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L’ASSOLUZIONE. Poliziotti infedeli: cadono le accuse di corruzione, violazione del segreto istruttorio, truffa e falso nei confronti di 4 poliziotti e due medici. Due ufficiali erano accusati di aver aiutato il boss emergente della zona sud Francesco Arena a dribblare la legge.

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Francesco Arena

Francesco Arena: per la Procura è stato aiutato da poliziotti infedeli

 

Tutti assolti per non aver commesso il fatto. E’ finito così il giudizio di primo grado nei confronti di 4 poliziotti messinesi, su uno dei quali pendeva un’accusa infamante.

Soldi in cambio di informazioni riservate per consentire al boss e ai suoi sodali di farla franca.

Era da questa imputazione, declinata in termini di corruzione, infatti che doveva difendersi Giuseppe Bartuccio, sovrintendente della Polizia di Stato, in servizio all’epoca dei fatti (risalenti al 2016) alla Squadra mobile di Messina.

Il boss che – sempre stando all’accusa compendiata nell’avviso di conclusione indagini – lo ha foraggiato e si è avvantaggiato della sua opera è Francesco Arena, arrestato nell’operazione “Snife” del gennaio scorso perché considerato il capo di un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di droga nella zona sud della città.

Il Sovrintendente ha in cambio – sempre secondo l’impianto accusatorio – rivelato al capo dell’associazione criminale l’esistenza di un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di soggetti a lui vicini e notizie riguardanti atti di indagini.

Le prove sono contenute in una serie di intercettazioni captate proprio nell’indagine “Snife”, condotta dai carabinieri.

Dalle intercettazioni è emerso pure che Bartuccio si è reso protagonista di altre violazioni del segreto istruttorio.

Mentre indagava sull’omicidio di Giuseppe De Francesco, consumato ad aprile del 2016, ha rivelato ai pregiudicati Gaspare Caracci e Alberto Di Blasi e a Gaetano Alessandro l’autore dell’omicidio, le circostanze dell’arresto dell’autore e il movente.

Mentre collaborava all’inchiesta sul ferimento di Angelo Arrigo, avvenuto nell’aprile del 2016, Bartuccio nell’immediatezza del fatto ha rivelato alla convivente della vittima il possibile movente e, soprattutto, le ha preannunciato una perquisizione domiciliare alla ricerca di cocaina.

Come dribblare le prescrizioni

Francesco Arena, 37 anni, secondo le conclusioni cui sono giunti i sostituti della Procura Liliana Todaro e Federica Rende ha potuto per anni contare anche sull’aiuto  di un altro poliziotto.

Domenico De Michele, sostituto commissario, coordinatore del settore anticrimine del Commissariato Messina sud, è infatti accusato solo di plurime ipotesi di omissioni in atti d’ufficio.

Omissioni che hanno consentito ad Arena di muoversi a suo piacimento eludendo in diverse occasioni  i provvedimenti limitativi della sua libertà adottati dal Questore di Messina.

Il lavoro stanca

Nell’inchiesta coordinata dai sostituto Liliana Todaro e Federica Rende sono rimasti invischiati anche altri due poliziotti in servizio al commissariato di Villa San Giovanni e due medici messinesi.

L’assistente capo Giovanni De Michele, 36 anni figlio del sostituto commissario Domenico, è accusato di truffa perché mentre era in servizio al commissariato di Villa San Giovanni si è allontanato arbitrariamente dal servizio in più occasioni nel periodo compreso tra marzo e maggio del 2016.

De Michele, sempre a seguire l’accusa, si è dato da fare per procurare al suo collega Marco Rappazzo, 40 anni anch’egli in servizio a Villa, un certificato medico falso attestante l’inidoneità a svolgere il servizio per 10 giorni.

Specificamente, De Michele si è rivolto al suo medico curante Francesco Asciutto, anche se il certificato datato 26 aprile del 2016 l’ha redatto un collega di studio .

Il medico doveva rispondere di falso ideologico.

Tutte queste accuse però si sono rivelate per il Tribunale di Messina non fondate e al termine del processo sono stati tutti assolti.