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Bancarotta Italsea srl, la Corte d’appello conferma le pesanti condanne per l’imprenditore catanese dell’autotrasporto Luigi Cozza e i membri della sua famiglia. Assolto l’ex direttore dell’agenzia delle Entrate di Messina, Salvatore Altomare

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Luigi Salvatore Cozza

Luigi Salvatore Cozza

Aveva rinunciato alla prescrizione, ma in primo grado era stato condannato a 10 mesi di reclusione per abuso d’ufficio. In appello però il giudizio è stato ribaltato e Salvatore Altomare, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Messina, è andato assolto.

Il secondo grado di giudizio non è stato altrettanto positivo per i componenti della famiglia di Luigi Salvatore Cozza, imprenditore del settore dei trasporti molto conosciuto in Sicilia: di recente la società riconducibile a lui e alla sua famiglia, la Lct Spa (acronimo di Luigi Cozza Trasporti), azienda leader nella logistica intermodale e nel trasporto alimentare e di merci pericolose, si è aggiudicata la gara di concessione per la gestione novennale dell’Interporto di Catania: un affare valutato in milioni di euro.

La Corte d’appello di Messina ha infatti condiviso in toto le motivazioni del collegio giudicante presieduto da Silvana Grasso che il 27 giugno del 2017 aveva riconosciuto la responsabilità per i reati di bancarotta documentale e bancarotta per distrazione, ma ha lievemente rideterminato le pene a carico di Luigi Salvatore Cozza (8 anni di reclusione), i figli Luigi e Pamela (4 anni a testa), la moglie Giuseppa Pistorio (4 anni e 7 mesi) e i collaboratori Francesco Altomare (4 anni) e Claudio Reinhold D’arrigo (6 anni e sei mesi), Giuseppe Basile (3 anni e dieci mesi) che a turno hanno avuto incarichi di responsabilità nella società al centro del processo. Si tratta di Italsea Srl con sede a Taormina, messa in liquidazione il 14 dicembre del 2009 e dichiarata fallita l’11 maggio del 2011 e di cui Cozza padre è stato ritenuto il dominus effettivo.

I giudici d’appello hanno dichiarato la prescrizione per le restanti accuse di evasione fiscale, alcune delle quali erano già state considerate estinte nel giudizio di primo grado.

Tutti i fatti di reato sono risalenti ad almeno 10 anni fa.

I reati in pillole

La condotta che – secondo i giudici di primo e secondo grado – è valsa la condanna per bancarotta documentale è la stessa – quanto all’elemento materiale – oggetto della denuncia ad opera degli imputati, o meglio di uno di loro, da cui per paradosso partirono le indagini: ovvero lo smarrimento dei documenti contabili della società.

E’ il 25 maggio del 2006 quando Claudio Reinhold D’arrigo, autista ma anche ex presidente del cda della società, denuncia il furto di un furgone con cui stava trasferendo verso la nuova sede tutti i documenti contabili della società.

Il mezzo fu ritrovato qualche giorno dopo, senza alcun documento all’interno. Gli inquirenti accertarono ancora che quella che fu indicata come la nuova sede in realtà non aveva ancora neppure i certificati di abitabilità.

Fu facile inferirne – è questa le tesi sostenuta con successo della pubblica accusa –  che la denuncia simulasse il reato di furto e fosse tesa in  realtà ad occultare la distruzione dei documenti contabili, in modo da impedire gli accertamenti fiscali ed evadere così le imposte.

La condotta  – dal momento in cui è stato dichiarato il fallimento della società – è stata declinata (bei confronti di tutti gli imputati, tranne la Pistorio) in termini di Bancarotta documentale, posto che la distruzione della documentazione contabile impedendo la ricostruzione della reale situazione finanziaria e patrimoniale della società è stata fonte di danno per i creditori.

Luigi Salvatore Cozza è stato condannato anche per tre ipotesi di bancarotta per distrazione: i due figli e la moglie per due di queste.

In specie, per avere organizzato la vendita alla società un immobile di proprietà della moglie Giuseppa Pistorio gravato da procedure esecutive – e quindi in frode ai creditori della stessa società – per un milione e mezzo di euro. L’immobile peraltro dopo la vendita rimase nella piena disponibilità della venditrice e dei suoi familiari.

Giuseppa Pistorio – ecco la seconda ipotesi di bancarotta – dalla società Italsea spa ha comprato anche due immobili per un corrispettivo pagato di 250 mila euro. Il prezzo di acquisto è stato ritenuto congruo, ma l’operazione per i giudici è stata organizzata e ha avuto l’effetto di diminuire il patrimonio della società ai danni dei creditori.

Ancora, la terza ipotesi si è consumata allorché nel bilancio della società sono state esposte passività create ad arte attraverso l’emissione di fatture false di acquisto, intestate a terzi inconsapevoli per un totale di quasi 8 milioni di euro. In questo modo – secondo di giudici – si sono danneggiati i creditori poiché sono state occultate le poste di bilancio attive.

Prescrizioni a go-go

I giudici d’appello non hanno potuto non rilevare l’intervenuta prescrizione per tutte le accuse di evasione fiscale (nella specie Iva), computata dagli inquirenti per il periodo di imposta compreso tra il 2004 e il 2006 in oltre due milioni di euro.

 

Agenzia sotto accusa

Sotto processo per abuso d’ufficio finirono pure Aldo Corrado Pittari e Guido Schiavoni, due funzionari dell’Agenzia delle entrate di Taormina e il direttore della direzione provinciale Altomare: i due impiegati furono gli autori dell’accertamento con adesione che portò l’Agenzia a riconoscere alla società della famiglia Cozza una detrazione di Iva per 244 mila euro relativa all’anno 2004 sulla base di documentazione – scoprì la Guardia di finanza – in parte palesemente falsa e in parte relativa a mezzi di altre società.

Altomare aveva avallato l’operazione mettendoci il visto.

Pittari e Schiavone si sono avvalsi della prescrizione e già in primo grado andarono esenti da pena.

L’assoluzione di Altomare è giunta in appello: i giudici, al contrario dei colleghi di primo grado, hanno ritenuto che il direttore aveva solo una competenza limitata alla regolarità formale dell’atto e non di merito; né era emersa alcuna sua attività di pressione su due funzionari.

Sull’intera vicenda giudiziaria comunque sarà la Corte di cassazione a dire l’ultima parola. I legali degli imputati hanno proposto ricorso di recente: le motivazioni della sentenza state depositate il 27 dicembre del 2019.

Affari in movimento

Nel frattempo, nell’estate del 2019, gli imprenditori catanesi hanno messo a segno un colpo molto significativo e importante: l’aggiudicazione della gara pubblica di concessione per la gestione dell’Interporto di Catania, polo logistico del sud est della Sicilia, da anni completato e solo da pochi mesi in funzione.

Alla gara, bandita dalla partecipata della regione Sicilia Società Interporti Spa, la società della famiglia Cozza ha partecipato in solitaria offrendo un rialzo – sulla base d’asta minima di 400 mila euro di canone annuo – pari allo 0,010%.

A leggere la visura camerale, quindi sotto il profilo formale, nessuna delle persone condannate figura come azionista né ha funzioni direttive  nella Spa Luigi cozza trasporti, che conta circa 350 dipendenti e decine di autoarticolati giornalmente in movimento per l’intera penisola italiana.

Bancarotta Italsea group, pesanti condanne per i membri della famiglia Cozza proprietaria della Spa di servizi di trasporto di Catania. 10 mesi all’ex direttore dell’agenzia delle Entrate di Messina Altomare che aveva rinunciato alla prescrizione

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Il reato di abuso di ufficio che gli veniva contestato era ormai prescritto da due anni, ma ha rinunciato ad avvalersene ritenendosi innocente.

Salvatore Altomare, l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate di Messina, è stato così condannato in primo grado a 10 mesi di reclusione.

Il Tribunale di Messina, presieduto da Silvana Grasso, ha irrogato pene molto più pesanti ai proprietari e agli amministratori di Italsea Group Spa, società di trasporto con sede a Taormina (poi trasferita a Catania), dichiarata fallita nel 2012, accusati di bancarotta documentale, bancarotta per distrazione ed evasione fiscale.

Le pene sono state più severe di quelle chieste nella requisitoria dal pubblico ministero Francesco Massara.

Nello specifico, a nove anni di reclusione è stato condannato Salvatore Luigi Cozza, a 5 anni e 2 mesi i figli Pamela Cozza e Luigi Cozza,  a 4 anni e 7 mesi Giuseppa Pistorio, moglie e madre dei primi tre: erano accusati di aver esposto in bilancio passività inesistenti per milioni di euro mediante emissione di fatture da parte di società inconsapevoli; di avere distratto liquidità della società ai danni dei creditori mediante l’acquisto di beni immobili rimasti nella piena disponibilità dei membri della famiglia e di evasione fiscale, ritenuta comunque prescritta.

Claudio Reinhold D’arrigo e Francesco Altomare sono stati condannati a 7 anni e 2 mesi; Giuseppe Basile a 6 anni: si tratta dei collaboratori della famiglia Cozza a cui di volta in volta sono stati attribuiti compiti di amministratore o di direttore generale delle società del gruppo e che comunque hanno concorso nei reati di cui erano accusati i membri della famiglia Cozza.

La rinuncia alla prescrizione

Francesco Altomare è il fratello delll’ex direttore dell’Agenzia delle entrate provinciale di Messina.

La sua presenza nella compagine societaria della famiglia Cozza  è costata il coinvolgimento nell’inchiesta di Salvatore Altomare: all’epoca direttore dell’Agenzia delle entrate di Taormina.

Secondo l’accusa, l’Agenzia ha riconosciuto una detrazione di Iva per 244 mila euro relativa all’anno 2004 sulla base di documentazione in parte palesemente falsa e in parte relativa a mezzi di altre società.

L’accertamento con adesione era stato materialmente effettuato da Aldo Corrrado Pittari e Guido Schiavoni, due funzionari dell’Agenzia (su istigazione di Pamela Cozza) ai quali veniva contestato l’abuso d’ufficio in concorso con Altomare, che – secondo l’accusa – ha avallato l’operazione: al contrario di quest’ultimo, però, i due funzionari non hanno rinunciato alla prescrizione e sono andati esenti da pena.

Effetto boomerang

L’inchiesta è decollata dopo una denuncia presentata nel 2007 ai carabinieri (su istigazione di Luigi Salvatore e Pamela Cozza) da parte di Claudio Reinhold D’arrigo.

Questi aveva infatti denunciato il  furto della documentazione contabile mentre veniva portata dalla vecchia sede alla nuova sede.

Gli uomini della Finanza hanno scoperto che si trattava solo di un modo per impedire gli accertamenti degli organi inquirenti e creare le condizioni per impedire la ricostruzione delle movimentazioni societarie: infatti, il trasloco neppure ci poteva essere stato, considerato che la nuova sede era all’epoca della denuncia sottoposta a sequestro.