì 10 gennaio 2015. I secondi 130 (di una graduatoria che conta 5400 persone) ausiliari precari dell’Asp 5 di Messina avranno la proroga di altri sei mesi dell’incarico in modo da arrivare ad un anno di servizio, come i primi 130, che avevano lavorato dal primo luglio del 2014 al 31 luglio del 2015.

Il direttore generale, in prima battuta, aveva invece deciso di non prorogare i contratti e, invece, di richiamare in servizio i primi 130. Il motivo l’ha spiegato anche ai sindacati e al prefetto: “La legge lo consente,la meritocrazia e il rispetto della casse pubbliche ce lo impongono”, aveva motivato Sirna forte del fatto che l’avviso pubblicato a suo tempo per la formazione della graduatoria non stabilisse la durata degli incarichi ma specificasse soltanto “ai fini dell’eventuale conferimento di incarichi a tempo determinato”. Il prefetto Trotta, che ha fatto da arbitro tra il manager e i sindacati, l’ha comunque invitato a tenere conto della situazione di disagio economico e sociale che vive la città. Gaetano Sirna, invece di prorogare i contratti di coloro già in servizio, aveva un’altra scelta: chiamare il terzo gruppo di 130 della graduatoria, applicando da subito lo scorrimento. “Al termine dei sei mesi, se ci saranno  esigenze di personale ausiliario negli ospedali, chiamerò il terzo gruppo di precari”, promette il manager. Che sottolinea: “Rimango convinto della bontà della prima soluzione”.

Sei mesi (o un anno) lavorano i primi 130. I sei mesi (o anno) successivi lavorano gli altri 130 che li seguono in graduatoria, mentre i primi si “godono” l’indennità di disoccupazione erogata dall’Inps che nei sei mesi precedenti avevano percepito gli altri e così via a scorrere.

Gli ausiliari precari dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina (e di tutte le aziende sanitarie della regione Sicilia)  fanno questa vita da anni: una vita da precari all’insegna del “lavorare poco, lavorare tutti”, nell’attesa che un concorso pubblico dia stabilità alla loro posizione lavorativa.

A imporre lo scorrimento sono gli avvisi pubblici confezionati al momento della formazione della graduatoria, che in genere vale 3 anni, in cui si precisa che sono diretti a conferire incarichi per sei mesi o per un anno. In questo modo, una volta che i lavoratori hanno esaurito il periodo di incarico fissato dal bando, si deve procedere allo scoririmento della graduatoria, come hanno più volte stabilito i giudici del Lavoro. Così invece non è stato nel caso dell’ultimo bando per formare la graduatoria degli ausiliari, in cui si parklva genericamente di “eventuali incarichi”.

Domenico La Rocca, segretario della Fials sanità, spiega: “Il problema non è se lo scorrimento è giusto o meno. La legge vieta gli incarichi a tempo determinato. Se ci sono posti in organico vuoti, come ci sono all’Asp 5, bisogna fare i concorsi per dare certezza alla gente e non alimentare le clientele: così è stato fatto al Policlinico di Messina, ad esempio”.

A cercare di eliminare il precariato degli ausiliari all’interno dell’Asp 5 ci aveva provato l’ex commissario straordinario Francesco Poli. Nel 2012 bandì un concorso per coprire con lavoratori a tempo indeterminato i posti in organico non coperti. Furono presentate 6mila domande. La commissione del concorso ne esaminò 2mila. ll successore di Poli, Manlio Magistri, sospese le procedure concorsuali. “La motivazione della decisione di Magistri – afferma La Rocca – è per me ancora incomprensibile”.

 

Medici di famiglia, il concorso “farsa”. La commissione ministeriale due mesi e mezzo dopo ammette: “Una risposta del test era errata”.

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il ministro della Salute Beatrice Lorenzin

il ministro della Salute Beatrice Lorenzin

La risposta indicata e valutata come esatta era «nitrati». Invece, a due mesi e mezzo dalle prove quando i vincitori hanno già firmato i contratti di formazione e i corsi sono iniziati da un bel pezzo, una Commissione ministeriale ammette che la risposta esatta alla domanda: «Quale farmaco non viene mai usato nel caso di angina instabile?», era «digossina». Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, indignata, lo definì «truffa»; l’assessore alla sanità della Sicilia, Lucia Borsellino, ne congelò per qualche settimana i risultati e il Segretariato giovani medici (Simg) raccolse in un dossier le centinai denunce di irregolarità. Ora, però, il concorso svolto il 16 settembre del 2014 per selezionare i medici di medicina generale, i futuri medici di famiglia, ha un colpo di scena che ridà speranza a decine di candidati delusi dalle prove. Il primo dicembre 2014 la stessa Commissione di 7 membri (1 di nomina ministeriale, gli altri sei scelti dalla Conferenza delle regioni) che aveva a suo tempo formulato le 100 domande del test, incaricata di valutare le contestazioni di alcuni candidati, identificati con nome e cognome, ha riconosciuto che una delle risposte era errata (Guarda la relazione della Commissione). Read more

Farsa a Casa Serena: gli operatori non mettono il collirio ad un’anziana. Che chiama la polizia e la Procura invia i Nas. L’autogol dei dipendenti “sobillati” dalle sigle sindacali

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L'entrata di Casa Serena

L’entrata di Casa Serena

Una signora anziana voleva che le si mettesse il collirio. L’unico infermiere in organico non era in servizio. Nessuno degli altri 20 operatori della cooperativa presenti, nonostante le insistenze ha trovato 30 secondi di tempo per soddisfare il bisogno della donna che, esasperata, ha chiamato la polizia denunciando la mancata assistenza. La denuncia è stata trasmessa alla Procura della Repubblica, mettendo in allarme il magistrato di turno che, viste le relazioni passate sulle carenze della struttura per anziani, ci ha voluto vedere chiaro. Read more

Ammissione alle scuole di specializzazione in Medicina: “Un baco informatico cambiava le risposte”. Un video mostra l’anomalia

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test pc fotoRaccontano increduli di aver dato una risposta e dopo la correzione del test si sono accorti che quella valutata dal sistema informatico ai fini del punteggio finale era stata una risposta diversa. Il concorso di ammissione alle Scuole di specializzazione in medicina è stato prima annullato in autotutela dal Miur per uno scambio di quiz e poi, a distanza di due giorni, «riabilitato» dallo stesso ministero guidato da Stefania Giannini, ma adesso sulla regolarità della selezione incombe la possibile anomalia del software su piattaforma Java ideato dal Cineca per lo svolgimento dei test. Un’anomalia che emerge partendo dalle testimonianze di molti partecipanti. Read more

Tangenti & Ricatti: a giudizio il padre padrone dell’Aias Francesco Lo Trovato, il figlio Sergio, il commercialista Grasso e i politici Sanzarello e D’Amico

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Francesco Lo Trovato

Francesco Lo Trovato

Ricatti e tangenti. Sulla pelle dei disabili. Declinati in termini di concussione, lʼestorsione dei pubblici ufficiali. Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Barcellona, Daniele Moffa, ha rinviato a giudizio il padre padrone dell’Aias nazionale, Francesco Lo Trovato, il figlio, Sergio, il commercialista Giuseppe Grasso e i politici Tatà Sanzarello e Natale D’amico. Lʼinchiesta della Procura del Longano getta ombre fosche sul modo in cui Lo Trovato (e i suoi stretti collaboratori) gestiscono e hanno gestito negli anni lʼente assistenza spastici con 15mila soci, mille e 500 dipendenti per 120 sezioni distribuite in tutt’Italia, che ogni anno in convenzione con le Asp siciliane (e di tuttʼItalia) eroga in cambio di milioni di euro prestazioni di riabilitazione. Read more