I sostituti della Dda Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio
I sostituti della Direzione distrettuale antimafia, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, avevano cambiato idea e chiesto l’archiviazione.
Il Giudice per le indagini preliminari invece è rimasto fermo sulla sua convinzione.
Per il magistrato Monica Marino il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano, ex capo della mafia di Barcellona, non solo ha intavolato trattative con l’imprenditore Tindaro Marino per rilasciare nuove e diverse dichiarazioni che ne alleggerissero la posizione in vista del giudizio della Cassazione per concorso esterno alla mafia e di quello della Corte d’appello diretto al sequestro di tutti i beni, ma queste dichiarazioni di favore il 30 settembre del 2015, in presenza dei suoi difensori, Mariella Cicero e Fabio Repici, e del difensore di Marino, Salvatore Silvestro, le ha pure rese.
Il giudice Marino ha così ordinato alla Procura di disporre l’imputazione coattiva nei confronti di Carmelo Bisognano, di Tindaro Marino e di Angelo Lorisco, ovvero colui che teneva i rapporti tra Bisognano, in località protetta dal momento dell’inizio della collaborazione avvenuta nel 2010, e Marino, all’epoca agli arresti domiciliari.
Il reato contestato è di False dichiarazioni al difensore rilasciate nell’ambito delle investigazioni difensive.
La strumentalizzazione del ruolo di collaboratore
Era stata proprio il Gip Marino il 18 maggio del 2016 a ordinare gli arresti del collaboratore di giustizia per una serie di ipotesi di reato emerse nell’ambito dell’inchiesta “Vecchia Maniera”, condotta dal commissariato di Barcellona pozzo di Gotto diretto da Mario Ceraolo.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, a Bisognano veniva contestata l’intestazione fittizia di beni, la tentata estorsione e soprattutto di aver stretto, tramite il suo uomo di fiducia Lorisco, un vero e proprio pactum sceleris con Tindaro Marino, in forza del quale il collaboratore avrebbe dovuto fare dichiarazioni di favore e Marino lo avrebbe aiutato a rilanciare l’attività di un’azienda, la Ldm Costruzioni Srl che Bisognano attraverso dei prestanome aveva costituito già nel 2013.
La richiesta di misura cautelare era stata avanzata qualche giorno prima proprio da Cavallo e Di Giorgio, i due sostituti che ne avevano gestito sin dall’inizio la collaborazione, determinante per mandare in carcere e a processo una serie di esponenti della mafia di Barcellona.
I due pm si erano fatti delle convinzioni salde sull’esistenza del pactum sceleris e sull’attuazione dello stesso e avevano convinto il Gip Marino.
C’erano infatti molteplici intercettazioni telefoniche e ambientali che attestavano le trattative tra Bisognano e Marino.
E c’era la diversità tra il verbale riassuntivo delle dichiarazioni rese il 30 settembre del 2015 e i verbali di quelle rese negli precedenti da Bisognano e che avevano contribuito alla condanna in appello di Marino (vedi ampio servizio sulla vicenda).
La ammissioni di Bisognano….e la tesi difensiva
Il collaboratore di giustizia, un mese dopo gli arresti, ha chiesto e ottenuto di essere interrogato dai due pm Di Giorgio e Cavallo: “Ammetto di aver fatto il patto con Marino e che questi in cambio ha acconsentito entrare come socio occulto nella società Ldm Costruzioni Srl dietro la condizione che facessi nuove dichiarazioni sul suo conto. E’ stato un grave errore e una violazione delle regole che mi imponeva il programma di protezione. Tuttavia, non ho detto il falso né ho cambiato versione rispetto a quanto avessi dichiarato prima“, ha dichiarato in sintesi ai due pm.
Insomma – seguendo il ragionamento di Bisognano – Marino in cambio del suo aiuto economico voleva dal collaboratore delle dichiarazioni di favore; Bisognano ha acceatto la proposta “scellerata”; Marino ha chiesto al suo difensore di sentire Bisognano; questi però poi queste dichiarazioni di favore non le ha fatte; tuttavia, il legale di Marino le ha depositate in Cassazione e in Corte d’appello e Marino stesso è entrato lo stesso in società con Bisognano, offrendo il suo apporto economico per l’attività di Ldm Costruzioni Srl.
In conclusione, Marino – a seguire la tesi difensiva – è stato in qualche modo raggirato da Bisognano.
Folgorati sulla via di Damasco
Di Giorgio e Cavallo dopo aver confrontato la registrazione integrale delle dichiarazioni rese il 30 settembre del 2015 con quelle rese in precedenza, hanno sposato la tesi di Bisognano: “Nelle linee essenziali, le dichiarazioni di Bisognano su Marino non sono cambiate”, hanno scritto nella richiesta di archiviazione.
Se il Gip studia…. e non condivide
Lo stesso lavoro di confronto tra le dichiarazioni del 30 settembre del 2015 e quelle precedenti lo ha fatto il Gip Marino, che è giunto senza esitazioni a conclusioni invece diametralmente opposte a quelle dei due pm.
“Conclusivamente, può senz’altro sostenersi che Carmelo Bisognano, in ossequio ad accordi presi in precedenza con Tindaro Marino, abbia rilasciato false dichiarazioni sullo stesso Marino, in quanto oggettivamente diverse da quelle rese in precedenza, assolutamente più favorevoli in quanto ne attenuano non poco la sua responsabilità penale e ciò al fine di conseguire un’utilità e un vantaggio di non poco rilievo: poter iniziare a svolgere una nuova e lucrosa attività imprenditoriale al riparo da occhi indiscreti”, ha scritto il Gip Marino.
I guai non finiscono mai
Per la costituzione della società LDM Costruzioni srl, intestata a teste di legno, Bisognano è sotto processo davanti al Tribunale di Barcellona per il reato di intestazione fittizia di beni.
Di fronte allo stesso Tribunale sta rispondendo anche del reato di Tentata estorsione commessa i confronti di Giuseppe Torre, titolare della società Torre Srl, che – secondo l’accusa – Bisognano voleva costringere a cedergli dei lavori prospettando la possibilità di fare dichiarazioni accusatorie che coinvolgessero esponenti della famiglia Torre.
Nell’inchiesta Vecchia Maniera è emerso che il collaboratore non solo tesseva la sua trama volta a tornare a operare economicamente, ma grazie alla complicità degli uomini della scorta si muoveva a suo piacimento in località protetta, incontrando persone di Barcellona e altri collaboratori di giustizia. E soprattutto aveva accesso alla banca data della polizia.
La Procura di Roma per quest’ultima condotta, declinata in termini di Violazione del segreto d’ufficio venerdì 7 luglio 2017 ha chiesto e ottenuto gli arresti in carcere per Bisognano. Ai domiciliari sono finiti due carabinieri della scorta (vedi articolo)
Solo un mese e mezzo prima, a distanza di un anno esatto dagli arresti, il Tribunale di Barcellona aveva ordinato la scarcerazione del collaboratore, rilevando tra i motivi per per cui non ci fossero più esigenze cautelari, il fatto che “al collaboratore non fosse stato mai revocato il programma di protezione” (leggi articolo).
Bisognano infatti è rimasto nel programma di protezione benché – come hanno mostrato le indagini del commissariato di Barcellona e come lui stesso ha ammesso – si sia reso protagonista di gravi violazione del regolamento imposto ai collaboratori, a pena di revoca in caso di violazioni.