Ineleggibilità di Donatella Sindoni, la consigliera per rimanere incollata allo scranno agita lo spauracchio delle denunce in Procura contro i colleghi. Il suo legale Catalioto impone la lettura in aula di un esposto a pochi minuti dalla votazione sulla decadenza. L’avvocato Scurria ci mette lo zampino. Il Consiglio comunale, già sotto inchiesta, va in tilt

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Donatella Sindoni

Donatella Sindoni

“Si comunica che la mia assistita ha presentato esposto in Procura. Conseguentemente, all’apertura dei lavori d’aula si diffidano il segretario generale e il presidente del Consiglio a darne pubblica lettura per la conoscenza di ogni singolo consigliere che parteciperà alla votazione sulla proposta di decadenza”.

E’ stata dichiarata ineleggibile due volte: il 24 giugno del 2016 dall’Ufficio legale e legislativo della Regione Sicilia, il 2 febbraio del 2017 dal Tribunale di Messina (sulla  scorta peraltro di un precedente della Corte di cassazione); e ha firmato la mozione diretta a mandare a casa il sindaco Renato Accorinti (e di conseguenza se stessa e l’intero Consiglio comunale).

Tuttavia, pur di rimanere appiccicata alla sua poltrona le prova tutte.

Assistita dal suo legale Antonio Catalioto, la consigliera comunale Donatella Sindoni non si è limitata a proporre l’ appello (più che legittimo) avverso l’ordinanza che la dichiara ineleggibile emessa dai giudici, riacquistando così il diritto di tornare a palazzo Zanca.

Ha infatti agitato con veemenza lo spettro delle denunce già presentate o da presentare alla Procura della Repubblica, che già solo perché sono presentate determinano l’apertura di un procedimento penale con iscrizione sul registro degli indagati e la scocciatura di nominare un legale e di finire sui giornali.

Destinatari delle minacce i suoi colleghi consiglieri, ovvero coloro che dovevano e dovrebbero pronunciarsi sulla sua sorte politica e che hanno già non pochi guai con la giustizia.

Gran parte di loro infatti sono sotto procedimento penale o lo sono stati sino alla scorsa settimana. Alcuni sono ancora sottoposti a misura cautelare dell’obbligo di firma all’entrata e all’uscita di Palazzo Zanca.

Antonio Catalioto

Antonio Catalioto

 

Questa delibera… non s’ha da votare

All’ordine del giorno di mercoledì 8 febbraio 2016 c’era la delibera, istruita dalla segreteria generale e fatta sua, come per prassi, dal vicepresidente del Consiglio comunale Nino Interdonato, che sanciva la decadenza di Donatella Sindoni.

Qualche ora prima era arrivata a palazzo Zanca la nota di diffida dell’avvocato Catalioto con allegato esposto.

Il presidente del Consiglio e il segretario generale si sono piegati al diktat dell’avvocato.

E’ stata la stessa consigliera Sindoni a leggere l’esposto ai colleghi.

Votare sulla decadenza della consigliera per il legale, Antonio Catalioto, è frutto di abusi. Come – per lo stesso legale – lo era stato chiedere il parere all’Ufficio legale della Regione dopo la pubblicazione a maggio del 2015 del servizio giornalistico che sollevava il caso.

E’ un abuso – a leggere l’esposto – perché l’appello contro l’ordinanza di ineleggibilità ne aveva sospeso l’efficacia esecutiva.

Nel mirino della Sindoni il segretario generale Le Donne che la vuole fare fuori perché il suo voto può essere decisivo per la sfiducia al sindaco Accorinti.

In realtà, la proposta di delibera non era basata sull’ordinanza del Tribunale ma sul fatto che la Sindoni è ineleggibile per come aveva scritto un anno prima il massimo organo di consulenza giuridica della Regione. L’ordinanza del Tribunale è considerata solo un’ ulteriore prova.

Ne è nata una bagarre. Durante la discussione Il consigliere Interdonato preoccupato per l’esposto ha chiesto più volte al segretario generale Le Donne se confermasse o meno la piena legittimità delle delibera.

La consigliera Lucy Fenech ha affermato: “Questo della Sindoni e del suo avvocato è un atto di intimidazione al Consiglio”.

Alla fine è caduto il numero legale. Alcuni consiglieri per non votare hanno lasciato l’aula.

Per votare era necessaria la presenza di 16 consiglieri, ne sono rimasti in aula 15 (su 40): l’ultimo ad abbandonare l’aula Fabrizio Sottile. Non è andato via per mettersi al riparo dall’esposto, né per motivi politici, bensì a seguito di uno screzio con la capogruppo del Pd Antonella Russo: insomma per un dispetto di quelli che si fanno i bambini alla scuole materne.

 

L’intimidazione non è mai troppa

Giovedì 9 febbraio, la scena si è ripetuta, con toni più aspri.

Durante i lavori nella Commissione Sport e Spettacolo presieduta da Piero Adamo, in cui si è aperto un dibattito su come dovesse procedere nei lavori, la Sindoni – secondo quanto hanno riferito i presenti – ha ammonito i colleghi affermando che avrebbe denunciato i colleghi che avrebbero votato la sua decadenza. Nuova bagarre. Scambio di accuse. E di insulti.

Risultato: il Consiglio comunale non si è pronunciato sulla sua decadenza, nè sipronuncerà. Non a breve almeno.

Se la paura te la mettono gli avvocati

Il vicepresidente del Consiglio comunale, Nino Interdonato, infatti, già preoccupato dopo la lettura dell’esposto della Sindoni, si è messo al riparo da ogni possibile conseguenza penale e ha ritirato la firma prendendo le distanze da chi la delibera l’ha istruita.

Con una nota (scritta evidentemente da un legale), Interdonato ha condiviso la tesi sostenuta dal legale della Sindoni. Anzi, è andato anche oltre individuando più abusi di quelli lamentati dallo stesso Catalioto.

Ha accusato di mancanza di imparzialità il Segretario generale, evocando a sua volta l’intervento della Procura e si è dimesso dall’Ufficio di presidenza.

Interdonato, da perfetto ignorante della materia – come lui stesso ha ammesso – ha preso per oro colato quanto gli ha confezionato un legale.

Scurria, il legale che non ti aspetti

A fornire il parere a Nino Interdonato è stato infatti Marcello Scurria, ex segretario dei Democratici di sinistra e consulente giuridico nonché avvocato personale dell’ex sindaco di destra Giuseppe Buzzanca.

Quest’ultimo, oltre che primo cittadino di Messina era al tempo stesso consigliere regionale, quando ad aprile del 2010, una sentenza della Corte costituzionale stabilì che il cumulo delle due cariche fosse fuorilegge.

Tuttavia, assistito da Scurria, solo dopo due anni e mezzo, Buzzanca fu dichiarato decaduto dall’Ars.

Ironia della sorte, a battersi perché fosse prima sancita l’illegalità del cumulo delle cariche e poi la decadenza di Buzzanca fu Antonio Catalioto, legale oggi della Sindoni ed ex socio e collega di studio di Scurria.

Catalioto all’epoca non nascondeva la sua indignazione per come Buzzanca le provasse tutte per mantenere le due cariche, in spregio alla legge.

Operazione compiuta

La proposta di delibera per tornare ora in votazione deve essere firmata da un consigliere. In genere, per prassi se arriva dagli uffici la firma il presidente del Consiglio o qualcuno dell’Ufficio di presidenza.

La presidente Emilia Barrile, nell’occhio del ciclone dell’esposto della Sindoni e della nota di Interdonato, ha già dichiarato che lei non lo farà. L’altro componente, Nicola Crisafi, ha seguito Interdonato sulla scia delle dimissioni.

Effetto boomerang

Donatella Sindoni minaccia di presentare denunce. Ma la minaccia delle denunce e l’ostentanzione di quelle già fatte allo scopo di influire sull’andamento dei lavori di un organo elettivo le potrebbero costare l’attenzione della stessa Procura che evoca:

a lei e al suo legale, che a poche ore dal voto di un organo democratico ha fatto pervenire una nota di diffida che non ha precedenti.

Infatti, la loro condotta, inserita in un contesto in cui tutti sono scottati da procedimenti penali e temono di finire in altri, potrebbe integrare il reato dell’articolo 338 del codice penale che punisce “chi usa minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autoritità, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività”.

 

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