Gemello morto due giorni dopo la nascita, per la Corte d’appello Edoardo Bombara non fu assistito adeguatamente. Tre medici del Policlinico condannati al risarcimento. Le tappe di una vicenda lunga 12 anni e finita con la prescrizione

Download PDF

Errori-medici

 

Erano gemelli. Uno, Cristiano, non appena venne al mondo il 18 dicembre del 2005 in una delle sale parto del Policlinico Universitario di Messina manifestò piccoli problemi respiratori: ora ha 12 anni e gode di ottima salute.

L’altro, Edoardo, alla nascita stava molto meglio del fratellino e tuttavia morì due giorni dopo, nelle primissime ore del 20 dicembre, nell’Unità terapia intensiva neonatale.

Per la Corte d’appello di Messina, presieduta da Maria Tindara Celi, la morte di uno dei gemelli Bombara non è stato un caso propiziato da una “congiuntura astrale sfavorevole”, per usare le parole dell’allora direttore sanitario Giovanni Materia, ma il frutto della condotta negligente dei tre sanitari che avevano in carico Edoardo nella giornata del 19 dicembre 2015.

I giudici di secondo grado, riformando totalmente la sentenza di primo grado, hanno ritenuto che i medici del reparto di Terapia intensiva neonatale, Antonia Bonarrigo, Viviana Tulino e Giuseppe Pagano, siano stati responsabili per negligenza della morte di Edoardo.

I giudici hanno ritenuto invece non responsabile il quarto imputato Alessandro Arco.

I tre sanitari, comunque, andranno esenti da sanzione penale in quanto il reato di omicidio colposo che veniva loro contestato è ampiamente prescritto.

La condanna è stata emessa solo ai fini del risarcimento dei danni che verrà, salvo eventuale e diverso giudizio della Cassazione, quantificato in sede civile.

La consulenza decisiva

Decisiva per la condanna dei tre medici la consulenza tecnica disposta dall’organo della giurisdizione di secondo grado e affidata al medico legale Antonello Crisci di Salerno.

Secondo il medico legale salernitano, la sofferenza respiratoria di Edoardo era frutto di una lieve immaturità polmonare,la stessa che aveva il gemello Cristiano, che poteva e doveva essere diagnosticata da subito e trattata, come da collaudato protocollo terapeutico, con il surfactante.

Ciò avrebbe evitato con altissima probabilità – secondo il consulente – la  morte di Edoardo.

Invece, i sanitari, che avrebbero dovuto essere ancor di più attenti alla luce della sofferenza respiratoria del gemello (per contro tempestivamente e adeguatamente trattata), non avevano tenuto sotto controllo le condizioni di Edoardo, omettendo di eseguire gli esami strumentali che avrebbero per tempo consentito di fare la diagnosi.

In realtà, che vi fossero delle responsabilità a carico dei medici era emerso anche dall’apporto medico scientifico dei consulenti del pubblico ministero: l’inchiesta fu coordinata da Angelo Cavallo.

I tre medici legali, Giuseppe Ragazzi, Conversano e Di Noto, erano giunti alle stesse conclusioni di responsabilità degli imputati cui è giunto da ultimo Crisci, imponendo al pm la richiesta di rinvio a giudizio.

Il Tribunale di Messina, nella persona del giudice Monica Marino, il 12 maggio del 2012, però, aveva assolto i quattro medici, per l’impossibilità di accertarne la responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il giudice Marino aveva messo in rilievo in motivazione come dubbi sulla causa della morte individuata dai consulenti del pm, derivassero da una perizia di parte, ad opera del pediatra Paolo Biban, che aveva individuato la morte del neonato in una ipotetica grave infezione, mai provata, e desunta dal fatto che ce l’avesse il gemello sopravvissuto Cristiano.

L’assoluzione di Arco

Cinque anni dopo, la Corte d’appello ribaltando la sentenza di primo grado, ha tuttavia confermato l’assoluzione di uno dei quattro indagati, Alessandro Arco, nel frattempo divenuto primario dell’Unità Terapia intensiva neonatale, in precedenza per anni diretta da Ignazio Barberi.

Arco, si è sempre difeso sostenendo che quel giorno del 19 dicembre pur essendo di servizio era stato impegnato in altre incombenze (ambulatorio di day hospital e attività amministrativa), e non aveva mai visitato il neonato, che aveva visto solo al momento del giro anche se alcuno dei colleghi gli avesse impartito disposizioni; né aveva mai espresso pareri o valutazioni sul neonato.

La Corte d’appello ha ritenuto fondata questa linea di difesa, non condannando Arco.

La mamma dei gemelli, Silvana Materia, e il papà Giovanni, sono stati assistiti in giudizio dall’avvocato Roberto Materia, zio dei gemelli, e dal collega Salvatore La Fauci.

Comments are closed.