“Il fatto non sussiste”.
Si è chiuso con la formula assolutoria più ampia il processo di primo grado a carico di Pippo Capurro, ex consigliere comunale di Messina.
Capurro era stato rinviato a giudizio per truffa e falso perché pur in pensione, un anno dopo essere stato eletto (nel 2008) consigliere comunale, esattamente a maggio del 2009, è stato assunto da una cooperativa Progetto nuovo ambiente, con la qualifica di dirigente.
A seguito della costituzione del rapporto di lavoro, la cooperativa ha iniziato a chiedere e ad incassare il rimborso degli stipendi al Comune (i cosiddetti oneri riflessi) per i giorni in cui Capurro si assentava dal lavoro in quanto impegnato nell’attività istituzionale a Palazzo Zanca: in tutto, in tre anni, tra il 2009 e il 2011, 53 mila euro.
Secondo l’impianto accusatorio – costruito dall’allora procuratore aggiunto Ada Merrino – l’assunzione era di comodo, la cooperativa in realtà neppure espletava servizi con continuità e l’esponente politico non vi aveva mai lavorato.
Capurro insomma per il pubblico ministero era stato assunto e si era fatto assumere soltanto per truffare le casse pubbliche.
Il giudice Alessandra Di Fresco, con i reati alla soglia della prescrizione, ha bocciato la tesi della Procura e ha ritenuto invece che non si potessero neppure configurare i fatti di reato.
Le motivazioni, quando saranno depositate, diranno il perché.
L’ex consigliere – secondo quanto hanno riferito i testimoni citati dalla difesa – in realtà con la cooperativa collaborava da anni. E nel periodo in cui era consigliere comunale aveva svolto il suo lavoro di dirigente nei cantieri – reali dunque e non farlocchi – in cui Progetto nuovo ambiente era impegnata.