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La gettonopoli dei politici siciliani. Si firma e lo stipendio è garantito. L’intervista alla consigliera comunale di Messina, Fenech. Che denuncia il sistema. E al deputato regionale Beppe Picciolo, contrario alla riforma

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Una firma e via, magari a sbrigare le faccende personali. Ai consiglieri comunali delle città della Sicilia per garantirsi lo stipendio mensile senza lavorare neppure un minuto e per raggranellarle un altro fatto di gettoni di presenza è sufficiente apporre il nome e cognome. È la legge a consentirlo. Nel resto d’Italia, infatti, i permessi retribuiti per esercitare il mandato di consigliere comunale sono concessi «per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli». In Sicilia, invece, regione a Statuto speciale, una legge regionale, refrattaria a quella nazionale, prevede che «i consiglieri hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli». Nella penisola per legge è essenziale «partecipare», in Sicilia è sufficiente «convocare» e «firmare». Ecco perché nella più grande delle isole l’attività politica dei Consigli comunali è fondata sulle convocazioni e quella del consigliere ha un rito quotidiano come bere il caffè: impugnare la penna per un istante. Per dimostrare la partecipazione ai lavori del Consiglio o di una commissione basta varcare il portone del Municipio. Non conta che la seduta non si tiene per mancanza del numero legale o il consigliere va via prima che i lavori terminino: il diritto a non sottoporsi quel giorno alle direttive del proprio datore di lavoro neanche un minuto è salvo comunque. A spese del Comune. Si chiamano oneri riflessi: il consigliere non lavora, il datore di lavoro gli anticipa gli emolumenti, il Comune rimborsa tutto. A dare uno sguardo all’organizzazione dei lavori di comuni grandi e piccoli come Gela, Messina, Siracusa, Agrigento e Palermo, non c’è giorno feriale in cui non sia convocata almeno una seduta. E non c’è consigliere/lavoratore dipendente che non figuri presente. Una sola seduta però vale (in media) solo 60 euro di gettone. Troppo poco per raggiungere l’importo complessivo mensile massimo, fissato in un terzo all’indennità di sindaco. Perché rinunciarvi? Scandagliando ancora i dati raccolti dai deputati regionali del M5Stelle, autori di un’inchiesta ispettiva, emerge che le sedute pullulano come i fiori a primavera.

Festival delle convocazioni
A Gela, comune di 75mila abitanti, nel 2014 si sono tenute 1.274 sedute di commissioni e 76 di Consiglio: una media di 3 sedute al giorno, festivi compresi. Stessi ritmi, più o meno, a Misterbianco. A Siracusa, nello stesso anno, i consiglieri sono stati affannati da 1.257 sedute. A Messina, si è viaggiato intorno a 45 sedute al mese. Cento chilometri a sud, ad Acireale, in 7 mesi si sono svolte 853 sedute, alcune giustificate da improbabili visite a presepi viventi o ad aziende agricole; 19 sedute sono servite per leggere i verbali delle precedenti sedute e organizzare le future. «Salve delle eccezioni, come Ragusa o Enna, c’è una lievitazione di sedute inutili la cui unica logica è percepire quanti più gettoni possibile», commenta Stefano Zito, deputato del M5stelle all’Ars. «Dalla lettura dei verbali – aggiunge il deputato che sulla vicenda ha condotto un’indagine ispettiva – si evince che la partecipazione è spesso fantasma come, talvolta, le stesse sedute». Virtuali sono state – secondo l’ipotesi della Procura di Agrigento – una buona parte delle 1.185 sedute in cui tra gennaio e ottobre del 2014 si sono cimentati i consiglieri comunali della città della valle dei Templi. Beccati con le mani nella marmellata, sono stati costretti alle dimissioni dalle proteste di piazza.

Caso Messina
Non che tutti i consiglieri si limitino a firmare. Ce ne sono che lavorano alacremente nell’interesse della cosa pubblica. C’è chi, indignato dall’andazzo, tenta di porvi rimedio. Lucy Fenech, neofita della politica, eletta a giugno 2013 al Consiglio comunale di Messina, rimase sconcertata nel vedere colleghi che firmavano la presenza della seduta in prima convocazione (mai tenuta) e poi non si vedevano per tutta la giornata. Propose la modifica del regolamento in modo che gettoni e permessi scattassero solo in caso di effettiva partecipazione. Apriti cielo. I colleghi reagirono a muso duro. Nel frattempo, si sono attrezzati per massimizzare gli effetti di una sentenza della Corte costituzionale che da dicembre del 2013 aveva portato da 1.500 euro a 2mila e 200 mensili l’ammontare massimo dei gettoni. D’incanto, le 29 presenze mensili sino a quel momento sufficienti a totalizzare il massimo, sono diventate 39. L’utilità concreta di tutte queste sedute? «Obiettivamente le commissioni producono davvero poco», ammette la Fenech. A marzo del 2015 gli agenti la Digos hanno sequestrato tutti i verbali.

Fantassunzioni
C’è chi al momento dell’elezione è disoccupato, ma riesce a trovare un imprenditore «compiacente» che li assume. Tanto non costa nulla, visto che il consigliere in azienda non ci metterà piede. «Fantassunzioni», le hanno definite gli esponenti del Movimento5 stelle. A Siracusa, 6 consiglieri comunali e 7 imprenditori sono finiti sotto inchiesta per truffa. A Messina, sotto processo ce ne sono due. Nel corso passata legislatura, non contenti di arrotondare i loro guadagni con 2mila e 200 euro di gettoni di presenza mensili (uno di questi ha la pensione e l’altro il reddito di dentista), hanno trovato la cooperativa giusta che li assumesse come dirigenti a 4mila euro al mese. Inutile dire che la coop non ha sborsato neppure un centesimo dei 130mila euro (65mila a testa) corrisposti dal Comune. «Tanto è facile il giochetto che se s’indagasse, si scoprirebbero decine di casi simili», sottolinea il grillino Zito.

I dati impietosi
Il confronto tra quanto si spende in Sicilia e quanto nel resto d’Italia sotto la voce Indennità e rimborsi degli organi istituzionali è impietoso. Secondo i dati trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ad esempio, nel 2014 la città di Messina ha speso 3milioni e 700mila euro per indennità e rimborsi; Verona, città con un numero equivalente di abitanti, neppure la metà: un milione e 457mila euro; Bologna con un numero di abitanti una volta e mezzo quelle di Messina, ha speso 2milione e 450mila euro. A Catania, gli organi di amministrazione sono costati 3 milioni e 300mila euro, quasi un milione in più della città emiliana, che conta 60mila abitanti in più. Palermo ha sborsato 5 milioni e mezzo di euro, contro 4milioni e 353mila di Torino: un milione e 200mila euro in meno e 250mila abitanti in più.

Sforbiciata mancata
Tra coloro che percepiscono gettoni e oneri riflessi in terra siciliana ci sono mille e 600 consiglieri e assessori in più di quanti ce ne dovrebbero essere se fossero applicati gli standard nazionale. Il legislatore isolano, infatti, non ha voluto saperne sinora di recepire la norma della Finanziaria del 2009, che ordinò una sforbiciata del numero dei consiglieri e dei membri delle Giunte innalzando il rapporto tra cittadini e rappresentanti. Una semplice norma se approvata farebbe risparmiare 48 milioni di euro all’anno. Sparirebbero così 1.600 poltrone di assessori e consiglieri comunali in più rispetto al resto d’Italia.

Riforme stralciate
Al suo arrivo in Sicilia a ottobre del 2014 Alessandro Baccei, il supertecnico nominato assessore all’Economia dal Governatore Rosario Crocetta, si rese conto che la normativa regionale fosse molto permissiva: «Va cambiata» disse, raccogliendo mugugni a destra e sinistra. Sei mesi dopo sull’onda dell’indignazione della gente e delle inchieste della magistratura Crocetta ha presentato un emendamento alla Finanziaria per ridurre il numero dei consiglieri e degli assessori, le indennità e per fare in modo che «convocare» e «firmare» non fossero più sinonimi di «partecipare». Il mondo politico, grillini a parte, è insorto. Beppe Picciolo, deputato dei Democratici per le riforme, è netto: «Crocetta sbaglia». Il presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando (sindaco di Palermo) ha sottolineato: «È’ populismo. Non si può pensare di risolvere i problemi della Sicilia tagliando le indennità degli amministratori pubblici locali. Giusto, invece, adeguare la normativa regionale a quella nazionale». Il primo aprile l’emendamento è stato stralciato.

 

Dal corriere.it