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Policlinico, in un bagno trovato uomo morto per overdose. I precedenti.

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E’ stato trovato morto, in uno dei bagni del reparto di Neurologia del Policlinico Universitario di Messina, ubicato nel padiglione E, un uomo dell’età di circa 45 anni. Secondo quanto riferiscono coloro che lo hanno rinvenuto, l’uomo è morto subito dopo essersi iniettato una dose di droga.

Sul posto sono intervenuti i Carabinieri che hanno informato la Procura della Repubblica. A breve, al Policlinico, arriverà il sostituto di turno della Procura che disporrà l’esame autoptico e avvierà le indagini per identificare l’uomo e stabilire come e perché l’uomo si sia andato a drogare all’interno di una struttura ospedaliera.

Non è la prima volta che nei padiglione dell’azienda Universitaria avvengono analoghe tragedie. Qualche anno fa (nel 2012), è stato rinvenuto un altro cadavere, questa volta nei corridoi del padiglione C. Analoga la causa del decesso: overdose.

Al suo insediamento (a luglio del 2014) alla guida della struttura Sanitaria il manager Marco Restuccia ha dovuto ordinare una bonifica urgente di alcuni bagni in cui sono stati rinvenute abbandonate siringhe e segni inequivocabili che i locali sono stati utilizzati come stanze per drogarsi in tutta tranquillità.

La gettonopoli dei politici siciliani. Si firma e lo stipendio è garantito. L’intervista alla consigliera comunale di Messina, Fenech. Che denuncia il sistema. E al deputato regionale Beppe Picciolo, contrario alla riforma

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Una firma e via, magari a sbrigare le faccende personali. Ai consiglieri comunali delle città della Sicilia per garantirsi lo stipendio mensile senza lavorare neppure un minuto e per raggranellarle un altro fatto di gettoni di presenza è sufficiente apporre il nome e cognome. È la legge a consentirlo. Nel resto d’Italia, infatti, i permessi retribuiti per esercitare il mandato di consigliere comunale sono concessi «per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli». In Sicilia, invece, regione a Statuto speciale, una legge regionale, refrattaria a quella nazionale, prevede che «i consiglieri hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli». Nella penisola per legge è essenziale «partecipare», in Sicilia è sufficiente «convocare» e «firmare». Ecco perché nella più grande delle isole l’attività politica dei Consigli comunali è fondata sulle convocazioni e quella del consigliere ha un rito quotidiano come bere il caffè: impugnare la penna per un istante. Per dimostrare la partecipazione ai lavori del Consiglio o di una commissione basta varcare il portone del Municipio. Non conta che la seduta non si tiene per mancanza del numero legale o il consigliere va via prima che i lavori terminino: il diritto a non sottoporsi quel giorno alle direttive del proprio datore di lavoro neanche un minuto è salvo comunque. A spese del Comune. Si chiamano oneri riflessi: il consigliere non lavora, il datore di lavoro gli anticipa gli emolumenti, il Comune rimborsa tutto. A dare uno sguardo all’organizzazione dei lavori di comuni grandi e piccoli come Gela, Messina, Siracusa, Agrigento e Palermo, non c’è giorno feriale in cui non sia convocata almeno una seduta. E non c’è consigliere/lavoratore dipendente che non figuri presente. Una sola seduta però vale (in media) solo 60 euro di gettone. Troppo poco per raggiungere l’importo complessivo mensile massimo, fissato in un terzo all’indennità di sindaco. Perché rinunciarvi? Scandagliando ancora i dati raccolti dai deputati regionali del M5Stelle, autori di un’inchiesta ispettiva, emerge che le sedute pullulano come i fiori a primavera.

Festival delle convocazioni
A Gela, comune di 75mila abitanti, nel 2014 si sono tenute 1.274 sedute di commissioni e 76 di Consiglio: una media di 3 sedute al giorno, festivi compresi. Stessi ritmi, più o meno, a Misterbianco. A Siracusa, nello stesso anno, i consiglieri sono stati affannati da 1.257 sedute. A Messina, si è viaggiato intorno a 45 sedute al mese. Cento chilometri a sud, ad Acireale, in 7 mesi si sono svolte 853 sedute, alcune giustificate da improbabili visite a presepi viventi o ad aziende agricole; 19 sedute sono servite per leggere i verbali delle precedenti sedute e organizzare le future. «Salve delle eccezioni, come Ragusa o Enna, c’è una lievitazione di sedute inutili la cui unica logica è percepire quanti più gettoni possibile», commenta Stefano Zito, deputato del M5stelle all’Ars. «Dalla lettura dei verbali – aggiunge il deputato che sulla vicenda ha condotto un’indagine ispettiva – si evince che la partecipazione è spesso fantasma come, talvolta, le stesse sedute». Virtuali sono state – secondo l’ipotesi della Procura di Agrigento – una buona parte delle 1.185 sedute in cui tra gennaio e ottobre del 2014 si sono cimentati i consiglieri comunali della città della valle dei Templi. Beccati con le mani nella marmellata, sono stati costretti alle dimissioni dalle proteste di piazza.

Caso Messina
Non che tutti i consiglieri si limitino a firmare. Ce ne sono che lavorano alacremente nell’interesse della cosa pubblica. C’è chi, indignato dall’andazzo, tenta di porvi rimedio. Lucy Fenech, neofita della politica, eletta a giugno 2013 al Consiglio comunale di Messina, rimase sconcertata nel vedere colleghi che firmavano la presenza della seduta in prima convocazione (mai tenuta) e poi non si vedevano per tutta la giornata. Propose la modifica del regolamento in modo che gettoni e permessi scattassero solo in caso di effettiva partecipazione. Apriti cielo. I colleghi reagirono a muso duro. Nel frattempo, si sono attrezzati per massimizzare gli effetti di una sentenza della Corte costituzionale che da dicembre del 2013 aveva portato da 1.500 euro a 2mila e 200 mensili l’ammontare massimo dei gettoni. D’incanto, le 29 presenze mensili sino a quel momento sufficienti a totalizzare il massimo, sono diventate 39. L’utilità concreta di tutte queste sedute? «Obiettivamente le commissioni producono davvero poco», ammette la Fenech. A marzo del 2015 gli agenti la Digos hanno sequestrato tutti i verbali.

Fantassunzioni
C’è chi al momento dell’elezione è disoccupato, ma riesce a trovare un imprenditore «compiacente» che li assume. Tanto non costa nulla, visto che il consigliere in azienda non ci metterà piede. «Fantassunzioni», le hanno definite gli esponenti del Movimento5 stelle. A Siracusa, 6 consiglieri comunali e 7 imprenditori sono finiti sotto inchiesta per truffa. A Messina, sotto processo ce ne sono due. Nel corso passata legislatura, non contenti di arrotondare i loro guadagni con 2mila e 200 euro di gettoni di presenza mensili (uno di questi ha la pensione e l’altro il reddito di dentista), hanno trovato la cooperativa giusta che li assumesse come dirigenti a 4mila euro al mese. Inutile dire che la coop non ha sborsato neppure un centesimo dei 130mila euro (65mila a testa) corrisposti dal Comune. «Tanto è facile il giochetto che se s’indagasse, si scoprirebbero decine di casi simili», sottolinea il grillino Zito.

I dati impietosi
Il confronto tra quanto si spende in Sicilia e quanto nel resto d’Italia sotto la voce Indennità e rimborsi degli organi istituzionali è impietoso. Secondo i dati trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ad esempio, nel 2014 la città di Messina ha speso 3milioni e 700mila euro per indennità e rimborsi; Verona, città con un numero equivalente di abitanti, neppure la metà: un milione e 457mila euro; Bologna con un numero di abitanti una volta e mezzo quelle di Messina, ha speso 2milione e 450mila euro. A Catania, gli organi di amministrazione sono costati 3 milioni e 300mila euro, quasi un milione in più della città emiliana, che conta 60mila abitanti in più. Palermo ha sborsato 5 milioni e mezzo di euro, contro 4milioni e 353mila di Torino: un milione e 200mila euro in meno e 250mila abitanti in più.

Sforbiciata mancata
Tra coloro che percepiscono gettoni e oneri riflessi in terra siciliana ci sono mille e 600 consiglieri e assessori in più di quanti ce ne dovrebbero essere se fossero applicati gli standard nazionale. Il legislatore isolano, infatti, non ha voluto saperne sinora di recepire la norma della Finanziaria del 2009, che ordinò una sforbiciata del numero dei consiglieri e dei membri delle Giunte innalzando il rapporto tra cittadini e rappresentanti. Una semplice norma se approvata farebbe risparmiare 48 milioni di euro all’anno. Sparirebbero così 1.600 poltrone di assessori e consiglieri comunali in più rispetto al resto d’Italia.

Riforme stralciate
Al suo arrivo in Sicilia a ottobre del 2014 Alessandro Baccei, il supertecnico nominato assessore all’Economia dal Governatore Rosario Crocetta, si rese conto che la normativa regionale fosse molto permissiva: «Va cambiata» disse, raccogliendo mugugni a destra e sinistra. Sei mesi dopo sull’onda dell’indignazione della gente e delle inchieste della magistratura Crocetta ha presentato un emendamento alla Finanziaria per ridurre il numero dei consiglieri e degli assessori, le indennità e per fare in modo che «convocare» e «firmare» non fossero più sinonimi di «partecipare». Il mondo politico, grillini a parte, è insorto. Beppe Picciolo, deputato dei Democratici per le riforme, è netto: «Crocetta sbaglia». Il presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) ha sottolineato: «È’ populismo. Non si può pensare di risolvere i problemi della Sicilia tagliando le indennità degli amministratori pubblici locali. Giusto, invece, adeguare la normativa regionale a quella nazionale». Il primo aprile l’emendamento è stato stralciato.

 

Dal corriere.it

Borse Medicina, pasticcio senza fine: I bocciati querelano la Giannini per omissione in atti d’ufficio. Il Consiglio di Stato ha ordinato la riammissione di 300 ricorrenti ma il Miur fa muro

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Interrogazioni parlamentari, mozioni di sfiducia al ministro e, ora, una denuncia penale. Il primo concorso nazionale per le scuole di specializzazione di medicina dell’ottobre scorso segnato dall’incidente delle domande scambiate per errore dal Cineca non smette di sollevare polemiche e ricorsi. Il Consiglio di Stato ha ordinato la loro immatricolazione. Il ministero dell’Istruzione, però, non ha nessuna intenzione di consentire a 300 medici bocciati di immatricolarsi insieme ai 5mila colleghi ammessi ai corsi di specializzazione universitaria e di percepire così le borse da 2 mila euro mensili per 5 anni. Il ministro Stefania Giannini lo ha ribadito mercoledì 6 maggio al Senato, nonostante la richiesta di dimissioni avanzata da M5S, Lega e Forza Italia che la ritengono «responsabile di tutti problemi organizzativi e delle irregolarità procedurali e di gestione che hanno caratterizzato il concorso». Nell’occasione, la ministra ha annunciato che il nuovo bando verrà pubblicato la prossima settimana e prevederà 6mila e 600 borse, mille in più dello scorso anno. Le prove si terranno entro il 31 luglio.

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I tecnici del ministero hanno trovato il grimaldello giuridico per eludere la pronuncia del massimo organo di giustizia amministrativa del 27 marzo scorso: si chiama trasposizione del giudizio davanti al Tribunale amministrativo del Lazio. In parole semplici, poiché la pronuncia è arrivata su ricorso straordinario al Capo dello Stato, il ministero invece di darvi corso ammettendo i ricorrenti chiede che la causa torni al giudice di primo grado. In questo modo – secondo gli esperti giuridici del ministero – l’obbligo di immatricolare viene sospeso.

Alla lotteria dei giudici
L’esito del giudizio dinanzi al Tar, alla luce di quanto accaduto sinora, dovrebbe essere scontato: l’organo amministrativo di primo grado, infatti, ha rigettato (senza un rigo di motivazione) con ordinanze cautelari tutti i 4 mila ricorsi presentati da candidati delusi, che dopo la pronuncia del Consiglio di stato (allo stesso modo, priva di motivazione) erano tornati a sperare.

La reazione
La strategia del Miur ha mandato su tutte le furie i 300 medici che hanno organizzato per il 14 maggio un sit in. Ma non si sono fermati a questo. Alcuni di loro, secondo quanto trapelato, hanno chiesto ai magistrati della Procura di Roma di verificare se nel comportamento del Miur ci siano gli estremi della responsabilità penale per omissione in atti d’ufficio o per inosservanza ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Il precedente
Il Miur non ha neppure autorizzato i vari atenei a dare seguito alle pronunce del Tar favorevoli ai medici vincitori del concorso ma «vittime» del sistema beffardo di distribuzione dei posti. Pur aspirando a diventare, ad esempio, pediatri, sotto la spada di Damocle di non potersi iscrivere a nessuna scuola di specializzazione perché i posti nella scuola preferita si sarebbero esauriti dopo gli scorrimenti, avevano accettato con una decisione assunta in poche ore di iscriversi a quella, sempre per fare un esempio, di cardiologia di una città lontana centinaia di chilometri dal luogo di residenza. I posti in realtà – si è scoperto dopo – c’erano. I giudici hanno sancito il diritto di questi medici di spostarsi nella scuola preferita. Sinora, però, le sentenze sono rimaste lettera morta.

Anomalie in concorso
Ricorsi, interrogazioni e mozioni di sfiducia si basano tutte sulla premessa che il concorso 2014 è stato viziato da una grave irregolarità: lo scambio dei quiz destinati all’area clinica con quelli per l’area medica. Inizialmente il Miur aveva detto che le prove sarebbero state ripetute. Poi la commissione incaricata di validare le domande aveva accertato che, essendo i settori scientifico disciplinari in larga parte comuni, i quesiti proposti erano equivalenti stabilendo di conseguenza che, sia per l’una sia per l’altra area, 28 domande su 30 fossero valide. Ma gli incidenti non finiscono qui. Tra le domande somministrate ai candidati, ce n’era una di endocrinologia: la risposta considerata valida era errata per stessa ammissione del Miur. La soluzione? E’ stata considerata valida sia la risposta corretta che quella errata. Inoltre, per un’anomalia del software su piattaforma Java ideato dal Cineca, se il candidato dopo aver spuntato una delle 4 possibili risposte a ognuna delle domande poste sulla sinistra, spostava il puntatore e cliccava, inavvertitamente, nella parte della pagina bianca a destra si spuntava un’altra risposta che prendeva automaticamente il posto di quella scelta. Se il candidato non se ne avvedeva e dava la conferma, finiva per rispondere in maniera diversa da come avrebbe voluto.

 

Dal corriere.it

IL CORSIVO: Barrile e Ferlisi due facce della stessa medaglia nella città ostaggio delle auto. Dove i vigili parcheggiano negli stalli per disabili

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“Perché alla mia auto la multa si e alle altre parcheggiate sul marciapiedi no?”.

Il presidente del Consiglio comunale di Messina, Emilia Barrile, quando ha visto che i vigili urbani le avevano fatto la multa ha preso il telefono e ha chiamato la centrale operativa. Riteneva che la sanzione le fosse stata fatta ad arte perché nei giorni precedenti aveva osato rimproverare il comandante Calogero Ferlisi dell’assenza totale di vigilanza alle sedute del Consiglio comunale, caratterizzate dalla presenza di cittadini infuriati.

Non è stata ritorsione, c’era stata infatti la denuncia di un cittadino che aveva trovato gli stalli per disabili occupati impropriamente. Ma Emila Barrile con la sua telefonata ha dato l’occasione perché la ritorsione scattasse. E’ bastato rivelare ai giornalisti la notizia della telefonata (la conosceva lei e i pubblici ufficiali tenuti al segreto d’ufficio), condita da particolari che si sono rivelati falsi, perché il presidente del Consiglio comunale finisse nella bufera, con i colleghi consiglieri pronti a chiedere le sue dimissioni.

L’audio delle telefonate ha però molto ridimensionato la vicenda. Emilia Barrile, precisando più volte che la multa che le era stata comminata era giusta, non ha inveito, né tantomeno oltraggiato nessuno. Certo ha fatto valere il suo peso di presidente del Consiglio comunale, voleva il nome del vigile autore dell’intervento e ha poi con protervia evocato la Digos . Ma ha ammesso che la multa era giusta: con nonchalance.

Il problema è proprio questo.

Emilia Barrile rappresenta l’automobilista messinese medio. Che ignora i parcheggi pubblici costati milioni di euro (come quello di Villa dante) e per non pagare 50 centesimi parcheggia in doppia fila o, sempre per sfuggire al Gratta e sosta, lascia l’auto agli angoli della Ztl lì dove gli ausiliari del traffico nulla possono.

Rappresenta tutti coloro che sono certi che i vigili non passeranno mai.

La Barrile, infatti, pensava alla ritorsione perché non poteva credere le fosse stata fatta una multa a seguito di normali controlli della polizia municipale. Perché questi controlli non esistono. Se esistessero, non si spiegherebbe come mai tutti i giorni, a tutte le ore, su viale San Martino, su corso Cavour, su via Tommaso Cannizzaro, su via Cesare Battisti, per non parlare di via La Farina (solo per fare degli esempi), ci sono automobili parcheggiate dappertutto. Pure sugli stalli per disabili: riservati, per la verità, dalla legge non ai familiari del disabile ma al (vero) disabile).

Ciascuno parcheggia dove capita con la certezza di farla franca.

Un dato allarmante per Calogero Ferlisi, come quello della violazione del segreto dell’ufficio, da lui diretto, di cui è stata vittima Emilia Barrile.  

Il comandante (da 15 anni) dei vigili urbani ha accolto festante Renato Accorinti a Palazzo Zanca il giorno dell’elezione a giugno 2013. Ma di cambiamenti per le strade se ne sono visti davvero pochi. E i primi a dare il cattivo esempio sono (talvolta) proprio coloro che dovrebbero fare controlli e multe. Come chi ha occupato uno stallo per disabile a due passi dal Tribunale lasciando in evidenza sul cruscotto il distintivo di “Comune di Messina- Vigili Urbani”, come mostra il video.

 

Calunnia, il deputato regionale Beppe Picciolo condannato a 2 anni e 6 mesi. I retroscena dell’inchiesta sul corvo che spaccò l’Udeur

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Il deputato regionale e leader dei DR, Beppe Picciolo, è stato condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione per calunnia nei confronti dell’avvocato Antonio Catalioto, ex assessore all’Urbanistica e di Nino Dalmazio, avvocato ex presidente di Messinambiente. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Messina nella tarda mattinata di oggi e chiude, almeno in primo grado, una vicenda che ha avvelenato a colpi di lettere diffamatorie anonime il gruppo politico dell’Udeur e la vita politica messinese tra il 2006 e il 2008. Read more

Medicina senza pace. Il Tar: «I posti delle scuole di specializzazione assegnati in modo scorretto». Alle porte una girandola di trasferimenti

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Beffardo e, secondo il Tar del Lazio, illegale. Il meccanismo di distribuzione dei posti delle scuole di specializzazione in Medicina è stato bocciato con decreto cautelare e, dunque senza un esame nel merito, dal presidente della Terza sezione bis dell’organo di giustizia amministrativa laziale, che ha così aperto la strada a un girandola di trasferimenti da una scuola a un’altra e da un sede universitaria ad un’altra per i medici che al termine del concorso tenuto nelle giornate del 28, 29, 30 e 31 ottobre del 2014 si sono accaparrati le 5 mila borse di formazione da 1.800 euro il mese per 5 anni. Read more

Scene di epurazione: Grillo espelle Maria Cristina Saja e 13 attivisti messinesi. Misteriosi i motivi. Zafarana li ignora. D’uva media: “No alla giustizia sommaria”. Le immagini della giornata

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Il Meetup “Messina in Movimento”

“Ricostruiamo la scuola”. L’incontro l’aveva organizzato il gruppo messinese del Movimento5Stelle capitanato da Maria Cristina Saja, candidata a sindaco della città di Messina alle ultime elezioni, in precedenza a deputato regionale e più di recente a parlamentare europeo, e prevedeva la partecipazione del portavoce nazionale, Maria Marzana, e di quello regionale Valentina Zafarana.

L’evento in programma a Palazzo Zanca, nella sala ovale, alle 16 di sabato 13 dicembre si è trasformato in una rappresentazione dal titolo “Insensate Epurazioni Grilliane”, degna del miglior teatro dell’assurdo.

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Sipendi d’oro al Consorzio autostrade siciliane: i lavoratori dovranno restituire tutto. I paradossi dell’ente regionale

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Un’assemblea dei lavoratori del Cas

Da tre lustri agli oltre 400 dipendenti regionali vengono applicati i contratti del settore privato con stipendi mediamente più alti di circa 8 mila euro all’anno.

Duemila e 300 euro netti al mese di stipendio invece di mille e 600. Il Consorzio autostrade siciliane, inseguito sino alle casse dei caselli da centinaia di creditori e al centro di un’inchiesta della Dia di Messina su appalti truccati e consulenze milionarie, già sfociata negli arresti di due dirigenti e di alcuni imprenditori, non riesce a garantire la sicurezza sui 300 chilometri di autostrade dell’isola. Tuttavia, con i 400 lavoratori (erano 520 sino al 2010) l’ente della regione Sicilia non si risparmia in generosità, applicando da tre lustri ai propri dipendenti il contratto del settore privato che vale 8 mila euro l’anno in più. Read more

Libertà di stampa. Torna visibile il blog del giornalista Schinella, disposto il dissequestro

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I motivi dell’oscuramento sono rimasti ignoti. Quelli che ridanno luce alla libertà di informazione sancita dalla Costituzione, sono ancora oscuri. Il Blog di informazione di Michele Schinella, giornalista professionista d’inchiesta, è tornato visibile a tutti. Read more

Diplomi facili, 26 a giudizio in Sicilia. Ecco la scuola fantasma del politico Dino Galati Rando

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Per ottenere la maturità in un istituto tecnico della provincia di Messina non era necessario andare a lezione, bastava pagare la retta: ci pensavano i prof a truccare i registri. Il caso della «scuola fantasma» di un ex consigliere provinciale.

Stando ai registri di classe, regolarmente firmati dai docenti, avevano partecipato a interessanti lezioni persino l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata concezione e festa nazionale da tempo immemorabile. In realtà, gli aspiranti maturandi, come hanno raccontato candidamente agli inquirenti della polizia, le porte della scuola paritaria Dante Alighieri di Caprileone, cittadina della provincia di Messina, le avevano varcate «solo i giorni degli esami finali e in qualche altra occasione precedente». Il segretario di Unicobas Lombardia, Paolo Latella, in un dettagliato report inviato all’ex ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha denunciato lo scandalo delle «scuole parificate in cui gli insegnanti non vengono retribuiti e talvolta sono pure costretti a pagarsi i contributi previdenziali».
Tutti complici: proprietari, allievi e prof.
Le carte di un’inchiesta condotta dalla Procura di Patti e approdata in questi giorni alla prima udienza di un processo penale, offrono uno spaccato impietoso di come queste strutture, destinatarie di contributi pubblici, possano in assenza di controlli trasformarsi in veri e propri esamifici in cui si realizzano gli interessi di tutti i protagonisti. I proprietari della scuola incassavano le succose rette; gli studenti conseguivano un diploma di maturità da spendere sul mercato del lavoro che mai avrebbero potuto ottenere in una scuola pubblica; gli insegnanti, invece, trasmettevano il loro sapere ad allievi di una classe esistente solo sulla carta e portavano a casa in un anno i 12 punti per scalare senza fatica le graduatorie ed aspirare ad un posto di insegnamento pubblico. Non a caso sul banco degli imputati sono finiti non solo i gestori delle scuole e i discenti ma anche gli stessi docenti: in tutto 26 persone.
Classi fantasma
Il sistema messo a punto dal gruppo imprenditoriale capitanato da Dino Galati Rando, ex consigliere provinciale, titolare di fatto di una miriade di scuole private era articolato. Originari di altre regioni, dove erano reclutati attraverso scuole private satelliti, gli studenti per poter sostenere gli esami di maturità nelle sue scuole avevano bisogno della residenza in terra sicula. Un ostacolo insuperabile? Niente affatto.
La residenza si inventava «per svolgere attività di volontariato per conto di un’associazione denominata Jacques Maritan» o «per la necessità – attestata con tanto di certificati medici – di curarsi in ambienti climatici marini». Peccato che gli stessi aspiranti maturandi erano ignari di soffrire di patologie e dell’onlus non aveva nemmeno sentito parlare. «Non so cosa sia questa Maritan», hanno dichiarato alcuni di loro. «Non mi pare di avere problemi di salute», hanno detto altri. Che la classe fosse fantasma lo hanno riconosciuto gli stessi insegnanti accusati di aver falsificato i registri: «In effetti, notai che non c’erano più di 4 o 5 alunni per lezione», hanno dichiarato due docenti agli inquirenti. E allora perché i registri erano in ordine e gli assenti presenti? «Era la segretaria a dirci di lasciarli in bianco. Era lei a riempirli. Ci faceva intendere che se non lo avessimo fatto ci avrebbero licenziato. Non ero stata pagata per l’intero anno non volevo certo rischiare di perdere anche il punteggio che avevo maturato», si sono giustificate nel tentativo vano di alleggerire le loro posizioni. «Senza le false attestazioni le classi in cui insegnare non ci sarebbero nemmeno state», hanno osservato gli inquirenti.
Iscriversi alle scuole paritarie può significare non solo non frequentare le lezioni obbligatorie. Una delle allieve ha ammesso: «Agli esami mi sono state fatte domande concordate in precedenza». Di «domande su argomenti a piacere», ha invece parlato un’altra.
Il ruolo della segretaria
Secondo la Procura un ruolo di primo piano nell’organizzazione l’ha svolto Tecla Vitale, la segretaria, moglie di un ufficiale dei carabinieri in servizio in una cittadina limitrofa, indicata da tutti quelli che sono stati interrogati (insegnanti e studenti), come colei che, mutuando le parole che gli uomini della Polizia di Stato hanno usato nell’informativa «dava indicazioni su come compilare i registri di classe e su come aggiustare i voti degli allievi». Chi più di lei conosce il business del settore? Con le indagini in corso si è messa in proprio, creando una società per avviare nuove scuole paritarie. Non l’avesse mai fatto. La donna ha denunciato una serie di episodi di minacce, ricatti e di ritorsione cui sarebbe stata vittima da parte dei suoi ex datori di lavoro che – a suo dire – avevano poco gradito l’inaspettata concorrenza. L’inchiesta è nata da una denuncia dell’ex Provveditore agli studi Gustavo Ricevuto, sul cui tavolo giunse una relazione del presidente (esterno) della commissione d’esame che ci mise pochi minuti per rilevare una serie di anomalie nei registri di classe. Giusto Scozzaro, segretario regionale dell’Flc della Cgil, commenta: «Questa vicenda è tutt’altro che isolata. Il fenomeno, favorito dai mancati controlli, in Sicilia è imponente ma le denunce sono pari a zero: gli unici, in teoria, ad avere un interesse a farle sono i precari delle scuole pubbliche vittime della concorrenza sleale, ma con quali prove? Per porre un freno basterebbe imporre la tracciabilità dei pagamenti ai docenti».

di Michele Schinella: corriere.it