Veterinaria, il nuovo ministro «salva» la facoltà bocciata dall’Europa

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MESSINA. L’ex ministra Maria Chiara Carrozza l’aveva cancellata; la nuova, Stefania Giannini l’ha ripescata, ma a metà. Le prove per l’accesso al corso di laurea a numero chiuso di Medicina Veterinaria, fissate per il 9 aprile prossimo, si svolgeranno anche nell’Università di Messina. 
Il neo ministro ha rivisto la clamorosa decisione del predecessore che all’unica facoltà di Veterinaria dell’Italia meridionale da Napoli in giù, da ottanta anni frequentata dai medici degli animali di tutta la Sicilia e della Calabria, per l’anno accademico 2014/2015 aveva assegnato zero posti: senza abilitazione europea e dopo dodici anni dalla segnalazione il verdetto pareva segnato. Sono ora diventati 25 (774 sono quelli messi in palio): erano stati 50 i posti assegnati lo scorso anno. Il ripescaggio è avvenuto perchè i vertici dell’Università si sono impegnati con il ministro Giannini a rimediare in un anno alle mancanze segnalate dall’Europa. Nel decreto firmato il 7 marzo, Giannini dà atto della «rilevanza della certificazione per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina Veterinaria da parte dell’European Association of Establishments of Veterinary Education (Eaeve)»: proprio l’ente europeo che aveva bocciato sonoramente la facoltà messinese, costringendo l’ex ministro al drastico provvedimento.
A seguito del sopralluogo del 18 marzo 2013, l’organismo europeo aveva negato l’accreditamento per 4 gravi criticità cui in 12 anni non si è riusciti a porre rimedio. La prima ed unica visita dell’organismo europeo a Messina, infatti, era avvenuta nel 2001. Dodici anni or sono, l’Eaeve ispezionando l’istituto appena trasferito in una struttura nuova di zecca aveva rilevato le carenze, ordinando di porvi rimedio al più presto: invano. «Assenza di un ospedale per grossi animali. Assenza di un centro clinico mobile. Scarso numero di autopsie su grossi animali. Numero irrisorio di visite ambulatoriali su animali di piccola taglia»: sono questi i motivi alla base della bocciatura. In sostanza, l’ente europeo ha certificato che coloro che si laureano a Messina (sono mille gli iscritti al momento) non svolgono appieno l’attività pratica necessaria alla loro formazione secondo gli standard europei. L’azzeramento del corso di laurea era solo il primo di una serie di effetti a catena divenuti qualcosa di più di uno spauracchio: tagli dei fondi europei e nazionali per la ricerca, perdita del valore legale all’estero e in Italia della laurea. Per evitare il disastro il rettore Pietro Navarra, prima stretto collaboratore e poi, dal giugno 2013, successore di Francesco Tomasello (rimasto in carica per 10 anni), ha fatto valere tutto il suo peso in viale Trastevere. «Abbiamo ottenuto una deroga dal ministro – spiega il rettore – impegnandoci ad eliminare tutte le criticità entro marzo 2015». L’ateneo, dunque, per evitare che l’appuntamento con l’epilogo della storica facoltà sia stato rimandato solo di un anno dovrà fare in 365 giorni ciò che non si è fatto in 12 anni. Anni in cui invece di migliorare la qualità dell’offerta formativa si è pensato ad altro.
Un’inchiesta della magistratura, partita da una denuncia del professor Pippo Cucinotta, fece diventare la facoltà di Veterinaria il simbolo della «parentopoli» nell’Ateneo in cui il 50% di ciascuno dei 1350 docenti ha almeno un omonimo. Gli inquirenti sorpresero il rettore Tomasello e un gruppo di docenti intenti a pilotare un concorso destinato al figlio del prorettore Battesimo Macrì in forza alla stessa facoltà. Le indagini mostrarono che se oltre la metà dei 60 veterinari del corpo docente erano legati da parentela non era per una coincidenza aiutata dai geni. Le manovre per truccare l’esito delle prove sono costate al rettore una condanna a 2 anni e 6 mesi per abuso d’ufficio e tentata concussione e severe pene a 10 docenti. In un passaggio della sentenza i giudici per rappresentare il malcostume mutuarono l’intercettazione di un colloquio tra un docente di Veterinaria e un collega di altra facoltà: «…concorsi… figli… troppi figli, troppi interessi…. Veterinaria cè imparentamento dell’83,90%… Di norma la tecnica è sempre questa…. di creare il posto e poi non ci deve essere nessun candidato… è una cittadella chiusa, tu non entri».

Di Michele Schinella per Corriere.it

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