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Avvocati, il Consiglio di stato salva l’Ordine. Ma a tempo: “Le regole di elezione non appaiono democratiche. Il Tar si pronunci”. Le incognite

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Il presidente dell'Ordine di Messina, Vincenzo Ciraolo

Il presidente dell’Ordine di Messina, Vincenzo Ciraolo

I Consigli dell’Ordine degli avvocati dell’intera Italia, Messina compresa, sono salvi. Almeno per ora. Ma il Tribunale regionale del Lazio dovrà pronunciarsi al più presto nel merito sulla legittimità del regolamento di elezione degli organismi rappresentativi dei legali, in base al quale si erano tenute le elezioni il 15 gennaio 2015.

E’ questa la sostanza della pronuncia di oggi 18 febbraio 2015 del Consiglio di Stato, cui si erano rivolti organismi degli avvocati e singoli legali perdenti davanti al Tar del Lazio, che il 15 gennaio 2015 con ordinanza cautelare aveva rigettato il ricorso volto all’annullamento del regolamento adottato con un decreto del ministero della Giustizia del 10 novembre del 2014 e, di conseguenza, delle stesse elezioni.

Tecnicamente, quella del Consiglio di Stato è un’ordinanza di accoglimento ma solo a fini della sollecita definizione del merito da parte del Tribunale amministrativo regionale che si era occupato della vicenda in prima battuta.Il Consiglio di Stato tuttavia nella pronuncia ha ipotecato la decisione del Tar Lazio scrivendo che  “appaiono condivisibili le censure che evidenziano il contrasto tra la disciplina dettata dalla legge n. 247 del 31 dicembre 2012 e il regolamento impugnato in merito alla tutela delle minoranze che, in un ente pubblico di carattere associativo, ben rifluiscono sui temi dell’imparzialità dell’amministrazione”.,

I ricorrenti, tra cui c’è Associazione Nazionale Forense e il legale del Foro di Messina Alessia Gorgianni (più, precisamente, interveniente), avevano infatti lamentato che il nuovo regolamento penalizza le minoranze di genere e mortifica la reale democrazia.

MA NON E’ DETTO CHE…

L’eventuale accoglimento del ricorso da parte de Tar con annullamento del regolamento non significa automaticamente anche quello delle elezioni che si sono già tenute. Sulla validità delle elezioni è infatti competente a pronunciarsi il Consiglio nazionale forense, cui è necessario ricorrere entro stretti termini previsti a pena di decadenza.

Il Tar aveva rigettato il ricorso ritenendo non vi fosse il fumus, ovvero l’apparenza ad un primo esame della fondatezza delle doglianze, presupposto necessario insieme al periculum (ovvero al pericolo di un danno grave ed imminente) per accogliere un ricorso in via cautelare.

A Messina le elezioni hanno dato all’Ordine come presidente Vincenzo Ciraolo.

Test medicina, risarcimenti ad orologeria. Il Consiglio di Stato riammette due studenti e condanna l’ateneo di Messina a pagare 10mila euro

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test

«Gli aspiranti medici bocciati ai test dichiarati invalidi non hanno solo diritto a frequentare i corsi a numero chiuso di Medicina ma anche al risarcimento dei danni». Mentre i Tribunali amministrativi della Penisola sono invasi da ricorsi che denunciano la violazione dell’anonimato anche nelle ultime prove dell’8 aprile del 2014, , dopo che un clamoroso autogol del Ministero aveva viziato la tornata precedente del 9 settembre del 2013,  arriva dal Consiglio di Stato una sentenza che fa venire i brividi a Viale Trastevere, nei piani alti del ministero dell’Università guidato da Stefania Giannini.  I giudici di Palazzo Spada, infatti, ordinando l’ammissione di due  studenti bocciati alle prove di alcuni anni fa per l’accesso alla facoltà di Medicina dell’Ateneo di Messina hanno fissato per la prima volta un principio dagli effetti dirompenti: «A causa delle illustrate inadempienze riscontrate nell’attività dell’amministrazione (violazione dell’anonimato), le ricorrenti sono state illegittimamente private della possibilità di iscriversi alla facoltà cui aspiravano e hanno subíto di conseguenza danni, anche economici, determinati dal ritardato ingresso nel mondo del lavoro con perdita di chance, che si quantificano in via equitativa in euro 10mila (più le spese legali di 5mila euro) che l’Università di Messina dovrà sborsare», hanno disposto i magistrati il 9 giugno 2014.

Casse degli atenei a rischio

La decisione mette a rischio le già disastrate casse degli atenei. Sono circa un migliaio, infatti, i giovani che hanno fatto ricorso contro il test del 2013 e che sono ancora in attesa del verdetto dei magistrati. Se ottenessero ragione per loro adesso scatterebbe il risarcimento da 10mila euro. Per le università, invece, si tratterebbe di un salasso valutabile in almeno 15 milioni di euro. Senza contare le migliaia di studenti delusi dal test di aprile scorso per l’ammissione all’anno accademico 2014/2015 che si sono affidati alle carte bollate. «Il principio è rivoluzionario, ma fondato già a lume di buon senso. Allo stato, al risarcimento potranno accedere tutti coloro che grazie ad una sentenza con uno o più anni di ritardo hanno ottenuto di accedere al corso di laurea e i candidati che hanno partecipato al test del 2013 invalido “per disposizione ministeriale” e ancora non ammessi dai giudici», sottolineano in coro Santi Delia e Michele Bonetti, i legali dell’Udu (Unione degli universitari) autori del ricorso vincente.

Il concorso del 2013 e le regole di identificazione «viziate»

Era stata la violazione dell’anonimato a indurre nel dicembre del 2013 il Tar di Palermo a sancire l’invalidità delle prove tenute il 9 settembre del 2013. I magistrati avevano bocciato le modalità di identificazione dei candidati e quindi il Miur, reduce in quei giorni dalle polemiche sul bonus maturità (prima eliminato, poi con le prove già svolte, ripristinato) chiuse con una sanatoria che aveva obbligato gli atenei a ripescare 2 mila ragazzi inizialmente esclusi. La commissione di esame palermitana, infatti, si era limitata a seguire le direttive dettate a tutte le Università il 13 agosto del 2013 dal ministero. Allo stesso modo hanno fatto tutte le altre Commissioni. «Risulta che i candidati hanno dovuto compilare la scheda anagrafica prima dello svolgimento dei test e l’hanno tenuta esposta sul banco accanto al documento di riconoscimento», ha osservato il Tar: proprio quello che aveva ordinato il dirigente generale Daniele Livon nelle Linee guida per lo svolgimento delle prove. Per i giudici «queste modalità hanno consentito la conoscenza del codice identificativo abbinato a ciascun candidato prima della compilazione dei questionari, con conseguente rilevante violazione dell’anonimato e possibilità, quanto meno in astratto, dell’alterazione dei risultati».

Quei mille studenti che potrebbero avere diritto al risarcimento

Le argomentazioni del Tar Palermo sono state in seguito condivise a più riprese dal Consiglio di Stato inducendo  lo stesso ministero dell’Istruzione a modificare  le modalità d’identificazione alla viglia del test di aprile.  Le porte degli atenei si sono così aperte via via per centinaia di studenti. Ma ce ne sono ancora  circa un migliaio che, in attesa del verdetto dei giudici, hanno già perso un anno di studio. Quando finalmente  arriverà la sentenza, non sarà più solo l’Ateneo di Messina a dover pagare  30  mila euro per i «suoi» due ricorrenti. Anche tutte le altre università condannate  per violazione dell’anonimato subiranno un analogo salasso. E la cifra totale è da capogiro:  15 milioni di euro.

di Michele Schinella per Corriere.it

http://www.corriere.it/scuola/universita/14_luglio_10/test-medicina-bomba-orologeria-risarcimenti-e80375bc-0849-11e4-9d3c-e15131ae88f3.shtml