Tag Archive for Franco De Domenico

IL COMMENTO: Se il centro sinistra di Pietro Navarra, Antonio Saitta e Franco De Domenico rinuncia a priori a governare la città: il “no” all’alieno Cateno De Luca meccanismo a difesa di un sistema di potere consolidato

Download PDF

Da sx, Franco De Domenico, Antonio Saitta, Pietro Navarra

Da sinistra, Franco De Domenico, Antonio Saitta, Pietro Navarra

 

“Né con Cateno De Luca, né con Dino Bramanti”.

L’ultimo comunicato stampa di Pietro Navarra e Franco De Domenico, vertici del Partito democratico messinese, assomiglia alla dichiarazione di quell’uomo che per giustificarsi del fatto che inspiegabilmente non vuole sposarsi con la sua fidanzata, afferma che non si sposerà neppure con altra donna che, però, nessuna intenzione e interesse ha di sposarsi con lui, né lui con lei.

Fa sorridere e appare una decisione politicamente illogica se non incomprensibile.

Navarra, infatti, quando ancora era rettore dell’ateneo di Messina scese nell’agone politico tra le file del centro sinistra ritenendo di dover/poter dare il suo apporto di competenze e di valori al buon governo della città di Messina,

In quest’ottica è stata spiegata la candidatura (vincente) a deputato regionale del direttore generale dell’ateneo De Domenico; la sua stessa candidatura (anch’essa vincente) a deputato nazionale e da ultimo quella (però perdente) a sindaco del suo prorettore Antonio Saitta, che in realtà in politica si cimenta da anni.

“Questi valori, queste competenze”, nonostante la sconfitta alle elezioni amministrative del 10 giugno potevano comunque essere messe a disposizione della città.

Sarebbe bastato un apparentamento con Cateno De Luca, al ballottaggio sì ma senza possibilità di poter contare su un alcun consigliere, basato su dei punti programmatici concordati e Navarra, De Domenico e Saitta (sempre che De Luca fosse risultato vittorioso al secondo turno) avrebbero avuto in mano il Consiglio comunale e il potere di vita o di morte del sindaco Cateno De Luca.

Di più, avrebbero azzerato il centrodestra e, soprattutto, messo fuori gioco forse definitivamente dalla politica della città lo sponsor principale di Dino Bramanti, Francantonio Genovese, l’ex rais del Pd a Messina e Sicilia passato dal centro sinistra al centro destra dopo che la magistratura ha disvelato i meccanismi del sistema di clientele su cui si reggeva il suo consenso e quello del Pd (sulla sua responsabilità penale, da tenere separata da quella politica ed etica, si pronunceranno i giudici d’appello e quelli della Cassazione, dopo la condanna in primo grado a 11 anni)

Politicamente, dal punto di vista della sinistra ovviamente, sarebbe stato un capolavoro: un capolavoro frutto più della buona sorte che di meriti.

Infatti, nel caso di vittoria di De Luca, si sarebbe data alla città la prospettiva  di un governo più stabile e – ammettendo che ciò che disse Navarra sia fondato – più competente; il Pd amministrando bene avrebbe potuto costruire le basi per il suo reale rilancio nella comunità, anche fuori da bacino elettorale universitario.

Invece il triumvirato piddino con De Luca non ha voluto neppure iniziare le trattative.

Certo, non sarebbe stato facile “incastrare” il navigato deputato regionale. Ma almeno ci si poteva presentare agli elettori e dire: “Sul piano programmatico ci sono troppe distanze da De Luca”.

Non aver neppure voluto sedersi a un tavolo, ignorando pure che alcuni di quelli che hanno votato le liste a sostegno di Saitta hanno dato la preferenza come sindaco a De Luca, significa allora che alla base della decisione non ci sono ragioni politiche di alto livello.

Nessuno, infatti, le ha spiegate a quel 25 % di cittadini di centro sinistra che hanno votato le liste di centrosinistra: di questi solo il 18% volevano Saitta come sindaco.

Al massimo, ci può essere la speranza che De Luca se diventasse sindaco sarebbe costretto a dimettersi dopo poco tempo perché privo di consiglieri.

L’esperienza anche quella di Accorinti, rimasto in carica con due consiglieri a favore e 38 contro per 5 anni dimostra che si tratta di un’illusione. E’ facile prevedere che De Luca se eletto sindaco rimarrà in sella per 5 anni.

Insomma, la sinistra a Messina rischia quello che è capitato alla sinistra a livello nazionale dopo le ultime elezioni politiche. Non ha voluto trattare in alcun modo con il Movimento 5 Stelle un programma e ha messo quest’ultimo nelle mani di Salvini.

Il risultato? Una politica di governo lontana dai principi e valori della sinistra, con le imbarcazioni cariche di migranti bloccate per giorni in mezzo al mare.

Per certi versi è politicamente più comprensibile il no all’alleanza con De Luca da parte del Movimento cinque stelle: i pente stellati infatti possono dire che De Luca è il vecchio modo di fare politica in cui loro non si riconoscono benché abbiano candidato a sindaco Gaetano Sciacca che grazie alla vicinanza a uno dei principi del vecchio modo di fare politica, Raffaele Lombardo, ha fatto incetta di incarichi: capo del Genio civile, soggetto attuatore l’alluvione di Giampilieri con relativa gestione di centinaia di milioni di euro; commissario del Consorzio per le autostrade siciliane.

E allora se non ci sono motivazioni di tipo politico, cosa c’è che ha impedito a Navarra, Saitta e De Domenico di sedersi a un tavolo con il deputato regionale?

C’è il fatto che Navarra De Domenico e Saitta, anche per storia personale, fanno parte dello stesso blocco di potere rappresentato da Bramanti, Genovese e Germanà, ora contrappposto a De Luca.

Un blocco di potere, fatto di una decina di grandi famiglie allargate, autoreferenziale, impermeabile a ogni contaminazione che invece di includere lascia sempre più gente ai margini; che invece di lavorare per l’emancipazione dei ceti più poveri favorisce le condizioni di bisogno; che invece di assegnare le case che ci sono e sono lasciate vuote lavora per costruirne nuove.

Un blocco di potere che prende le decisioni lontano dalle sedi delle istituzioni e senza seguire metodi democratici e non si cura di cosa accade nelle periferie, se non una settimana prima delle elezioni per fare ipocrite passerelle.

Un blocco di potere, supportato da una stampa nella migliore delle ipotesi mansueta, i cui protagonisti possono pure entrare in rotta di collisione tra di loro ma che appena qualcuno mette a rischio l’intero sistema, per riflesso condizionato si ricompatta.

Non è un caso che ci siano rapporti forti personali e professionali consolidati da anni tra Navarra e Genovese, tra Saitta e  Bramanti, tra De Domenico Genovese e Bramanti, tra quest’ultimo e Giampiero D’alia, sceso in campo a sostegno di Saitta.

Nessuno di loro nella vita professionale ha mai calpestato i piedi dell’altro, anche nei casi in cui avrebbe dovuto per legge.

Cateno De Luca rappresenta l’alieno, l’uomo di paese non avvezzo ai modi felpati e borghesi dei salotti, l’uomo che Saitta e Navarra non inviterebbero a cena a casa loro, colui che potrebbe mettere a rischio gli equilibri: la scheggia impazzita.

Magari non lo è, ma per la gente rappresenta questo.

Per le persone di Camaro o del Cep rappresenta colui che è era ciò che sono loro ora e che parla la loro stessa lingua; colui che è capace di mettersi al loro livello e di non guardarli dall’alto in basso in modo schifiltoso.

Rappresenta colui che è capace di parlare loro guardandoli negli occhi, usando tono forti, anche aggressivi e violenti; colui che non legge in maniera asettica una lezioncina scritta da altri.

Uno capace di farli sentire importanti anche solo per un attimo.

Per la media borghesia esclusa dal blocco chiuso e impermeabile rappresenta chi può abbatterlo o aprire un varco o soltanto dare una schiaffo morale.

De Luca nell’immaginario collettivo rappresenta ciò che 5 anni fa rappresentava Renato Accoriniti.

Il professore di educazione fisica però ha tradito le attese: degli “ultimi”, di quelli che se lo erano rappresentato come fattore di riscatto, non si è mai ricordato.

Attratto dall’incontenibile voglia di essere protagonista, beato di tessere rappporti con chi deteneva il potere, non è stato mai fattore di squilibrio degli assetti consolidati.

Quante volte in cinque anni è andato a Cep? Mai. 

E’ stato superato finanche da Saitta e Navarra che ci sono andati una volta, due giorni prima delle elezioni, trovando la strada per arrivarci grazie a google maps.

IL COMMENTO. Se l’Università diventa teatro di propaganda elettorale, in barba alla sua natura di istituzione neutrale e super partes e alla par condicio tra i candidati

Download PDF

Franco De Domenico

Franco De Domenico

 

“Al termine dei lavori del Consiglio, il direttore generale Franco de Domenico, avrà il piacere di incontrare il personale docente e tecnico amministrativo del Dipartimento”.

La postilla è contenuta in calce all’ordine del giorno del Consiglio di Dipartimento di Scienze cognitive convocato per il 7 ottobre per deliberare su una serie di provvedimenti relativi alla didattica e alla ricerca ed è firmata dal direttore Antonino Pennisi.

Il “piacere” di De Domenico di incontrare “i suoi sottoposti”, gerarchicamente s’intende, non incontrerebbe alcuna riserva se non fosse che (il piacere) venga provato mentre De Domenico, da anni a capo della macchina amministrativa dell’ateneo, è in piena campagna elettorale, alla ricerca di voti decisivi per l’elezione a deputato regionale: è candidato nelle file del Partito democratico, a cui ha clamorosamente aderito anche il rettore Pietro Navarra qualche settimana prima .

Cose simili, con modalità magari diverse, è logico immaginare accadano in queste settimane che precedono il voto del 5 novembre anche a Palermo.

Il Pd, a riprova della scarsa qualità della classe dirigente che annovera, ha pensato di prevalere alle elezioni siciliane pescando nel bacino enorme di voti rappresentato dalle aziende pubbliche più importanti in termini di personale e di potere economico della regione: il rettore Fabrizio Micari è stato candidato a Governatore.

Ad occhio, non si tratta di un buon servizio reso alle istituzioni con più storia e prestigio della Sicilia.

Può un’istituzione pubblica, luogo di confronto di idee diverse, per sua natura neutrale in quanto deputata alla formazione della classe dirigente, alla cultura e alla ricerca scientifica divenire teatro di propaganda politica, essere identificata come istituzione di parte e quindi esposta a giochi di potere e a possibili ritorsioni?

Come ne uscirà la comunità accademica da una campagna elettorale combattuta all’ultimo voto?

Quale potere contrattuale avranno Micari e Navarra se si trovassero a dover chiedere attenzione per i loro atenei tra qualche mese al Governo nazionale retto magari da forze di centro destra?

La discesa in campo dei vertici degli atenei di Messina e Palermo non solo mette a rischio gli interessi e la coesione di un’ istituzione neutrale, ma nella sostanza getta ombre sulla regolarità della competizione elettorale.

Beninteso, De Domenico e Micari appaiono a una lettura superficiale delle norme eleggibili.

La legge regionale siciliana non sembra prevedere queste cariche nel novero di quelle che avrebbero imposto la cessazione dalle funzioni 6 mesi prima delle elezioni, in omaggio al principio della par condicio tra i candidati, che vuole che nessuno si avvantaggi nella competizione elettorale da un ruolo pubblico di particolare rilevanza e potere, esercitando quella che si chiama captatio voti.

E tuttavia un problema c’è. Di sostanza. Etico, quantomeno.

C’è in Sicilia un ruolo pubblico che può alterare di più la competizione elettorale quale quello di vertice degli enti che hanno il maggior numero di dipendenti (docenti compresi, che a loro volta hanno un poter enorme sugli studenti), e gestiscono appalti di lavori e servizi per centinaia di milioni di euro?

Basti solo osservare che per paradosso, se De Domenico e Micari fossero direttore generale del Policlinico di Messina o di Palermo, sarebbero ineleggibili.

Eppure, a scegliere i manager dell’azienda ospedaliere universitarie sono proprio i vertici dell’università e non si vede come possano alterare le competizioni elettorali i vertici del Policlinici e non i vertici degli atenei, organismi più grandi che sui vertici dei Policlinici hanno potere di vita e di morte.

De Domenico e Micari, se in ipotesi l’ordinamento giuridico non li vuole ineleggibili, sfruttano un vuoto normativo.

Mai il legislatore, specie quello nazionale, poteva immaginare che i vertici in carica delle Università scendessero in campo nell’agone elettorale. Mai era capitato.

Micari e Navarra (e De Domenico), comunque vada la consultazione, passeranno alla storia come i rettori che hanno innovato la tradizione e la natura di istituzione super partes dell’Università italiana.

Eppure, legge o non legge, per evitare tutto ciò a Micari e De Domenico sarebbe bastato cessare dalle funzioni e presentarsi al giudizio degli elettori senza potere diretto e gerarchico su migliaia di persone, contando sulla loro storia e il loro valore.

Certo, in caso di insuccesso avrebbero perso in un colpo solo, come si dice, il cane e il guinzaglio.

Ma sarebbero stati apprezzati per aver mostrato che il rispetto delle istituzioni viene prima del “piacere” delle poltrone.

IL CASO: Elezioni universitarie, roulette giustizia. Identico vizio, ma pronunce opposte dagli stessi giudici: il Tar di Catania ammette Gea Universitas di Ivan Cutè assistita dall’avvocato Santi Delia e lascia fuori le altre liste escluse dalla competizione. Proclamazione rinviata in attesa dell’appello al Cga

Download PDF

L'esultanza di Cutè e dei membri di Gea universitas festeggiano

L’esultanza di Cutè (in alto a destra) e dei membri di Gea universitas

Identico vizio, ma responsi diversi da parte degli stessi identici giudici del Tribunale amministrativo regionale di Catania.

L’associazione Gea Universitas, capitanata da Ivan Cutè e patrocinata dal legale Santi Delia, l’ha spuntata..

Le altre associazioni e una serie di candidati a queste appartenenti, invece, no.

Al momento, infatti, benché siano risultati eletti al termine della tornata del 22 e 23 novembre 2016, l’insediamento di quest’ultimi è bloccato dalle pronunce sfavorevoli degli stessi giudici amministrativi di primo grado, già appellate al Consiglio di giustizia amministrativa

Eppure, la loro esclusione dalle elezioni era fondata sul medesimo vizio di diritto e di fatto di quello di Gea Universitas.

Esclusione per tanti

I vertici dell’ateneo, sulla scorta di un parere dell’Avvocatura dello Stato, infatti, avevano escluso dalla competizione elettorale alcune liste e alcuni candidati per violazione della competenza territoriale dei pubblici ufficiali che avevano autenticato le firme necessarie alle candidature: in altre parole, le firme erano state autenticate da sindaci ma fuori dal territorio di competenza.

E ciò era stato desunto dal fatto che sul modulo prestampato usato per l’autentica era stato apposto dal sindaco il timbro del comune della provincia, ma compariva in calce  la dicitura prestampata “Messina”, che in un atto amministrativo indica il  luogo in cui l’atto si compie.

Partecipazione sub judice

Le associazioni e i candidati esclusi si sono rivolti in massa al Tar per chiedere in via d’urgenza un  provvedimento che consentisse loro di partecipare all’elezione  L’organo della giurisdizione, senza contraddittorio, con decreto presidenziale ante causam, li aveva ammessi tutti.

L’esigenza di allineamento

L’ateneo però dopo le elezioni ha sospeso l’insediamento di tutti gli eletti anche di quelli che non erano stati esclusi per irregolarità in attesa che dal Tar arrivassero lumi più certi: “L’insediamento deve avvenire per tutti nello stesso momento. Devono essere temporalmente allineate se non il rinnovo sarebbe molto problematico”, hanno spiegato il rettore Pietro Navarra e il direttore generale Franco de Domenico.

Dal Tar, dagli stessi giudici, infatti, sono arrivate sinora decisioni contraddittorie: favorevoli solo a Gea Universitas e sfavorevoli a tutti gli altri, che hanno appellato.

La proclamazione può aspettare

Dopo l’ordinanza del Tar che dà ragione all’associazione Gea universitas i suoi candidati eletti negli organi dell’Università di Messina potrebbero essere regolarmente insediati: a partire dal senatore accademico in pectore Andrea Celi.

Tuttavia, l’esigenza di allineamento permane. I vertici dell’ateneo stanno valutando così il da farsì. L’opinione che è prevalsa sinora è che prima di procedere all’insediamendo degli eletti di Gea bisogna attendere che si concluda tutta la fase cautelare al Cga, ciò che avverrà entro 15 giorni. Le udienze sono fissate per il 23 febbraio 2016.

Distrazioni di provincia

Gea universitas, specificamente era stata esclusa dalla competizione elettorale universitaria perché alcune delle firme necessarie alla presentazione della lista risultavano autenticate dal sindaco del comune di Brolo con tanto di timbro comunale su dei moduli su cui era indicato come luogo di autentica la città di Messina.

La stessa discrasia, con autentica di sindaci di altri comuni, aveva portato egualmente all’esclusione di altre liste e candidati.

Unico giudice: due pesi e due misure

I giudici Vincenzo Vinciguerra (presidente), Dauno Trebastoni (estensore delle pronunce), e Maria Agnese Barone, occupandosi di quest’ultimi hanno scritto: “Il ricorso appare infondato, in relazione alla circostanza che nel caso di specie è stato violato il principio della competenza del pubblico ufficiale”, hanno motivato nelle ordinanze pronunciate tra dicembre 2016 e gennaio 2017. La convinzione dei tre giudici era così forte che ogni rigetto è stato corredato da una condanna alle spese di 700 euro.

Quando qualche tempo dopo, però, si sono occupati di Gea Universitas il giudizio è diametralmente cambiato: l’indicazione di Messina sul modulo prestampato è diventato un mero errore materiale.

Scrivono i giudici l’8 febbraio 2017 nella motivazione dell’ordinanza cautelare che riguarda Gea Universitas:”Il fatto che il Sindaco autenticante abbia lasciato, in calce al “precompilato” modulo di autenticazione, l’indicazione “Messina”, appare più frutto di errore materiale, probabilmente legato alla disposizione dell’Università, a sua volta fondata sulla erronea supposizione che l’autenticazione delle firme sarebbe certamente avvenuta a Messina, secondo cui il modulo non andava modificato”.

Anche perchè, ha specificato ancora il Tar,  “sul contestato modulo il Sindaco di Brolo ha apposto il timbro del Comune, e tale circostanza rende del tutto verosimile che l’autenticazione sia avvenuta a Brolo”. Esattamente ciò che è accaduto anche in tutti gli altri casi in cui, però, il Tar aveva rigettato

Santi Delia, l’avvocato vincente

L’avvocato di Gea Universitas Santi Delia si è battuto come al solito con grande determinazione e abilità e ha ottenuto i ringraziamenti pubblici di Ivan Cutè.

Delia, ha depositato al Tar un’ “apposita dichiarazione” rilasciata dal sindaco di Brolo, Irene Ricciardello, “nella qualità” (e, quindi, come pubblico ufficiale, ndr) “confermante la circostanza” (cioè che l’autenticazione l’ha fatta  a Brolo e che solo per errore e non alterare il modulo ha lasciato la dicitura Messina, ndr): dichiarazione questa, che i giudici usano nella motivazione per puntellare la decisione favorevole a Gea.

La stessa dichiarazione, da parte dei sindaci di altri comuni, era stata depositata anche nei ricorsi rigettati.

Il precedente confortante

L’avvocato Gianclaudio Puglisi, che ha patrocinato i candidati eletti ma bocciati dal Tar di Catania, commenta: “L’ultima decisione del Tar su Gea universitas per noi è un precedente importante da giocare davanti al Consiglio di giustizia amministrativa nelle prossime settimane”.