In una città in cui a centinaia lasciano l’auto sui marciapiedi o agli angoli degli incroci per non pagare pochi centesimi all’ora di parcheggio, prospettare ai cittadini che ci si può esimere dal mettere mano al portafoglio e pagare solo il 20% della tassa per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è come invitare le volpi ad entrare in un pollaio. Specie se si sostiene, con tanto di legale al fianco, che “è la legge a consentirlo”, benché la legge, la stessa legge citata dai pifferai di vane illusioni, stabilisca cose ben diverse.
Propagandata da conferenze stampa (sempre più esempio del giornalismo al servizio di chi parla e racconta stupidaggini e non del lettore) l’allettante opportunità di risparmio se lo sono inventati due consiglieri comunali di quelli tosti, Nina Lo Presti e Gino Sturniolo. La campagna di boicottaggio della tassa sui rifiuti si è tradotta in un modulo che sta facendo il giro della città proprio alla vigilia della scadenza della prima rata. Il risultato, se la campagna avrà seguito, è facile da prevedere persino per un giornalista: uffici comunali sommersi dai moduli e in tilt, ritardi negli incassi del Comune (con il conseguente rischio nel futuro di vere interruzione del servizio) e cittadini esposti a sanzioni e interessi moratori.
Di tutto questo, però, i due consiglieri (e l’avvocato che offre loro supporto giuridico) non si curano, totalmente assorbiti dalla loro missione. Eletti nelle lista del sindaco Renato Accorinti, del quale avevano una conoscenza personale lunga decenni, qualche giorno dopo l’elezione Lo Presti e Sturniolo sono passati all’opposizione: su tutto e per tutto. Accorinti – stando a loro – non ne azzecca neppure una, neppure per sbaglio. I due, reduci da due anni di (stucchevoli) interviste e da un (inutile) tour per la città in cui hanno spacciato i debiti potenziali (e sicuramente inesistenti) del Comune per debiti certi, attaccando così certi imprenditori e certi professionisti (e dimenticando le vere cause del dissesto del Comune), hanno deciso di alzare il tiro. E pur essendo uomini delle Istituzioni, retribuiti dal Comune, hanno indossato i panni che si addicono a esponenti delle associazioni dei consumatori. A loro fianco Aurora Notarianni, un’avvocata di grido con la passione (oltre ovviamente che per il diritto) anche per le conferenza stampa, le trasmissioni televisive e per la politica. In lizza per anni a ricoprire il ruolo di difensore civico di Messina, l’avvocata del Wwf alla vigilia dell’ultima campagna elettorale frequentò lungamente la villa di Tusa del mecenate Presti, quartier generale del Governatore Rosario Crocetta. Fu così data dalla stampa più accreditata come possibile candidata a sindaco; svanita questa possibilità, autorevoli fonti la indicarono come assessore in pectore dei candidati a sindaco risultati poi perdenti: prima di Felice Calabrò (del centro sinistra) e poi di Vincenzo Garofalo del centro destra; infine dopo le elezioni, fu indicata come possibile assessore della Giunta Accorinti.
Confortati dalla sua sapienza giuridica, i due consiglieri comunali si sono avveduti che – come si legge nello stesso modulo da inviare all’Ufficio Tributi del Comune per chiedere di non pagare – “il servizio di gestione dei rifiuti in città non viene svolto o viene svolto in grave violazione della legge come è documentato da segnalazioni dell’Asp 5 agli uffici competenti”. Dunque – sempre a seguire il ragionamento dei tre – “il tributo è dovuto nella misura massima del 20%” come stabilisce l’articolo 1 comma 656 della legge 147 del 2013”. Peccato, però, che la legge non dice quanto sostenuto dai due consiglieri e dall’avvocata. La norma, infatti, non richiede come presupposto le segnalazioni dell’Asp; richiede (e non potrebbe essere altrimenti già solo per logica) che l’Azienda sanitaria abbia “riconosciuto e dichiarato una situazione di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente”, come conseguenza della gestione irregolare del servizio dei rifiuti.
Ora questa certificazione non esiste. Mai il direttore generale dell’Asp 5 ha riconosciuto una situazione di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente.
Agli atti degli uffici dell’Asp 5 di Messina esiste solo una relazione datata 6 luglio del 2015 e inviata al prefetto e al sindaco in cui si segnalavano situazioni di criticità e la necessità di porre subito rimedio.
Segnalazioni dello stesso tenore e natura sono state allegate al ricorso che l’Unione nazionale consumatori (non certo due consiglieri retribuiti dal Comune), ha proposto dinanzi al Tribunale amministrativo per boicottare la Tari della dirimpettaia Reggio Calabria e far pagare ai cittadini solo il 20%.
Il Tar il 24 settembre del 2014 ha rigettato e, sul punto, ha in maniera chiara motivato: “nel caso di specie non è stata rilasciata una certificazione ufficiale – promanante dall’autorità competente che se ne assume le relative responsabilità – che attesti la sussistenza della situazione di grave danno o pericolo di danno. Non hanno un rilievo equipollente e non possono rilevare, a tale effetto, né l’attestazione del Ministero dell’Interno, né le due ordinanze versate in atti da parte ricorrente, che danno conto solo di misure di organizzazione straordinaria del servizio di smaltimento, ma che non dichiarano alcunché in ordine alle condizioni di pericolo per la salute dei cittadini, come conformata dalla norma”.
Renato Accorinti doveva cambiare Messina dal basso. Una volta eletto, il basso se l’è dimenticato. Messina non l’ha cambiata sinora neppure dall’alto dell’ufficio di Palazzo Zanca in cui si è (rin) chiuso dimenticando bicicletta e zainetto da proletario per riapparire solo quando c’è da farsi inquadrare dalle telecamere. Ma il suo più grosso demerito non è questo. Il sindaco in t-shirt e sandali ha una colpa ancora più grande: ha generato e nutrito una serie di personaggi che dapprima lo attorniavano festanti in cerca di incarichi e poi sono diventati i suoi più grossi nemici. E pur di colpirlo non si curano di assestare il colpo finale alla credibilità e autorevolezza di Palazzo Zanca, già erose da anni di non governo.