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Il consigliere comunale Donatella Sindoni era ineleggibile. E’ arrivato il responso dell’Ufficio legale della Regione. Un anno prima un servizio giornalistico aveva denunciato il caso

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Donatella Sindoni

Donatella Sindoni

C’ è voluto un anno, ma alla fine l’Ufficio legale e legislativo della Presidenza della regione Sicilia si è trovato d’accordo con la legge e la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Donatella Sindoni non poteva ricoprire la carica di consigliera comunale. Al momento delle ultime elezioni di maggio del 2013 era infatti ineleggibile. Per l’esponente politico eletto sotto le insegne del Pd, promotrice subito dopo le lezioni, insieme al collega Santi Zuccarello del gruppo Missione Messina e passata di recente a Grande sud, adesso dovrebbe scattare la decadenza.

Il tema della sua ineleggibilità fu sollevato da un’inchiesta giornalistica pubblicata sul blog www.micheleschinella.it il 22 giugno del 2015, in cui ne venivano spiegati i motivi di fatto e di diritto.

A seguito della pubblicazione del servizio, Giovanni Cocivera, il primo dei non eletti del Pd, inviò, due giorni dopo, il 24 giugno del 2015 una lettera al presidente del Consiglio comunale, Emilia Barrile, chiedendo di “verificare il fondamento del fatto denunciato nell’articolo di stampa”.

Il presidente Barrile girò la patata bollente al segretario generale Antonino Le Donne; questi, dopo aver acquisito le deduzioni del legale di Donatella Sindoni, Antonio Catalioto, non se la sentì di decidere e, a sua volta, passò la palla, in data 1 dicembre del 2015, al Dipartimento regionale Autonomie locali. Tre mesi e 20 giorni dopo, il 21 marzo del 2016, della questione fu investito l’Ufficio legale della Presidente della Regione che alla fine ha deciso per l’ineleggibilità.

Donatella Sindoni reagì al servizio giornalistico con una nota stampa diffusa dal suo collega Santi Zuccarello che ipotizzava complotti a suoi danni e sprizzava la tranquillità che le aveva trasmesso il suo legale Catalioto, per il quale l’articolo era fondato sul nulla: “Una bufala”, la definì. La nota fu ripresa acriticamente da giornalisti avvezzi al ruolo di addetti stampa.

L’autore del servizio giornalistico fu così costretto a tornare sulla vicenda con un corsivo  (vedi servizio) del 2 luglio del 2015.

Donatella Sindoni non era eleggibile perché all’epoca delle lezioni era (proprietaria) e rappresentante legale di una struttura sanitaria (laboratorio di analisi) convenzionato con l’Azienda sanitaria provinciale di Messina.

Infatti, l‘articolo 9 della legge regionale 31 del 1986 (articolo 9) stabilisce “l’ineleggibilità del rappresentate legale della struttura convenzionata con l’Asp”. 

In realtà, Donatella Sindoni, già in precedenza (tra il 2005 e il 2008) ha esercitato le funzioni di consigliere comunale pur trovandosi nella stessa identica situazione di ineleggibilità.

Nel frattempo, Giovanni Cocivera, l’aspirante consigliere comunale, ginecologo dell’azienda “Papardo” è finito sotto inchiesta penale e agli arresti domiciliari con l’accusa di aver praticato aborti illegali.

IL CORSIVO: La consigliera Sindoni grida al complotto e si vanta di scoprire e denunciare il malaffare, ma sulla sua ineleggibilità scambia lucciole per lanterne. E il suo legale Antonio Catalioto le dà una mano

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Donatella Sindoni e Santi Zuccarello

Donatella Sindoni e Santi Zuccarello

L’ineleggibilità di Donatella Sindoni? E’ frutto di un complotto teso a zittire una consigliera comunale che dà troppo fastidio. Di più, è opera dei suoi avversari politici all’interno del Pd (e del primo dei non eletti Giovanni Cocivera ridestatosi  a distanza di due anni dalle elezioni), che per toglierla di mezzo usano “comportamenti discutibili”. A sostenerlo è la stessa biologa prestata alla politica, in una nota inviata a tutta la stampa dal collega Santi Zuccarello.

I comportamenti “discutibili” – pare di capire – coinvolgono come attore il giornalista autore del servizio “ad orologeria” – per usare le parole della consigliera del gruppo Missione Messina – con cui è stato sollevato il tema della sua ineleggibilità (vedi articolo), inducendo Cocivera a chiedere al presidente del Consiglio comunale di verificare se quanto raccontato nell’articolo sia vero.

Volendo semplificare, secondo la consigliera il giornalista è stato imbeccato e ha scritto per fare una cortesia a suoi avversari: come se per chiedere la decadenza ci fosse bisogno di un articolo di giornale.

Simile insinuazione, perché di questo di tratta, aggravata dall’essere espressa in maniera indiretta e subdola, è smentita dalla logica e non meriterebbe neppure un rigo di commento, tanto è penosa.

Ma poiché più che il giornalista chiama in causa l’intera professione giornalistica (o quel che ne rimane) qualche rigo è bene sprecarlo. Almeno per rassicurare e i lettori.

Donatella Sindoni e i signori che la (mal) consigliano possono stare tranquilli.

L’autore del servizio indigesto non conosce le dinamiche interne al Pd; non è informato dei giochetti  di corrente; non frequenta nessun esponente politico (di nessuna formazione); non ha nemmeno i loro numeri di cellulare. Non l’ha mai avuto neppure del signore che sul Pd ha regnato incontrastato per un decennio, nella cui segreteria non ha mai fatto anticamera. Non sapeva neppure chi si sarebbe avvantaggiato dell’ eventuale decadenza della Sindoni. Non ha mai avuto rapporti di nessun tipo, né diretti né indiretti, con Giovanni Cocivera, che per puro caso ha incrociato per qualche secondo a Palazzo Zanca, l’ultima volta non meno di 4 anni fa.

Si può capire che tutto questo, visti gli esempi mirabili di giornalismo che ogni giorno toccano con mano, per la consigliera comunale e per i suoi accoliti, sia molto difficile da credere. Ma, purtroppo per loro, è la pura e semplice verità.

Il giornalista aveva avuto l’intuizione dell’ineleggibilità al momento delle amministrative ma non fu lui ad occuparsene per il giornale per cui scriveva e quindi non approfondì la vicenda; gli tornò in mente occupandosi del contenzioso tra la Regione e i laboratori di analisi; controllò l’intuizione almeno 8 mesi fa e, libero da mesi da impegni di lavoratore dipendente, l’ha scritta sul suo blog 10 dieci giorni fa, giusto perché è riuscito a concentrarsi per due giornate di fila. Con un unico obiettivo, il solo che ha sempre avuto: informare i pochissimi che lo leggono.

Donatella Sindoni grida ai complotti e perde tempo in vacue elucubrazioni, pensando così di eludere la sostanza del tema che rimane sul tappetto.

Era o non era ineleggibile?

La biologa si dice serena perché il suo legale le ha detto che “era perfettamente eleggibile”.

Chi è il suo legale? Lei non lo vuole dire, ma scoprirlo è un gioco da ragazzi: Antonio Catalioto, l’avvocato che sollevò con successo l’illegittimità costituzionale del cumulo di incarichi di sindaco e deputato regionale di Giuseppe Buzzanca. 

Più precisamente, la Sindoni scrive che la norma ostativa alla sua elezione è stata dichiarata incostituzionale, quindi non esiste nell’ordinamento giuridico.

Se è così, dunque, il giornalista ha preso una cantonata e il problema è risolto. Di cosa si deve ancora discutere?

Fatta da chi si vanta di andare spesso in Procura (in compagnia del collega Zuccarello) a denunciare il malaffare, questa affermazione preoccupa. E non poco.

Leggere e comprendere una norma e, soprattutto, verificare se la Corte costituzionale l’abbia annullata per un esponente politico normodotato e abituato come la Sindoni a studiare atti amministrativi con tale perizia da trovarvi il marcio, non dovrebbe essere così difficile.

Eppure, la Sindoni non è riuscita nell’impresa di fare questa cosa semplicissima (a dispetto della straordinaria attività ispettiva quotidiana). E non ci sono riusciti neppure i giornalisti (o meglio, addetti stampa) che hanno portato-voce a simile sciocchezza senza controllarne la fondatezza, come pure richiede (rebbe) la legge professionale.

La norma della legge regionale 31 del 1986 (articolo 9), che stabilisce “l’ineleggibilità del rappresentate legale della struttura (non della responsabile, come scrive la Sindoni) convenzionata con l’Asp” è assolutamente vigente come un qualunque studente delle scuole medie può verificare (vedi norma).

Non c’è stata nessuna sentenza della Corte costituzionale che l’abbia annullata.

Antonio Catalioto, invece, da quanto riferisce lo stesso avvocato telefonicamente, ha tranquillizzato la Sindoni con argomentazioni diverse. Ad essere annullata nel 2009 dalla Corte Costituzionale è stata la norma nazionale, recepita integralmente da quella regionale; dunque, quest’ultima, egualmente in contrasto con la Carta costituzionale, a cascata – secondo il legale – finirebbe per essere caducata. Non solo: la norma, emanata negli anni 80′, quando i Consigli comunali nominavano i componenti del comitato di gestione delle Ausl, avendo come ratio evitare i conflitti di interesse in capo ai consiglieri/titolari di strutture sanitarie convenzionati con le stesse aziende sanitarie,  non ha più ragione d’essere da quando quest’ultime hanno cambiato forma giuridica e nulla hanno a che fare con i Comuni.

Tuttavia, se la tesi tranquillizzante è questa, la Sindoni ha molto da agitarsi.

La norma nazionale (articolo 60,co 1,n°9 Testo unico Enti locali ) che disciplina l’ineleggibilità dei consiglieri comunali nel resto d’Italia, infatti, è perfettamente vigente.

Una pronuncia della Corte costituzionale, in effetti, nel 2009 c’è stata. La sentenza numero 27 , però, ha soltanto dichiarato la norma nazionale (articolo 60, appunto) incostituzionale nella parte in cui era prevista l’ineleggibilità anche “del direttore sanitario delle strutture sanitarie convenzionate con l’Asp”. Causa di ineleggibilità questa, che la norma regionale mai ha previsto.

Ma c’è di più. Secondo l’ultima giurisprudenza della Cassazione la ratio della norma non è quella declinata dal legale Catalioto. Come scrivono gli ermellini nella sentenza 13878 del 2001, che ha ritenuto legittima la decadenza del primo degli eletti al Consiglio del comune di Guidonia Montecelio titolare di 4 laboratori di analisi convenzionati, la ratio è ” la captatio voti da parte del titolare di strutture private, che la condizione di ineleggibilità in esame tende ad evitare”. Scrivono ancora i giudici, rendendo ancora più fragile la tesi del legale della Sindoni: “(….) è stato del resto già sottolineato come l’ineleggibilità dei rappresentanti delle strutture private convenzionate trovi precipua ragione nel fatto in sè della operatività territoriale della concessione, in correlazione alla operatività “locale” della struttura sanitaria (che è rimasta, a sua volta, immutata anche nel quadro della nuova organizzazione delle U.S.L., che le ha convertite in aziende che agiscono come entità strumentali della Regione (…)”.

Donatella Sindoni era azionista di maggioranza (95% delle quote), legale rappresentante e direttore del laboratorio di analisi “Studio diagnostico Sindoni di Donatella Sindoni Snc” convenzionato con l’Asp 5. E non solo nel 2013, al momento dell’ultima tornata elettorale, ma anche tra il 2005 e il 2008, quando occupò la poltrona a palazzo Zanca benché fosse egualmente ineleggibile.

Forse la Sindoni ha fatto confusione, forse ha fatto confusione il suo legale. Quello che è certo è che i cittadini, da coloro che hanno eletto e retribuiscono, più che denunce in Procura, conferenze e comunicati stampa veicolati acriticamente da (pseudo) giornalisti più o meno amici e videoreportage populistici, si aspettano fatti concreti e comportamenti coerenti.