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Inchiesta “Terzo livello”, chiuse le indagini. La Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per Emilia Barrile e gli altri protagonisti del sistema clientelare creato dall’ex presidente del Consiglio comunale e dal suo socio Marco Ardizzone

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Emilia Barrile

Emilia Barrile

Gli arresti e le altre misure cautelari sono scattate il 2 agosto scorso.

Un mese e mezzo dopo, la Procura stringe i tempi e tira diritto lungo la strada che porta al giudizio nei confronti dell’ex presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile, del suo fidato scudiero Marco Ardizzone, del suo luogotenente Carmelo Pullia, dello stretto collaboratore Giovanni Luciano, dell’amico di sempre nonché imprenditore Francesco Clemente, e dell’amica Angela Costa: i sei devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata a commettere reati contro la pubblica amministrazione.

Avviso di conclusione indagini pure per le altre persone coinvolte nell’inchiesta “Terzo livello”:  l’ex presidente dell’Amam Leonardo Termini; il direttore amministrativo dell’Atm Daniele De Almagro; gli imprenditori Antonio Fiorino, Sergio Bommarito, Angelo e Giuseppe Pernicone; Vincenzo Pergolizzi e i suoi figli Sonia e Stefania, il genero Michele Adige, la sorella Teresa Pergolizzi, il suo uomo di fiducia Elio Cordaro, la dipendente storica Vincenza Merlino.

 

Le contesazioni nei fatti per gli indagati rimangono quelle condensate nella richiesta di misure cautelari, ma la Procura – aderendo alla tesi del Gip Tiziana Leanza – ha riqualificato una serie di ipotesi inizialmente configurate di Corruzione in quelle meno gravi sotto il profilo sanzionatorio di Traffico di influenze illecite.

In sintesi, la Barrile è accusata di aver creato, insieme al suo mentore e socio Marco Ardizzone, un sistema clientelare fondato su patronati e cooperative e su favori ottenuti grazie al suo peso politico a una serie di imprenditori o manager, che la ripagavano con assunzioni di persone a lei vicine e altre utilità, il tutto al fine di alimentare il suo bacino di consensi elettorali.

Manager… ma non tanto

Leonardo Termini deve difendersi dall’accusa di Turbativa d’asta per aver favorito nel 2015 una coop riconducibile alla Barrile nell’aggiudicazione di un appalto all’Amam.

De Almagro, in cambio del sostegno della Barrile necessario per la sua riconferma nell’azienda dei trasporti – secondo la Procura – ha determinato  l’assunzione temporanea come autista di persona segnalata dallo stesso esponente politico: fatto declinato nel reato di Induzione indebita a dare o promettere utilità.

Imprenditori sul fondo del Barrile

Bommarito, patron della Fire Spa, azienda nazionale leader nel recupero credito, alla Barrile chiese il disbrigo di alcune pratiche al Comune e di intercedere su Leonardo Termini in modo da favorire il pagamento di una fattura milionaria a favore della Fire che l’Amam riteneva non fosse del tutto dovuta.

In cambio, sempre secondo l’impianto accusatorio, ha fatto donazioni di denaro ad alcune società sportive e alcune assunzioni.

Tony Fiorino, titolare della Despar di Messina, alla Barrile chiese aiuto per ottenere il via libera alla costruzione di un centro commerciale a Sperone e per avere dagli uffici comunali informazioni riservate su suoi concorrenti. In cambio, operava assunzioni e prometteva lavoro nella eventuale costruzione dello stesso centro commerciale.

Angelo e Giuseppe Pernicone, padre e figlio, sotto inchiesta nel processo Matassa per Associazione per delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni, alla Barrile chiesero intercessione per ottenere la concessione dello stadio San Filippo per il concerto dei Pooh, nell’ambito del quale avrebbe dovuto lavorare la loro cooperativa, in cambio di un coinvolgimento pure della cooperativa dell’esponente politico.

Vincenzo Pergolizzi, l’imprenditore noto a Messina per aver costruito il complesso Aralia su Montepiselli, finisce nell’inchiesta sulla Barrile e poi in custodia cautelare in carcere perché – secondo la Procura – si rivolge all’ex presidente del Consiglio e a Clemente per ottenere lo sblocco di alcune pratiche per la costruzione di un’abitazione su via Bisazza in cambio della promessa di commesse negli eventuali lavori.

Dalle indagini è però pure emerso che Pergolizzi aveva appena effettuato una serie di operazioni di cessione delle sue quote societarie, oggetto qualche anno prima di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, annullato successivamente dalla Cassazione, a favore dei suoi stretti collaboratori o congiunti.

Le operazioni societarie sono state declinate in termini di Trasferimento fraudolento di valori: sono state effettuate infatti mentre pende a Reggio calabria il giudizio di prevenzione dopo la sentenza di annullamento con rinvio della Cassazione.

Per la Procura sono state fatte proprio per eludere il possibile nuovo sequestro preventivo.

Gli sviluppi e le misure cautelari

Adesso si apre una fase in cui gli indagati possono chiedere di essere sentiti per chiarire la loro posizione o presentare memorie e documenti nel tentativo di evitare la richiesta di rinvio a giudizio cui l’avviso di conclusioni indagini in genere è propedeutico.

Le indagini sono state chiuse pure per Angela Costa, la moglie di Peppe Chiarella, ex consigliere comunale di Messina e candidato alle ultime elezioni amministrative con la lista Leali di Emilia Barrile.

La Procura aveva chiesto per lei la misura degli arresti domiciliari in quanto socia di una coop riconducibile alla Barrile e ritenuta parte dell’associazione per delinquere capeggiata dalla Barrile e da Marco Ardizzone.

Il Gip Tiziana Leanza ha tuttavia escluso la sussistenza a suo carico dei gravi indizi di colpevolezza dell’appartenenza all’associazione, rigettando la richiesta di misura.

Francesco Clemente, una lunga militanza politica, anch’egli considerato membro dell’associazione per delinquere guidata da Barrile (cui è legato da antica amicizia) e da Ardizzone era finito agli arresti domiciliari.

Il Tribunale della libertà ha nei suoi riguardi annullato la misura: ha così ricevuto la notifica dell’avviso di conclusioni indagini completamente libero.

Ha sostenuto di non aver mai saputo neppure dell’esistenza di Marco Ardizzone e Carmelo Pullia, i membri dell’ipotizzata associazione per delinquere e dunque non potesse essere ritenuto organico di un’associazione di cui non conosce i componenti.

A parte Angela Costa, Francesco Clemente, Leonardo Termini, Sergio Bommarito, tutti gli altri indagati sono sottoposti a misura cautelare.

Vincenzo Pergolizzi è in carcere; la Barrile, Ardizzone, Pullia, Luciano, Adige, Cordaro e Merlino sono ai domiciliari; De Almagro è interdetto dall’esercitare le funzioni di direttore amministrativo; Tony Fiorino ha il divieto di svolgere attività imprenditoriale e di ricoprire cariche nelle società; Sonia e Stefania Pergolizzi hanno l’obbligo di dimora.

In questo procedimento non hanno avuto misure neppure Angelo e Giuseppe Pernicone, ma il primo (padre) è in custodia cautelare in carcere nell’ambito del procedimento Matassa, il secondo (il figlio) è invece libero.

IL CORSIVO: Barrile e Ferlisi due facce della stessa medaglia nella città ostaggio delle auto. Dove i vigili parcheggiano negli stalli per disabili

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“Perché alla mia auto la multa si e alle altre parcheggiate sul marciapiedi no?”.

Il presidente del Consiglio comunale di Messina, Emilia Barrile, quando ha visto che i vigili urbani le avevano fatto la multa ha preso il telefono e ha chiamato la centrale operativa. Riteneva che la sanzione le fosse stata fatta ad arte perché nei giorni precedenti aveva osato rimproverare il comandante Calogero Ferlisi dell’assenza totale di vigilanza alle sedute del Consiglio comunale, caratterizzate dalla presenza di cittadini infuriati.

Non è stata ritorsione, c’era stata infatti la denuncia di un cittadino che aveva trovato gli stalli per disabili occupati impropriamente. Ma Emila Barrile con la sua telefonata ha dato l’occasione perché la ritorsione scattasse. E’ bastato rivelare ai giornalisti la notizia della telefonata (la conosceva lei e i pubblici ufficiali tenuti al segreto d’ufficio), condita da particolari che si sono rivelati falsi, perché il presidente del Consiglio comunale finisse nella bufera, con i colleghi consiglieri pronti a chiedere le sue dimissioni.

L’audio delle telefonate ha però molto ridimensionato la vicenda. Emilia Barrile, precisando più volte che la multa che le era stata comminata era giusta, non ha inveito, né tantomeno oltraggiato nessuno. Certo ha fatto valere il suo peso di presidente del Consiglio comunale, voleva il nome del vigile autore dell’intervento e ha poi con protervia evocato la Digos . Ma ha ammesso che la multa era giusta: con nonchalance.

Il problema è proprio questo.

Emilia Barrile rappresenta l’automobilista messinese medio. Che ignora i parcheggi pubblici costati milioni di euro (come quello di Villa dante) e per non pagare 50 centesimi parcheggia in doppia fila o, sempre per sfuggire al Gratta e sosta, lascia l’auto agli angoli della Ztl lì dove gli ausiliari del traffico nulla possono.

Rappresenta tutti coloro che sono certi che i vigili non passeranno mai.

La Barrile, infatti, pensava alla ritorsione perché non poteva credere le fosse stata fatta una multa a seguito di normali controlli della polizia municipale. Perché questi controlli non esistono. Se esistessero, non si spiegherebbe come mai tutti i giorni, a tutte le ore, su viale San Martino, su corso Cavour, su via Tommaso Cannizzaro, su via Cesare Battisti, per non parlare di via La Farina (solo per fare degli esempi), ci sono automobili parcheggiate dappertutto. Pure sugli stalli per disabili: riservati, per la verità, dalla legge non ai familiari del disabile ma al (vero) disabile).

Ciascuno parcheggia dove capita con la certezza di farla franca.

Un dato allarmante per Calogero Ferlisi, come quello della violazione del segreto dell’ufficio, da lui diretto, di cui è stata vittima Emilia Barrile.  

Il comandante (da 15 anni) dei vigili urbani ha accolto festante Renato Accorinti a Palazzo Zanca il giorno dell’elezione a giugno 2013. Ma di cambiamenti per le strade se ne sono visti davvero pochi. E i primi a dare il cattivo esempio sono (talvolta) proprio coloro che dovrebbero fare controlli e multe. Come chi ha occupato uno stallo per disabile a due passi dal Tribunale lasciando in evidenza sul cruscotto il distintivo di “Comune di Messina- Vigili Urbani”, come mostra il video.