Tag Archive for Renato Accorinti

Il COMMENTO. L’uscita di scena di Renato Accorinti metafora di un sindaco che ha fallito innanzitutto come uomo

Download PDF

Scambio reciproco di fascia tricolore tra Renato Accorinti e Cateno De Luca

Scambio reciproco di fascia tricolore tra Renato Accorinti e Cateno De Luca



Nessun sindaco uscente era mai riuscito nell’impresa. Ma Renato Accorinti non poteva lasciare Palazzo Zanca senza superare se stesso. Prendersi del “buffone, buffone” all’insediamento del suo successore, al momento dello scambio della fascia tricolore, è in effetti un record difficilmente imitabile.

Eppure, Cateno De Luca, il nuovo sindaco, con lui era stato affettuoso e generoso. Davanti alle decine di suoi sostenitori entusiasti gli aveva riconosciuto il merito di aver aperto un varco nel sistema di potere messinese, di aver migliorato i conti del Comune e gli aveva lasciato la fascia tricolore di sindaco: “So che ci tieni tanto, come ricordo di anni che hai vissuto intensamente. A me ne hanno regalata una nuova”.

Ma poteva Accorinti uscire di scena con classe ed eleganza, come farebbe una qualunque persona con un po di senso delle istituzioni, o anche un qualunque sportivo sconfitto?

Poteva generosamente lasciare spazio al suo successore con parole semplici: “Complimenti per la vittoria, auguri per il vostro lavoro, spero facciate bene per la comunità, considera che se le vostre azioni non mi convinceranno farò sentire la mia voce di opposizione politica”?

No, Accorinti non si poteva smentire.

Doveva essere protagonista anche se lì dove si trovava il protagonista era altra persona e a lui toccava il ruolo di comprimario.

Ecco allora il solito sermone fatto di slogan, che ripete da 5 anni come un disco rotto. Come se fosse l’insediamento suo e non il suo addio o arrivederci.

E poi, infine, le provocazioni, manifestazione di rabbia di un pacifista nonviolento, con riferimenti al tram volante e alla telefonata scherzo di Papa Francesco.

“Buffone, buffone”, era il minimo che si potesse beccare.

De Luca lo ha comunque protetto, pure dal coro. E non ha risposto alle provocazioni, mantenendosi signorile.

Ma lui, non pago, ha ripreso la parola per completare l’opera.

L’opera di un sindaco, divenuto sindaco per caso, in un momento storico particolare segnato da inchieste giudiziarie, che ha pensato di essere divenuto sindaco per qualità sue al punto da ignorare le persone che per lui si erano battute quando nessuno credeva in lui.

Un uomo che per 5 anni si è specchiato nel lago, o meglio negli specchi della stanza del palazzo municipale in cui si è chiuso, scambiando la politica per se stesso, dimenticandosi degli “ultimi” che tanto aveva declamato e occupandosi a tempo pieno di coltivare rapporti con i potenti, magari tentando di rubare loro la scena se troppo potenti: il “Trump, peace no war”, al G7 di Taormina è solo un esempio..

Quello che è accaduto allo scambio della fascia tricolore è la metafora di Accorinti: un uomo che confonde se stesso con le istituzioni, incapace di accettare i suoi limiti e le sue sconfitte, privo di umiltà e generosità, neppure animato da spirito sportivo benché l’unica competenza che abbia sia quella di professore di educazione fisica.Un uomo che pensa ancora di essere sindaco quando non lo è più e si fa appositamente immortalare a bordo della bicicletta che in 5 anni ha usato pochissime volte con la fascia tricolore stretta nel pugno alzato in segno di vittoria, benché abbia palesemente perso.

Un uomo che non è uscito sconfitto (già prima delle elezioni) perché la sua Giunta ha amministrato peggio delle amministrazioni precedenti (anzi, per certi versi, ha fatto meglio) e neppure per la sua incompetenza su tutto (a parte gli slogan), ma per la sua mancanza assoluta di umiltà, che ha portato pure i suoi sostenitori a non volerlo più.

Basti dire che una buona fetta di “Cambiamo messina dal basso”, alla vigilia della campagna elettorale aveva manifestato la sfiducia e l’opportunità di non ricandidarlo.

Un uomo che se i messinesi votano per lui sono “virtuosi e rivoluzionari”, se non lo votano sono “ignoranti e mafiosi”.

Se il nuovo sindaco De Luca con Accorinti è stato generoso e signorile nonostante l’ultimo spettacolo non si può dire la stessa cosa della sua assessora Dafne Musolino.

L’avvocata si è dimenticata del nuovo ruolo istituzionale, o forse non c’è ancora entrata, e si è prodotta su facebook in uno show fatto di improperi all’indirizzo di Renato Accorinti.

Cateno De Luca le affiderà anche la delega al bon ton?

Ufficio stampa del Comune, il generoso “regalo” di Renato Accorinti a Sergio Colosi. Il sindaco induce la Giunta a deliberare l’applicazione del vantaggioso contratto dei giornalisti, in barba alla legge, alla Corte costituzionale e alla Cassazione. Per palazzo Zanca un salasso (non dovuto) di 80 mila euro all’anno. Il precedente di Attilio Borda Bossana

Download PDF

Sergio Colosi

Sergio Colosi

 

La Corte costituzionale e la Corte di Cassazione hanno stabilito che ai componenti degli uffici stampa degli enti locali della Sicilia non è dovuta l’applicazione del vantaggioso contratto collettivo dei giornalisti professionisti. E vada loro applicato quello degli Enti locali, come accade d’altro canto nel resto d’ Italia.

Il sindaco di Messina, Renato Accorinti, e i componenti della Giunta che guida, però, del giudice delle leggi e del massimo organo della giurisdizione se ne sono infischiati.

Hanno così “regalato” al funzionario del Comune Sergio Colosi un contratto di giornalista con qualifica di capo redattore che, a seconda dell’anzianità di servizio, può arrivare a costare per Palazzo Zanca solo di stipendio base circa 120 mila euro all’anno, più o meno 80 mila euro in più di quanto Colosi avrebbe diritto a percepire.

Il regalo è contenuto in una delibera della Giunta voluta fortissimamente da Renato Accorinti.

Ha la forma di una transazione che costerà negli anni a Palazzo Zanca centinaia di migliaia di euro e garantirà a Colosi uno stipendio e un Trattamento di fine rapporto triplo rispetto al dovuto e in misura eguale a quelli di un giornalista che ha la responsabilità di pensare in tempi ristretti un giornale, di coordinare di decine di redattori, di pagare risarcimenti danni per diffamazione: nulla a che vedere con gli impegni di un capo ufficio stampa di un Comune.

L’uso del tempo indicativo futuro è obbligatorio perché dopo l’approvazione della delibera, l’iter che avrebbe concretamente fatto sorridere il giornalista ha avuto una battuta di arresto: l’accordo transattivo a cui la Giunta aveva dato il via libera di fatto non è stato ancora firmato.

 

Trattative sotto traccia

La delibera della Giunta (che ha la firma di regolarità contabile del Segretario generale Antonino Le Donne e di regolarità tecnica del dirigente Giovanni Bruno) è dell’estate: reca il numero 462 ed è del 29 giugno del 2017.

Ma a monte vi è un frenetico lavoro sottotraccia sollecitato da alcuni esponenti dell’organizzazione sindacale dei giornalisti Assostampa (tra questi si è distinto Massimo Passalacqua in versione esperto di diritto) e da diversi “consigliori” del primo cittadino, che hanno preso a cuore la battaglia di Colosi.

Quest’ultimo, infatti, a capo dell’ufficio stampa del Comune  sin dall’insediamento del sindaco Accorinti (giugno del 2013), il 27 agosto del 2015 si è rivolto al Tribunale del Lavoro perché gli venisse riconosciuta la qualifica di capo redattore in applicazione del Contratto collettivo dei giornalisti con richiesta di 45 mila euro di differenze retributive. Aurora Notarianni, sino a due mesi fa assessore regionale ai Beni culturali, il suo legale. Il Comune si è affidato alla competenze di Santa Chindemi, dello studio legale che fu di Angelo Falzea, accademico dei Lincei.

 

Messina, 21/10/2013: il sindaco Renato Accorinti.

Il sindaco Renato Accorinti.

Il cuore di Accorinti batte…. per Colosi

Renato Accorinti, pur alle prese con innumerevoli problemi e con i disastrati conti del Comune, si è innamorato così tanto della causa di Colosi che l’ 1 dicembre del 2016 ha preso carta e penna e ha scritto all’Avvocatura e al Dipartimento risorse umane: “Proponete una soluzione per la definizione del contenzioso”.

La soluzione già trovata dal sindaco e da Colosi è in una transazione: Colosi rinuncia a tutti gli arretrati che gli spetterebbero se gli fosse stato applicato il contratto di giornalista sin dall’inizio della sua avventura all’Ufficio stampa e che aveva chiesto al giudice del Lavoro, il Comune gli applica dal momento della firma della transazione il contratto di caporedattore.

Il dirigente dell’Avvocatura Giovanni Bruno il 7 dicembre del 2016  chiede un parere prognostico sull’esito della causa al legale Chindemi.

Tuttavia, il 3 aprile del 2017, prima ancora che il parere dell’avvocata giungesse, Accorinti manifesta la sua determinazione e, come se già fosse sicuro dell’esito del parere, scrive al Segretario generale, Antonino Le Donne: “E’ intenzione dell’amministrazione cessare la materia del contendere e applicare a Colosi il Contratto dei giornalisti”

Il parere del legale del Comune di Messina, Santa Chindemi, giunge un mese e mezzo dopo, il 17 maggio del 2017: è paradossale, quasi degno del miglior Pirandello, e appare confezionato in maniera tale da accontentare la volontà palese di chi l’aveva chiesto.

“Il Comune per legge e per dictum della Corte costituzionale non può applicare il Contratto dei giornalisti a Colosi e in punto di diritto sono convinta che abbia ragione da vendere come ho rappresentato nelle memorie difensive; ma di recente ci sono state alcune pronunce di Giudici siciliani di primo grado che hanno detto cose diverse. Quindi il Comune potrebbe anche perdere la causa“, ha scritto in sintesi il legale. “Pertanto, si ritiene possibile valutare positivamente l’ipotesi transattiva allo studio“, ha concluso l’avvocata.

Due giorni dopo, il 19 maggio del 2017, l’avvocata Notarianni ribadisce ufficialmente la disponibilità alla transazione.

Il sindaco Accorinti, senza tenere in nessuna considerazione che in ogni caso il potere di transazione che impegna economicamente gli enti pubblici è sottoposto dalla Corte dei conti a limiti molto stringenti, non perde tempo.

Il 25 maggio 2017 ordina al Segretario generale che si proceda con lo schema di transazione da sottoporre all’approvazione della Giunta.

Nel frattempo, la causa davanti al giudice del Lavoro è stata rinviata per due volte  (la prossima udienza è fissata al 2 febbraio prossimo) proprio in attesa che la transazione venga firmata e così dichiarata cessata la materia del contendere.

La Corte di Cassazione dixit

L’avvocata Chindemi si è fermata ad alcune decisioni dei giudici di primo grado siciliani, ma non ha citato la sentenza della Corte Cassazione numero 488 del 2017.

Depositata nella cancelleria l’11 gennaio del 2017 è di 4 mesi prima che rendesse il parere.

Con questa pronuncia, il massimo organo della giurisdizione ha annullato la sentenza della Corte d’appello di Messina che, confermando quella del Tribunale, aveva riconosciuto a Maria Flavia Carilli, in forza all’ufficio stampa della Provincia regionale di Messina, l’applicazione del contratto di giornalista sulla base delle stesse argomentazioni giuridiche su cui poggia il ricorso proposto da Colosi.

Il precedente di Attilio Borda Bossana

Prima di Sergio Colosi, alla guida del ufficio stampa del Comune c’era Attilio Borda Bossana, entrato nell’organico del Comune senza alcun concorso. Collaboratore esterno di Palazzo Zanca sin dal 1980, Borda Bossana nel 1999 ne divenne dipendente in palese violazione dell’articolo 97 della Costituzione.

Grazie a un delibera voluta dal vicesindaco di allora Giampiero D’alia e avallata dal segretario generale Filippo Ribaudo non solo divenne dipendente ma gli fu da subito applicato il contratto di caporedattore.

A cavallo tra 2011 e il 2012, Il settimanale Centonove in una serie di articoli a firma di Michele Schinella raccontò come a Borda Bossana in violazione di legge fosse garantito un trattamento mensile medio di 10 mila euro per 13 mensilità.

Insomma, Borda Bossana (titolo di studio geometra), era il dipendente più pagato di Palazzo Zanca, più di qualsiasi dirigente.

Il sindaco Giuseppe Buzzanca a seguito degli articoli chiese un parere al collegio di difesa, presieduto da Francesco Marullo. Quattro componenti si astennero perché intimi amici di Borda Bossana.

Il parere giunse. Il dirigente del Personale Giuseppe Mauro lo ritenne “incomprensibile e contraddittorio”. Ne chiese uno a chiarimento. Arrivò sul tavolo di Provvidenza Castiglia, dirigente che nel frattempo sostituì Mauro, ma fu secretato.

Qualche mese dopo Giuseppe Buzzanca si dimise.

A ottobre del 2012 a palazzo Zanca giunse il commissario Luigi Croce, ex capo della procura di Messina.

Borda Bossana premiato da Croce

Attilio Borda Bossana (a sx) premiato da Luigi Croce

Una mano lava l’altra…

Passarono 6 mesi e il primo maggio del 2013 Attilio Borda Bossana si mise in pensione, a 62 anni.

A lui andò un trattamento di fine rapporto e una pensione che se non gli fosse stato applicato il contratto dei giornalisti si sarebbe sognato.

Quindici giorni dopo, il 14 maggio del 2013, con delibera numero 47, il commissario Croce eliminò la figura professionale di capo redattore dall’organigramma del Comune e la sostituì con quella di giornalista inserendola nella categoria D3 del Contratto degli enti locali: così come viene fatto in tutti i Comuni d’ italia.

Tuttavia, l’ex magistrato Croce nessuna iniziativa giuridica intraprese per fare chiarezza sul diritto di Borda Bossana di ricevere emolumenti da manager di un’azienda privata.

L’amministrazione Accorinti, che si trovò per le mani la spinosa questione del sontuoso trattamento di fine rapporto reclamato da Borda Bossana, fece a sua volta finta di nulla.

E alcuni anni dopo, mettendo nel nulla pure l’operato del commissario Croce, si appresta, a fine legislatura, a fare di Colosi il nuovo Borda Bossana.

Eppure, che Colosi ora (e Borda Bossana prima) non abbia alcun diritto all’applicazione del Contratto dei giornalisti e alla qualifica di caporedattore e per contro il Comune abbia l’obbligo di non applicarlo a pena di responsabilità contabile, lo ha stabilito indirettamente la sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata su Maria Flavia Carilli.

 

La vicenda in punto di diritto

Per chi ha un minimo di tempo e di dimestichezza con il diritto e non cade (come talvolta anche taluni giudici) nelle trappole fumose tese da avvocati e giornalisti in cerca di privilegi (dopo aver criticato quelli dei politici) la vicenda è di una semplicità disarmante.

La legge nazionale n° 150 del 2000 ha previsto che “Le amministrazioni pubbliche possono (non devono, ndr) dotarsi di un ufficio stampa“.

Per ciò che attiene specificamente la vicenda che riguarda il trattamento economico e giuridico tra gli altri di Colosi, ha precisato che: “Negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall’ attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.

In Sicilia, tuttavia, un legislatore molto attento alle esigenze economiche dei giornalisti emanò una serie di norme nel tentativo di anticipare il contenuto dell’Accordo tra le parti sociali stabilendo in sintesi che: “Ai giornalisti degli uffici stampa degli enti locali siciliani si applica il contratto collettivo dei giornalisti e la qualifica di caporedattore

Queste norme regionali furono spazzate via dalla Corte costituzionale che con sentenza  189 del 5 giugno 2007 ha ribadito in maniera molta chiara un principio pacifico nella giurisprudenza: “I rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione per legge sono regolate dalla contrattazione collettiva al fine di garantire su tutto il territorio nazionale uniformità di trattamento dei lavoratori. Questo principio si impone anche nelle regioni a statuto speciale e quindi limita la potestà legislativa esclusiva della regione Sicilia“, ha concluso la Consulta.

In altre parole, in omaggio al principio costituzionale di uguaglianza non può accadere che il componente dell’ufficio stampa del Comune di Roma guadagni 4 mila euro lordi al mese e quello di Messina arrivi a 10 mila: i dati sarebbero quelli reali se la delibera di Giunta fosse attuata a favore di Colosi.

E’ per evitare queste discriminazioni e per consentire un controllo da parte del Governo e della Corte dei conti sulla spesa pubblica che è stata creata l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale), unico organismo che per legge ha la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni ai fini della firma dei Contratti collettivi di lavoro e può dunque validamente vincolarle.

L’Aran non ha mai sottoscritto un accordo con le organizzazioni rappresentative di categoria dei giornalisti, che avrebbe comunque il limite di non dover determinare nuovi oneri per le finanze pubbliche.

E, dunque, in tutta Italia ai giornalisti che fanno parte dell’ufficio stampa dei Comuni e delle Province si applica il contratto degli enti locali.

L’Accordo di Pulcinella in terra siciliana

La decisione della Corte costituzionale non piacque all’Assostampa Sicilia e cosi si cercò subito il modo per aggirarla.

Il 24 ottobre del 2007 a Palermo si riuniscono per le parti pubbliche: l’assessore regionale alla Presidenza, Mario Torrisi; il presidente dell’Associazione dei Comuni (Anci) della Sicilia; il segretario dell’Unione regionale provincie siciliane (Uprs); per le parti private: il segretario dell’Associazione stampa siciliana (Assostampa) e il presidente della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi).

Stipulano un Contratto.

L’Accordo in sostanza ripristina il principio che la Corte costituzionale aveva spazzato via dall’ordinamento giuridico: ovvero l’applicazione del Contratto dei giornalisti ai componenti degli uffici stampa degli enti locali.

Per tentare di ammantarlo della forza di fonte del diritto, l’Accordo fu pure pubblicato nella Gazzetta ufficiale della regione Sicilia

E’ su questo Contratto che fanno leva le cause proposte in tutta la Sicilia da vari giornalisti in forza all’ufficio stampa dei Comuni (e dallo stesso Sergio Colosi) o delle Province (è il caso di Maria Flavia Carilli) per vedersi riconoscere il trattamento di giornalista.

Il tema determinante su cui alcuni giudici, aiutati talvolta da distratti difensori degli enti enti locali, si sono incartati è proprio questo.

Che efficacia vincolante ha questo Accordo?

Non ci vuole molta competenza per capire che non ne ha alcuna: basti solo osservare che metterebbe nel nulla il principio di uniformità di trattamento richiamato dalla Corte costituzionale.

Può l’Associazione (politica) dei comuni siciliani o l’Unione (politica) regionale delle province siciliane vincolare una pubblica amministrazione nel trattamento giuridico ed economico dei dipendenti dei comuni o delle province? Può l’organo politico Assessore regionale vincolare la regione Sicilia? Certo che no.

Alessandro Garilli, ordinario di diritto del Lavoro all’Università di Palermo, chiamato in causa anni fa sul tema, ha dato la sua autorevole opinione: “E’ carta straccia. E’ stato sottoscritto da chi non ha nessuna competenza a rappresentare i Comuni e le Province o la regione Sicilia. Questa legittimazione spetta solo all’ Aran nazionale per comuni e le province, e all’Aran Sicilia per la Regione”.

Se per assurdo….

Ma, in ipotesi, si consideri pure (per assurdo) che l’Accordo sia vincolante e cioè che chi lo ha sottoscritto avesse legittimazione a farlo impegnando le pubbliche amministrazioni.

Basta dare una lettura attenta al testo per scoprire che è lo stesso Accordo a stabilire  all’articolo 1 che” l’applicazione riguarda il personale degli enti di cui all’articolo 1 della legge regionale 10 del 2000″: è facile, leggendo quest’ultima norma avvedersi che si tratta della “Regione e degli enti sottoposti a controllo o vigilanza delle Regione”.

Quindi per andare al caso di Colosi, il Contratto del 24 ottobre 2007 all’ente Comune neppure si potrebbe applicare.

Ma c’è di più.

E’ sempre lo stesso Accordo (art. 2) a disporre che “l’operativa dello stesso è subordinata alle contrattazioni integrative aziendali”. Che al Comune di Messina non sono state mai fatte e dunque mai potrebbe Colosi invocare davanti ai giudici il Contratto con successo.

Infatti, è la stessa Corte di Cassazione nella sentenza che ha riguardato la Carilli a dichiarare che questo Accordo non abbia alcuna efficacia vincolante per le amministrazioni pubbliche siciliane.

IL CORSIVO. Villa Dante, cercasi giardiniere. Se Accorinti non fosse sindaco l’avrebbe già pulito lui “di pirsona personalmente”… almeno qualche metro quadro, ma solo con telecamere al seguito

Download PDF

Il sindaco Accorinti a villa Dante

Il sindaco Accorinti a villa Dante

 

E’ davvero un peccato che Renato Accorinti sia troppo impegnato a fare il sindaco. Se non lo fosse, si sarebbe già munito di un decespugliatore, un rastrello e avrebbe pulito in un batter baleno Villa Dante: naturalmente solo pochi metri quadri e solo dopo aver allertato i giornalisti, in modo da farsi un po’ di pubblicità ma sempre per lottare per i diritti dei cittadini di fruire di luoghi belli e puliti.

Invece, no. Renato Accorinti è sindaco, purtroppo. E’ super impegnato da 4 anni ormai a palazzo Zanca e Villa Dante, l’unico polmone verde del centro città (peraltro a 50 metri da casa del primo cittadino)  rimane nel degrado assoluto, con bagni impraticabili per il cattivo odore, sterpaglie dappertutto, staccionate divelte, campetto di calcetto distrutto, stradine sconnesse.

La stessa scena di squallore si respira da anni quando si va al campo di atletica dell’ex Gil, a 100 metri di distanza, l’unica struttura sportiva del centro città, luogo in cui Accorinti, tra una lezione di atletica e l’altra, teneva gemeriadi lunghissime sull’inefficenza dell’amministrazione in carica e inscenava proteste contro il degrado in cui la struttura era tenuta: naturalmente sempre dopo aver allertato la stampa.

Se non fosse sindaco, Accorinti sarebbe all’ex Gil, a protestare.

Sarebbe pure a piantare alberi, dove l’ amministrazione che guida li ha tagliati.

Il tutto sostenendo che i problemi di bilancio non possono giustificare che non si riescano a trovare poche migliaia di euro per tenere in condizioni dignitose due luoghi simbolo del grado di civiltà di una comunità: e chi gli avrebbe mai potuto dare torto?

E’ davvero, davvero, un peccato che sia sindaco: non c’è che da essere rammaricati.

La consigliera comunale Lucy Fenech, la più fedele sostenitrice del sindaco Renato Accorinti, organizza meritoriamente da anni un ciclo di incontri dal titolo “I care”. Anche nell’ultimo mese ne ha promosso di interessantissimi.

Solo che “I care” non è una frase ad effetto da spendere per dare senso a un ciclo di conferenze .

I care per come la intendeva Don Milani è un modo di essere, è partecipazione appassionata, è prendere posizione, è lottare concretamente contro il degrado: a partire dalle piccole, piccolissime cose.

L’ultimo incontro che ha organizzato Lucy Fenech qualche giorno fa aveva come tema “Educare alla bellezza”, come antidoto all’abitudine, alla rassegnazione al degrado.

Educare alla bellezza non è solo teoria. L’educazione è fatta di esempi. E’ composta da fatti concreti e coerenti.

Quale educazione alla bellezza possono ricevere i ragazzi della scuola Enzo Drago, solo per fare esempio, di cui Accorinti è docente (in aspettativa), se un albero bellissimo che campeggiava nel cortile è stato tagliato e non ne è stato piantato un altro; se gli adolescenti all’uscita e all’entrata delle scuole vedono sterpaglie alte un metro nelle aiuole e spazzatura dappertutto, che gli addetti alle pulizie non fanno in tempo a pulire perché passano gran parte del tempo di lavoro a disquisire con gli amici;  se mentre tornano a casa trovano auto parcheggiate impunemente sui marciapiedi e sugli scivoli per disabili, agli incroci semaforici, sulla pista ciclabile, ecc, ecc?

Educare alla bellezza è una responsabilità (oltre che della scuola) anche della classe dirigente, quella a cui appartiene Lucy Fenech, il sindaco Accorinti e i suoi assessori, i quali evidentemente al degrado si sono abituati, a meno che non si voglia sostenere che di tutte queste cose, di tutte queste piccole cose eppure simboliche, nulla sappiano perché sono talmente impegnati in riunioni inutili da non poter fare una passeggiata sino a Villa Dante o sino all’ex Gil.

E’ davvero un peccato che Accorinti sia diventato sindaco, perché in questi 4 anni non si è potuto interessare (I care) appassionatamente della città, non ha potuto dare il suo apporto ad educare alla bellezza i giovani e ha pure distolto da questa preziosa attività gli assessori di cui si è circondato.

 

“Accorinti è il sindaco di Francantonio Genovese. Vergognati”. Il Consiglio non approva la mozione di sfiducia e Pippo Trischitta si scaglia contro l’assessore Daniele Ialacqua. Il video dello show del consigliere di Forza italia. La Sindoni attacca la presidente Barrile e la invita a sgomberare il pubblico. Reo di voltarle le spalle: in silenzio

Download PDF

 

“Ventitrè voti favorevoli, 10 contrari, 5 astenuti. Il Consiglio non approva la mozione di sfiducia”.

Il presidente del Consiglio Emilia Barrile ha appena comunicato il responso del voto al termine di 10 ore di dibattito e i sostenitori del sindaco Renato Accorinti intonano “Bella ciao”.

Pippo Trischitta, il consigliere più critico contro l’amministrazione Accorinti,  è furibondo e va via tra i primi.

All’esponente di Forza Italia, “Bella ciao, bella ciao”, proprio non va giù.

All’uscita incrocia l’assessore all’Ambiente Daniele Ialacqua e lo attacca: “Non ti vergogni ad essere l’assessore del sindaco di Genovese”. Ialacqua risponde: “Vattene a casa”.

Trischitta continua il suo show: “E’ stato Francantonio Genovese a ordinare ad alcuni consiglieri di non appoggiare la sfiducia”.

E fa i nomi dei 5 consiglieri che si sono astenuti o sono usciti dall’aula.

Si tratta dei nuovi colleghi di partito, che sulle orme di Genovese sono passati dal Pd, di cui Genovese prima che finisse in carcere (coinvolto nell’inchiesta sulla formazione) era leader, alla stessa formazione di Forza Italia cui fa parte Trischitta: tra questi la presidente del Consiglio Barrile.

Francantonio Genovese e Renato Accorinti

Francantonio Genovese e Renato Accorinti

Trischitta, l’avvocato/showman

Pippo Trischitta durante i lavori si era prodotto in show provocatori che avevano suscitato le proteste e gli sberleffi dei sostenitori di Accorinti assiepati nella tribuna.

“Signor presidente. E’ una vergogna. Deve intervenire. Non è rispetto questo delle Istituzioni. Faccia uscire tutti”.

A pochi minuti dal voto, quando si è accorto che nel corso dell’intervento di Donatella Sindoni tutto il pubblico ha dato le spalle alla consigliera, Trischitta ha arringato il presidente del Consiglio comunale.

Solo in quel momento la stessa consigliera si è accorta che il pubblico, per disapprovare la sua pervicacia a rimanere incollata allo scranno benché dichiarata ineleggibile dall’Ufficio legale e legislativo della Regione e dal Tribunale di Messina, si era messo con le spalle voltate.

Infatti, quello della Sindoni è stato l’intervento meno disturbato dai presenti che sono stati in religioso silenzio finchè Trischitta non si è alzato dal suo posto rivolgendosi al presidente.

La protesta silenziosa e “la porcheria di amministrazione”

Trischitta ha dato un formidabile assist alla consigliera per protestare contro il presidente e dirsi vittima: “Non posso continuare. Il mio intervento è disturbato. Deve sgombrare il pubblico”.

La presidente l’ha invitata a continuare nell’intervento. La Sindoni, da poco transitata anche lei dal Pd a Forza Italia a<l seguito di Genovese, l’ha sfidata: “Se non interviene la invito ad abbandonare il suo ruolo di presidente che non svolge correttamente”.

A quel punto la Barrile ha perso la trebisonda. E si è prodotta, a sua volta, in uno show che non aveva nulla da invidiare a quelli del miglior Trischitta.

Ha ordinato alla polizia municipale di sgomberare il pubblico. Poi ha lasciato il suo posto sbattendo le carte. Dopo qualche secondo è tornata e si è diretta verso Trischitta e ha inveito contro di lui, reo di aver spalleggiato la collega di partito.

La quale Sindoni peraltro qualche secondo prima l’aveva attaccata affermando che il Comune aveva speso 10mila euro per le trasferte della presidente: ciò che aveva innervosito non poco la Barrile.

Intanto, gli uomini della polizia municipale e della Digos sono saliti in Tribuna. “Dovete andare via tutti. E’ un ordine del presidente”.

Nessuno si è mosso.

“Ma perché, è obbligatorio guardare il consigliere mentre parla?”, hanno chiesto in molti. “Qual è il reato?”.

L’ordine era così campato in aria che gli agenti stessi nulla hanno fatto.

Nel frattempo, in tribuna è arrivato il segretario generale Antonio Le Donne che ha convinto i sostenitori di Accorinti a stare nella posizione canonica.

Il presidente è tornato al suo posto e ha dato la parola alla Sindoni. Nel silenzio assoluto la consigliera ha insistito: “Presidente, le chiedo di sgomberare il pubblico”.

Nessuno le ha dato corda.

Ha così ripreso l’intervento e guardando Accorinti e i suo assessori ha concluso: “Voterò la sfiducia perchè questa porcheria di amministrazione se ne vada a casa”.

Gettonopoli al Comune, le telecamere della Digos confermano le dichiarazioni di Lucy Fenech di aprile 2015 al corriere.it. 22 consiglieri sotto inchiesta per falso e truffa

Download PDF

“L’andazzo continua. Ci sono colleghi che vengono in Commissione firmano stanno qualche minuto e vanno via. Non riguarda tutti i consiglieri comunali, ma sicuramente qualcuno si”.

Lucy Fenech, la consigliera del Comune di Messina che un anno e mezzo prima aveva fatto scoppiare il caso di Gettonopoli a Palazzo Zanca proponendo una modifica del regolamento che l’impedisse, intervistata per il corriere.it, il 15 aprile del 2015, non ebbe remore a dichiarare che nonostante il clamore mediatico nulla era cambiato nel comportamento di molti suoi colleghi.

Che quanto ha riferito la consigliera eletta in Cambiamo Messina dal Basso fosse vero lo hanno documentato le intercettazioni ambientali della Digos di Messina, compendiate nell’ordinanza di misure cautelari notificata questa mattina a un gruppo nutrito di rappresentanti dei cittadini messinesi.

Una firma e via: questo facevano i politici per guadagnarsi il gettone di presenza di 50 euro e, se lavoratori dipendenti, il diritto ad assentarsi dal lavoro ed essere egualmente retribuiti.

Il malcostume, facilitato se non consentito dalla legge regionale, diversa sulla materia da quella nazionale, non riguardava solo il comune di Messina ma l’intera Sicilia (vedi servizio corriere.it).

La legge regionale, la scorsa estate, è stata modificata ed è entrata in vigore man mano che i vari Consigli comunali hanno adeguato lo Statuto e il regolamento.

Nel frattempo a Palazzo Zanca i furbetti della finta presenza – secondo le conclusioni cui è giunta la Procura –  non hanno resistito alla tentazione.

Sotto inchiesta con l’accusa di Falso e Truffa sono così finiti in 22 (su 40) consiglieri: appartenenti a  tutte le forze politiche, alleati politici e durissimi contestatori del sindaco Renato Accorinti.

Per 12 di loro è stata decisa dal Giudice per le indagini preliminari, Maria Militello, la misura cautelare dell’obbligo di firma.

Si tratta di Carlo Abbate, 56enne del PDR, Piero Adamo, 32enne del Movimento Siamo Messina, Pio Amadeo, 44enne del Movimento Articolo 4, Angelo Burrascano, 56enne del Movimento Il Megafono, Giovanna Crifò, 55enne del Partito Forza Italia, Nicola Crisafi, 38enne del Nuovo Centro Destra, Nicola Cucinotta, 44enne del Partito Democratico, Carmela David, 50enne del Partito Udc, Paolo David, 48enne del Pd, Fabrizio Sottile, 32enne capogruppo del Movimento Siamo Messina, Benedetto Vaccarino, 44enne del Pd, Santi Zuccarello, 35enne del Movimento Progressisti Democratici.

Indagati sono pure Elvira Amata, Nino Carreri, Andrea Consolo, Giuseppe De Leo, Nino Interdonato, Nina Lo Presti, Francesco Pagano, Giuseppe Santalco, Santi Sorrenti e Giuseppe Trischitta.

IL COMMENTO. Le magie del sindaco Accorinti: prima fa uscire l’acqua dai rubinetti dei messinesi, poi vola a Torino e mena vanto spacciando la fantasia per realtà

Download PDF

L'annuncio di Renato Accorinti

L’annuncio di Renato Accorinti

Al di là delle manipolazioni dialettiche del sindaco Renato Accorinti, che si è trincerato dietro il dissesto idrogeologico evocando da vero attore i morti di Giampilieri, le gravi responsabilità da parte dei vertici dell’Amam, degli amministratori pubblici e di tutta la classe politica(nte) locale sono già emerse.

Se Messina è senz’acqua da 7 giorni non è per colpa di una calamità naturale tradotta nella frana che per l’ennesima volta ha danneggiato l’acquedotto da cui dipende la città. 

Ma pur facendo finta, per un attimo, che il primo cittadino non abbia nessuna responsabilità sulla crisi idrica e sulla gestione della stessa, comunque meriterebbe di essere cacciato da Palazzo Zanca solo per quanto è accaduto nella giornata di oggi.

Renato Acconti, infatti, è riuscito a mostrare quanto sia sempre più scollegato dalla realtà e sempre più preda del delirio narcisistico che sin dal suo insediamento si era manifestato.

Di prima mattina, infatti, insensibile agli effetti che avrebbe determinato sulla gente avvilita e arrabbiata, si è trasformato in un mago e ha annunciato che in tarda mattina l’acqua sarebbe arrivata nella case.

Naturalmente si è trattato di una menzogna o di una stupidaggine, a seconda che si consideri  il professore di educazione fisica una persona normodotata o non lo si consideri tale.

Il sindaco è stato smentito qualche ora dopo dai vertici della Municipalizzata dell’acqua che hanno posticipato di 24 ore l’illusoria previsione del sindaco. E poi dai fatti: a sera neppure una goccia d’acqua è ancora uscita dai rubinetti.

Ma Accorinti della cantonata presa (che fa il paio con quella di qualche giorno fa, quando aveva annunciato che la crisi era stata risolta), non si è curato affatto.

Incurante del principio sportivo secondo cui il capitano nei momenti di difficoltà deve caricarsi la squadra sulle spalle, senza alcun rispetto per i cittadini per strada con i bidoni i mano se non vittime di sciacalli, si è messo in volo per Torino dove l’attendeva la nutrita platea dei colleghi sindaci dell’Anci.

Al loro cospetto si è superato: senza un minimo di pudore – come riporta un comunicato stampa ufficiale dell’Anci – si è pure vantato della magia: “Dovevo venire ieri ma non mi sono mosso fino a quando non ho ho visto riuscire l’acqua dai rubinetti delle case di Messina“.

Le dichiarazioni di Accorinti a Torino

Le dichiarazioni di Accorinti a Torino

 

L’incompetenza di Renato Accorinti era notoria e nota a tutti coloro che si fermavano dieci minuti a parlare con lui: tutto slogan e, nel merito dei problemi, il vuoto pneumatico.

Tutti, però, riconoscevano la sua onestà intellettuale e la sua passione per la gente e la città.

Ciò che è accaduto oggi mostra che il potere lo ha corrotto e la libido esibizionistica ha invaso la sua coscienza, annientandola.

Ha smarrito così pure l’amore e il rispetto per la sua gente.

 

Occupa lo scranno del Consiglio comunale, ma era ineleggibile. Lo strano caso di Donatella Sindoni, titolare di un laboratorio di analisi convenzionato con l’Asp 5 di Messina

Download PDF

Dei 40 consiglieri comunali della città di Messina è tra le più attive e le meno costose per le casse pubbliche.

Proposte per risolvere i problemi della città ne ha avanzate poco e niente, ma in coppia fissa e stabile con il collega Santi Zuccarello, insieme al quale ha formato il gruppo Missione Messina, è autrice quotidiana di rumorose denunce, ognuna delle quali è veicolata al pubblico con apposita conferenza stampa.

Donatella Sindoni, di professione biologa, gli scranni di consigliere comunale però – a leggere la normativa – non avrebbe mai potuto occuparli.

Eppure, siede sulla poltrona di Palazzo Zanca dal maggio del 2013, mese in cui si tennero le ultime elezioni amministrative che hanno donato alla città il sindaco Renato Accorinti.

Nonostante sia stata tra le più votate all’ultima tornata elettorale (1417 preferenze), la sua elezione e la carica che conseguentemente ricopre, infatti, si pone in contrasto con la norma regionale (sul punto identica a quella nazionale) che disciplina l’ineleggibilità a consigliere comunale.

INELEGGIBILITA’… NASCOSTA

Non è eleggibile il legale rappresentante delle strutture convenzionate per il Consiglio del comune il cui territorio coincide in tutto o in parte con quello dell’ Azienda sanitaria provinciale con cui sono convenzionate”, stabilisce l’articolo 9 della legge regionale  31 del 1986.

Azionista (al 95% delle quote) e direttore sanitario dello “Studio diagnostico Sindoni di Donatella Sindoni Snc”, la consigliera comunale sino ad aprile del 2014 è stata anche legale rappresentante del laboratorio di analisi di Provinciale, struttura sanitaria convenzionata con l’Azienda provinciale 5 di Messina. Esattamente ciò che vieta la legge.

Nella veste di rappresentante legale del laboratorio di analisi, alla fine di gennaio del 2014, ha chiesto all’Asp l’autorizzazione a consorziare il suo laboratorio con “La Diagnostica”, società che da quel momento è divenuta titolare della convenzione con l’Asp 5.

L’operazione, imposta dalla legge regionale di razionalizzazione della rete regionale dei laboratori, si è perfezionata nell’aprile 2014, un anno dopo la sua elezione.

L’ineleggibilità, al contrario dell’incompatibilità, non può essere sanata con la rimozione della causa e determina la decadenza dalla carica.

Di questa situazione nessuno si è accorto né prima né dopo gli scrutini, neppure in sede di convalida dell’elezione.

Donatella Sindoni risulta fosse stata ininterrottamente legale rappresentate della società convenzionata con l’Asp sin dal 2001: quindi, sin da questa data era ineleggibile al Consiglio comunale di Messina.

STORIA POLITICA

Nel 2013 per lei è stato un ritorno a Palazzo Zanca: era stata consigliere tra il 2005 e il 2008, all’epoca del sindaco Francantonio Genovese, alla cui area politica del Pd apparteneva.

Nel periodo in cui era consigliera era anche direttore sanitario del suo laboratorio ma non ha mai chiesto gli oneri riflessi cui avrebbe potuto avuto avere diritto: non ha mai domandato, cioè, che il Comune rimborsasse alla sua società lo stipendio, come accade per tutti i consiglieri che per adempiere al loro mandato si assentano dal lavoro.

Nel 2008 invece pur candidata sempre nelle fila del centrosinistra, nella lista capeggiata da Elio Sauta, che 5 anni dopo ha patito la stessa sorte giudiziaria di Genovese, non fu eletta.

Nell’ultima tornata si è ricandidata nel Pd ancora governato da Genovese, ma dopo l’elezione e i guai giudiziari del leader politico si è defilata: con lei, Santi Zuccarello, sino a quel momento fedele a Genovese che qualche anno prima l’ aveva designato amministratore di Feluca Spa, società partecipata dal Comune.

SOSTIENE L’INTERESSATA

“Non sapevo di questa causa di ineleggibilità. Nessuno ha mai sollevato il problema”, dice la biologa prestata alla politica.

Che poi precisa e si contraddice: “Conosco le norme sull’ineleggibilità, le ho controllate certo: io non lo ero”. E poi ancora aggiunge: “Non so, mi informerò”.

IN PUNTO DI DIRITTO… AMATORIALE

L’ articolo 9 legge 31 del 1986, la cui ratio è impedire che taluni candidati si avvantaggino nella competizione elettorale del potere derivante dal gestire strutture che fanno sanità con fondi pubblici, è stata oggetto nel 1995 di una sentenza della Corte costituzionale.

La Consulta con questa pronuncia ha adeguato la legge regionale alla disciplina nazionale del 1981, che a sua volta nel 1991 aveva eliminato l’ineleggibilità per i titolari di farmacie.

La giurisprudenza della Corte Cassazione sul punto è ferma nel sancire l’ineleggibilità e quindi la decadenza del consigliere comunale che è rappresentate legale di uno o più laboratori di analisi: è del 11 luglio del 2001, ad esempio, una sentenza della Cassazione che ha ritenuto in linea con la legge la dichiarazione di decadenza del primo degli eletti al consiglio comunale di Guidonia Montecelio in quanto titolare di 4 laboratori di analisi convenzionati con la locale Asp.

“Fogna ex Gil”, il fallimento di Accorinti. Da docente di educazione fisica inscenava proteste; da sindaco e assessore allo Sport non garantisce il minimo dell’igiene nell’impianto sportivo comunale

Download PDF

Renato Accorinti

Renato Accorinti appena eletto sindaco di Messina

E’ l’unico impianto sportivo pubblico del centro città e per entrarvi si paga. Nell’Ex Gil di Messina Renato Accorinti ha trascorso gran parte delle giornate degli ultimi venti anni: al mattino da insegnante della Scuola Media “Drago”; al pomeriggio e alla sera allenando alcuni giovani della sua società sportiva.

Il campo intitolato a Salvo Santamaria è stato anche la palestra politica di Accorinti. Il primo dicembre del 2010 si mise a capo di una clamorosa sommossa. L’allora amministrazione guidata da Giuseppe Buzzanca, che si tenne anche la delega allo Sport e aveva come dirigente al ramo Salvatore De Francesco, decise di far pagare per entrare. “E’ una vergogna, non c’è un minimo di igiene e vogliono che si paghi. Entriamo tutti, devono andare in galera”, protestò il docente di educazione fisica. Intervennero i carabinieri.

 

Quattro anni dopo si continua a pagare e le condizioni igieniche sono, se possibile, peggiorate, come mostrano le immagini e raccontano i testimoni. Nel frattempo, il 24 giugno del 2014, Accorinti è diventato sindaco della città e tenendosi la delega all Sport e ha come dirigente al ramo De Francesco, esattamente come Buzzanca. Ed esattamente come Buzzanza rimane sordo alle proteste di tutti gli sportivi che nella sua elezione avevano visto l’occasione per migliorare gli impianti cittadini e renderli fruibili a tutti.

Tra questi Santino Giacobbe, presidente della società sportiva “Podistica”, che nonostante l’amarezza e la delusione ha un moto di pudore quando deve puntare l’indice contro Accorinti, con cui ha condiviso la stessa passione per una vita.

Nel servizio video il fallimento di Accorinti nel campo di atletica che prima dell’insediamento a Palazzo Zanca era la sua seconda casa. La replica del sindaco sarebbe stata di prammatica giornalistica, ma le varie sollecitazioni alla sua segretaria non hanno sortito alcun effetto.

 

“Qualcosa di nuovo a Messina”, per Lo Straniero di Goffredo Fofi

Download PDF

 Renato Accorinti

MESSINA. Non appena ha saputo di aver vinto al ballottaggio e di essere diventato sindaco è andato di corsa, come un atleta, lui professore di educazione fisica che si muove da sempre in bicicletta, a Palazzo Zanca, sede del Comune di Messina. Ha varcato il portone di ingresso e si è tolto le scarpe “per stare con in piedi per terra”. La fascia tricolore, simbolo di primo cittadino, l’ha fatta indossare a un bambino perché, ha detto “voglio essere il sindaco di tutti i bambini e lavorare per dare un futuro e una speranza di una città migliore ai più giovani”. Al termine della proclamazione, come primo atto concreto di amministrazione, ha fatto rimuovere una barriera che impediva ai cittadini di entrare liberamente a Palazzo Zanca perché “gli amministratori se si isolano e senza la partecipazione di tutti non potranno mai risolvere alcun problema e nulla potrà mai cambiare”. Qualche giorno dopo è andato a far visita ai detenuti del locale carcere di Gazzi, in Italia uno di quelli in cui le condizioni di vita sono più disumane a causa della fatiscenza della struttura e del sovraffollamento.

I primi passi di Renato Accorinti, 59 anni, da sindaco di Messina rappresentano ciò che è.

Educatore a scuola ma anche “per strada e di strada”, pacifista da sempre vicino alla causa tibetana, animatore del movimento “No ponte” che si batte da anni contro la costruzione del ponte sullo Stretto, ambientalista, anarchico noto per decine di battaglie civili, Accorinti è diventato primo cittadino di Messina senza l’appoggio di alcun partito, fuori dai partiti, sostenuto da un movimento “Cambiamo Messina dal basso”, fatto di giovani, di docenti universitari, di esponenti del cattolicesimo impegnato nel sociale, del volontariato e di orfani del partito comunista.

Lo slogan del movimento rappresenta quella che è la sua sfida ora che è diventato sindaco: governare Messina con il sostegno e la partecipazione di tutti; cambiare il modo clientelare in cui la città era stata governata dai potentati politici di destra e, soprattutto, di centro (la sinistra, quella figlia del partito comunista in riva allo Stretto non ha storia) e che ha progressivamente lasciato nel bisogno e fuori dalle istituzioni le periferie e le decine di villaggi che compongono una città di 240mila abitanti che si estende in lunghezza per 40 chilometri; i disoccupati (secondo i dati elaborati dai sindacati, la disoccupazione giovanile raggiunge, a Messina, la percentuale del 41,6% contro il 37% nazionale); le classi meno abbienti che ancora oggi vivono in quartieri fatti di baracche: intere categorie di cittadini marginalizzati e, dietro le promesse di case e posti di lavoro, bacino di voti decisivi per stabilire chi debba comandare (non governare) a Messina. Read more