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Cas, il licenziamento di 24 esattori divide i giudici del Lavoro. Assunti nel 2005 al posto dei “riservisti” sono rimasti in servizio sino al 2014. Le tappe della vicenda già all’esame dei giudici penali e contabili

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I lavoratori del Cas in riunione sindacale

I lavoratori del Cas in riunione sindacale

Il Giudice del lavoro di Messina, Laura Romeo, rigettando il ricorso proposto da 10 dipendenti (assistiti dall’avvocato Emanuele De Francesco), non solo ha considerato il loro licenziamento legittimo ma ha ordinato la trasmissione della carte alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei conti per verificare l’operato dei vertici del Consorzio per le autostrade siciliane che hanno ritardato 6 anni il licenziamento di un gruppo di 24 esattori.

Il Giudice del lavoro di Patti, Mauro Mirenna, invece, qualche settimana prima aveva ritenuto che la risoluzione del rapporto di lavoro fosse illegittimo e ha ordinato la reintegrazione di un lavoratore (assistito da Salvatore Iannello, dell’ufficio legale del sindacato Cub) e il pagamento di tutte le retribuzioni non pagate dal momento della risoluzione del rapporto decretato, per tutto il drappello dei 24, il 13 novembre del 2014 dall’allora direttore generale dell’ente regionale che gestisce i 300 chilometri di autostrada siciliana, Maurizio Trainiti .

LA STORIA

Il licenziamento dei 24 è arrivato al termine di una vicenda che si trascinava da un decennio, finita già prima che il Giudice Romeo si pronunciasse all’esame della magistratura penale e contabile.

I 24 lavoratori licenziati erano stati assunti il 12 maggio del 2005: il Consorzio aveva bandito un concorso a 49 posti di Assistente tecnico esattoriale (casellanti). Per legge la metà di questi posti dovevano essere riservati alle categorie protette. Il Consiglio direttivo del Cas, però, della legge se ne infischiò e pescò tutti i 49 solo nella graduatoria generale.

I cosiddetti “riservisti” si rivolsero al Tribunale del Lavoro che il 25 gennaio del 2008 ordinò l’assunzione dei 24 discriminati “previa disapplicazione della delibera che aveva assunto i colleghi”. Risultato? I 24 riservisti furono assunti. Tuttavia, coloro che erano stati assunti al loro posto sono rimasti comunque in servizio.

“Visto che ci sono esigenze di personale attendiamo l’esito del giudizio d’appello”: fu questa la motivazione messa nero su bianco dal Cas.

Il 14 marzo del 2012 la sentenza di conferma della Corte d’appello: tutto, però, è rimasto immutato. Avverso quest’ultima sentenza 7 esattori (dei 24) hanno fatto ricorso per Cassazione, ancora pendente.

Passa il tempo, finchè con il fiato sul collo dei magistrati contabili e di quelli penali che nel frattempo hanno acquisito la relativa documentazione negli uffici di contrada Scoppo, il presidente Rosario Faraci e l’allora direttore Trainiti decidono di risolvere il rapporto dei 24: “La loro assunzione è avvenuta in violazione di legge e dunque è nulla”, questo il passaggio saliente del decreto.

I 24 non si rassegnano e la vicenda torna nei Tribunali.

ROMEO DIXIT

“Vero è che le sentenze che obbligano ad assumere i 24 non fanno riferimento alla risoluzione delle rapporto di coloro, ma poiché i posti banditi erano 49 l’esecuzione corretta della sentenza avrebbe imposto di licenziare: ciò di cui hanno consapevolezza quest’ultimi tanto che hanno partecipato come resistenti al processo. Né ha pregio l’argomentazione secondo cui comunque c’era la necessità di assumere più di 49 lavoratori posto che l’ente con il bando aveva manifestato la volontà di assumerne 49 e basta. Il rapporto di lavoro è stato costituto in violazione di una norma imperativa che imponeva il rispetto delle categorie protette e dunque è affetto da nullità”, ha in sintesi motivato Laura Romeo. Che nei ritardi ha intravisto una possibile responsabilità penale e contabile da parte dei vertici del Cas.

MIRENNA DIXIT.

Di diverso avviso il giudice Mirenna. “Le sentenze di primo grado e di appello hanno solo riconosciuto il diritto all’assunzione. Non contengono statuizioni condannatorie e dunque non ha efficacia esecutiva (come in genere le sentenze). Il Cas che non era dunque obbligato prima della fine del giudizio di Cassazione a licenziare. Fermo restando – ha ancora scritto il giudice – che l’amministrazione poteva scegliere di dare esecuzione alla sentenze. Ma poichè nella motivazione del provvedimento il Cas sembra manifestare la volontà di recepire le sentenze in quanto obbligato e non quella di esercitare liberamente la facoltà di risoluzione del rapporto, allora il licenziamento è illegittimo”, ha spiegato il giudice, il cui ragionamento può trovare applicazione solo per gli altri 6 esattori che si sono rivolti alla Cassazione.

Nelle prossime settimane, infatti, il licenziamento di quest’ultimi  e quello dei restanti 7 verrà esaminato da altri giudici diversi dalla Romeo e da Mirenna: a Patti e a Messina.

Tangenti al Cas, Bernava si difende: “Pagati i lavori di casa”. Il paradosso: il funzionario accusato di aver danneggiato la ditta che lo ha “ammorbidito”

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Agostino Bernava

Agostino Bernava

“Ecco i bonifici che dimostrano che ho pagato i lavori che mi sono stati fatti a casa sulla base di un regolare contratto d’appalto”. Agostino Bernava, il funzionario del Consorzio per le autostrade siciliane ai domiciliari da sabato 14 novembre con l’accusa di “Induzione indebita a dare o promettere altra utilità”, al Giudice per le indagini preliminari, Maria Luisa Materia, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha portato la prova che all’imprenditore titolare dell’impresa cui il Cas aveva affidato alcuni lavori (quantificati in 40mila euro), ha pagato tutto quanto doveva per le prestazioni ricevute. “La mia è stata una leggerezza”, si è giustificato. “E stato però l’imprenditore a proporsi”. “In cambio, non ho promesso nulla né dato nulla, né potevo visto che al Cas non avevo un ruolo autonomo che mi consentiva di favorire alcuno. Tantomeno – ha precisato – ho preso denaro in contante”.

Il geometra, fratello del segretario confederale della Cisl, giunto al Cas nel 2008 e promosso (sino all’ottobre 2012) capo di gabinetto del Commissario straordinario, ha cercato con queste argomentazioni sopra riportate (in sintesi) fra virgolette, di tirarsi fuori dai guai giudiziari in cui si trova, rintuzzando il fatto più insidioso che gli viene contestato.

L’altro fatto oggetto di imputazione, invece, da quanto è possibile capire leggendo il comunicato stampa della Direzione investigativa antimafia, che ha condotto le indagini coordinate dal sostituto della Procura, Fabrizio Monaco, appare molto meno insidioso, se non  in contraddizione con l’accusa di aver preso soldi e aver goduto dell’esecuzione di lavori di ristrutturazione “in cambio dell’illecito affidamento di alcuni lavori per conto del suddetto Ente”, come c’è scritto nel comunicato stampa della Dia: lavori (per un totale di 400mila euro) che sono stati elencati dagli stessi inquirenti.

Scrive, infatti, la Dia: “Bernava prospettando ai suddetti imprenditori messinesi la possibilità di futuri vantaggi correlati alle prerogative proprie della carica ricoperta, avrebbe ottenuto un vantaggio non dovuto per il Cas di Messina e cioè che i predetti lavori da eseguirsi in somma urgenza venissero effettuati ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quello preventivato dallo stesso ente pubblico appaltante”.

Ricapitolando, a seguire l’accusa condensata nel comunicato stampa, Bernava dopo aver incassato i favori dagli imprenditori, li ha sfavoriti. Infatti, si è prodigato per assegnare loro lavori di somma urgenza (che per legge si affidano senza una vera e propria gara ma dopo semplici inviti a ditte scelte a discrezione), ma ha imposto loro un compenso notevolmente più basso, non nel suo interesse ma di quello delle casse pubbliche.

Insomma, sempre secondo gli inquirenti, Bernava prende soldi dagli imprenditori, affida loro illecitamente i lavori, ma impone che vengano pagati a prezzo di molto inferiore facendo così agli imprenditori un danno attuale sulla base della prospettazione di vantaggi futuri.

L’inchiesta è nata dalla denuncia di un imprenditore che si è presentato l’estate scorsa in Procura per raccontare dei lavori eseguiti a casa Bernava e dei soldi pagati e dei favori e delle promesse di Bernava, dopo aver litigato con il socio: ovvero colui che è considerato concorrente di Bernava e per il quale il pm ha chiesto la misura cautelare del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

Il legale di Bernava, Massimo Marchese, ha chiesto al giudice Materia la revoca della misura cautelare.

Autostrade siciliane, il Consorzio ha il nuovo direttore generale. Il dirigente regionale Salvatore Pirrone sostituisce Maurizio Trainiti

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La sede del Cas a Messina

La sede del Cas a Messina

Il dirigente regionale Salvatore Pirrone è il nuovo direttore generale del Consorzio autostrade siciliane. Prende il posto di Maurizio Trainiti, da alcuni mesi dimissionario. La nomina dell’ingegnere Pirrone, 57 anni,  sarà formalizzata nei prossimi giorni dal presidente dell’ente che gestisce i 300 chilometri di autostrada siciliana, Rosario Faraci. Il funzionario regionale originario di Roccamena (piccolo comune in provincia di Palermo) per accettare l’incarico di vertice dell’ente di Contrada Scoppo dovrà lasciare la guida del Genio civile di Trapani e la poltrona di commissario ad acta dell’Iacp della stessa città, funzioni che svolge da alcuni mesi.

Nelle scorse settimane Salvatore Pirrone era stato assegnato dal Dipartimento Infrastrutture e Trasporti della regione Sicilia al Consorzio autostrade, ente pubblico non economico regionale.  Nel suo curriculum, oltre all’attività propria di un dirigente pubblico, una serie di incarichi di consulenza tecnica per conto della Procura della Corte dei conti e di enti pubblici nell’ambito di contenziosi con ditte private nati dall’esecuzione di appalti di opere pubbliche. Questa materia costituisce una delle cause più gravi della crisi finanziaria del Cas, finito al centro di un’inchiesta della Procura su appalti truccati, sfociata di recente negli arresti domiciliari del dirigente Lelio Frisone e di alcuni imprenditori, rimessi in libertà dal Tribunale del Riesame.

Sipendi d’oro al Consorzio autostrade siciliane: i lavoratori dovranno restituire tutto. I paradossi dell’ente regionale

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Un’assemblea dei lavoratori del Cas

Da tre lustri agli oltre 400 dipendenti regionali vengono applicati i contratti del settore privato con stipendi mediamente più alti di circa 8 mila euro all’anno.

Duemila e 300 euro netti al mese di stipendio invece di mille e 600. Il Consorzio autostrade siciliane, inseguito sino alle casse dei caselli da centinaia di creditori e al centro di un’inchiesta della Dia di Messina su appalti truccati e consulenze milionarie, già sfociata negli arresti di due dirigenti e di alcuni imprenditori, non riesce a garantire la sicurezza sui 300 chilometri di autostrade dell’isola. Tuttavia, con i 400 lavoratori (erano 520 sino al 2010) l’ente della regione Sicilia non si risparmia in generosità, applicando da tre lustri ai propri dipendenti il contratto del settore privato che vale 8 mila euro l’anno in più. Read more

Appalto truccato al Cas: in libertà gli imprenditori. Il Tribunale del Riesame boccia la Procura. La debolezza dell’accusa fondata sulla gara “sbagliata”

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Sede del Cas

La sede del Cas di contrada Scoppo a Messina

La turbativa della gara d’appalto bandita a maggio del 2013 dal Consorzio autostrade siciliane non c’è stata. C’è stato, invece, il tentativo di turbarla. Il 5 dicembre 2014, il Tribunale del Riesame presieduto da Maria Militello ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari per gli imprenditori Nino Giordano, Giuseppe Iacolino, Francesco Duca e Rossella Venuto, bocciando l’impianto accusatorio costruito dal sostituto procuratore Fabrizio Monaco e avallato dal Giudice per le indagini preliminari Maria Luisa Materia, che aveva accolto in parte la richiesta di misure cautelari. Il pm Monaco, in realtà, per tutti gli imprenditori aveva domandato la misura cautelare più severa: gli arresti in carcere. Il Tribunale del riesame derubricando il reato da turbativa d’asta in tentata turbativa dell’appalto di “Sorveglianza attrezzata e per interventi urgenti e assistenza del traffico” da 2 milioni di euro per sei mesi, ha ritenuto misura cautelare proporzionata al reato contestato quella di divieto ad esercitare imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche per due mesi.

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Appalto pilotato al Cas: la gara “sbagliata” dai magistrati e il mistero dell’offerta tecnica di “cortesia” di 4 pagine che fa il pieno di punti

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Il capo della procura Lo Forte e l'aggiunto Ardita

Il procuratore Lo Forte, l’aggiunto Ardita e il pm Monaco

Nino Giordano, uscendo dal Tribunale di Messina dopo l’interrogatorio di garanzia e prima di tornare ai domiciliari, lo ha definito “appalto concorso”.

Il capo della Procura di Messina durante la conferenza stampa seguita agli arresti nello spiegare come é stato manipolato lo ha invece inquadrato tra gli appalti aggiudicati secondo l’offerta economica a chi presenta il ribasso che più si avvicina alla media di tutti i ribassi: “perché basta che delle imprese si mettano d’accordo per concordare preventivamente i ribassi che si offrono, per determinare automaticamente tra loro colui che risulterà…corrisponderà alla media dei ribassi“, ha detto, infatti, Lo Forte. Nella stessa tipologia lo ha inquadrato, attraverso il richiamo in una nota, il Giudice per le indagini preliminari, Maria Luisa Materia, che accogliendo (in parte) la richiesta di misure cautelari del sostituto Fabrizio Monaco, ha mandato ai domiciliari gli imprenditori Giordano, Francesco Duca, Rossella Venuto, Giuseppe Iacolino e il dirigente del Consorzio Lelio Frisone con l’accusa di turbativa d’asta. Read more

Tangenti al Cas, la gara turbata. Lo spettacolo degli arresti, l’estraneità dei funzionari pubblici ai “turbamenti” e la “voracità” di Frisone

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L'imprenditore Nino Giordano

L’imprenditore Nino Giordano

Tre imprenditori, due dei quali alleati e uno a capo di un’altra azienda, si incontrano e si parlano per tentare di congegnare una strategia per vincere una gara d’appalto bandita dal Consorzio autostrade siciliane. Ma la gara per la “Sorveglianza attrezzata e per interventi urgenti e assistenza del traffico” da 2 milioni di euro per sei mesi la vince l’imprenditore che stando a quanto si arguisce dalle intercettazioni avrebbe dovuto perderla. Per un pelo. Perché poco ci manca, solo due punti su 100, che la vinca il terzo concorrente. Antonino Giordano, imprenditore tra i più in vista di Messina con interessi che spaziano dal settore delle pulizie a quello bancario passando per l’immobiliare, e Francesco Duca di Milazzo (i perdenti) e Giuseppe Iacolino di Agrigento (il vincente) titolare di Eurotel Srl martedì 18 novembre 2014 sono stati messi agli arresti domiciliari accusati di turbativa d’asta, il reato (punito con una pena sino a 5 anni di reclusione) che commette chi “inquina con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara”, a prescindere se l’accordo va a buon fine. Per i tre imprenditori il sostituto della procura di Messina, Fabrizio Monaco, aveva chiesto la custodia cautelare in carcere. Ha ottenuto dal Gip Maria Luisa Materia una misura meno dura eseguita, in piena notte, alle 4 del mattino. Con il buio, gli agenti della Dia si sono presentati a casa degli indagati con le telecamere al seguito per comunicare loro che non si potevano muovere da casa notificando l’ordinanza di misure cautelari. Le scene cinematografiche riprese dagli agenti (pagati con i soldi pubblici) di nessun rilievo probatorio o investigativo sono state invece molto apprezzate dalle televisioni e dai telespettatori. Il carcere era stato chiesto pure per il dirigente del Consorzio Lelio Frisone, finito invece anch’egli ai domiciliari. Read more