Gettonopoli, pesanti condanne in primo grado per i sedici consiglieri comunali. Resiste l’accusa di falso e truffa, cade l’abuso d’ufficio contestato a sei di loro. Che così dribblano la legge “Severino” e mantengono lo scranno a palazzo Zanca

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Il Tribunale di Messina

Il Tribunale di Messina

 

Resiste al vaglio del giudizio di primo grado l’accusa di falso e truffa, contestata ai 16 consiglieri comunali imputati nel processo Gettonopoli, che rimediano pesanti condanne.

Ma cade per sei di loro l’accusa di abuso d’ufficio (contestata insieme a quella di falso e truffa) che avrebbe portato in base alla legge Severino alla sospensione della carica e alla sostituzione con i primi dei non eletti.

E’ questa la sintesi della sentenza emessa dopo 9 ore di camera di consiglio dal Tribunale presieduto da Silvana Grasso alle 22 e 30 di questa sera.

 

I consiglieri erano accusati di truffa e falso per aver incassato i gettoni di presenza per un massimo di 2 mila euro mensili, apponendo una firma di presenza alle sedute della commissioni consiliari e andando via dopo pochi minuti (se non secondi).

Il risultato – secondo l’accusa – è stato conseguito ingannando (elemento fondamentale della truffa) il segretario generale Antonino Le Donne, ovvero colui che materialmente liquidava i gettoni.

Quest’ultimo però ha sempre sostenuto anche in lettere inviate alla regione Sicilia, che per legge i gettoni di presenza spettassero ai consiglieri anche nei casi finiti all’attenzione della Procura.

Le motivazioni diranno come il Tribunale ha sanato la palese contraddizione che sembrava  contrassegnare il capo di imputazione di truffa e falso, e come sia possibile considerare ingannato un funzionario pubblico che invece riteneva la condotta dei consiglieri fosse legittima (vedi commento sul punto).

I consiglieri accusati anche di abuso d’ufficio e a rischio sospensione erano Piero Adamo, Giovanna Crifò, Carlo Abate, Daniele Zuccarello, Benedetto Vaccarino, Nicola Cucinotta.

Ai sei politici era contestato (in aggiunta al falso e alla truffa) di avere partecipato senza delega scritta del capo gruppo a sedute di commissioni diverse da quelle cui appartenevano, incassando i relativi gettoni di presenza.

Il regolamento comunale in effetti richiede la delega scritta, ma i difensori hanno spiegato e dimostrato con testimoni che per prassi il capogruppo dà la delega oralmente, ratificando formalmente la sostituzione con l’approvazione dei verbali in cui è stato sostituito alla seduta successiva.

L’argomentazione – da ciò che è possibile arguire in base al dispositivo – ha fatto breccia.

Il Tribunale ha condannato (per falso) pure Nora Scuderi e Libero Gioveni, per i quali il pm Francesco Massara aveva domandato l’assoluzione.

Nel dettaglio, Giovanna Crifò è stata condannata anni 4 e mesi 10; Pietro Adamo e Cucinotta Nicola a 4 anni e 8 mesi; Carlo Abate, Benedetto Vaccarino e Daniele Zuccarello sono stati condannati a 4 anni e sei mesi; Paolo David e Fabrizio Sottile hanno rimediato 4 anni e tre mesi; Santi Sorrenti, Andrea Consolo, Pio Amadeo, Angelo Burrascano, Antonino Carreri, Nicola Crisafi e Carmelina David a 4 anni di reclusione; infine, Libero Gioveni e Nora Scuderi sono stati condannati a tre anni di reclusione (in realtà, nel corso della lettura del dispositivo il presidente Grasso ha sancito tre anni ma nel dispositivo scritto sono indicati tre mesi di reclusione).

Nell’inchiesta della Procura erano finiti tutti i 40 consiglieri comunali (tranne la presidente del Consiglio Emilia Barrile) che siedono a Palazzo Zanca.

Per 24 di loro era arrivata l’archiviazione sulla base della principio che erano stati presenti alle sedute delle commissioni più di tre minuti, limite temporale considerato – non si è capito in base a quale principio di diritto – elemento discriminatorio per distinguere i consiglieri cattivissimi da quelli cattivi, ma non tanto.

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