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Cateno De Luca, il “liberticida illuminato” che sguazza nel clima (ingiustificato) di terrore in cui è stata fatta precipitare l’italia. Il sindaco annuncia di voler violare la Costituzione e il codice penale e ai tempi del coronavirus diventa il “personaggio” del giorno

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Cateno De Luca "in versione "francescano"

Cateno De Luca “in versione “francescano”

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salve le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza”, stabilisce la Carta Costituzionale.

La legge, o meglio il decreto legge, emanato per contrastare l’emergenza sanitaria determinata dal corona virus è di fatto liberticida: chiude, infatti, un intero paese, recinta nella propria casa milioni di persone ma è giustificato da un’ epidemia virale fatta diventare emergenza e soprattutto (ingiustificatamente) terrore, ammesso che il terrore possa essere razionalmente mai giustificato.

Pur limitando fortemente la libertà sancita dalla nostra Costituzione all’art. 16, una delle libertà fondamentali della persona, il decreto legge del 26 febbraio scorso poi convertito in legge dal Parlamento e attuato con due Decreti del presidente del Consiglio non si era certo spinto a ordinare il coprifuoco, tipico dello stato di guerra o meglio dei regimi dittatoriali.

Quello che il Governo nazionale non si è neppure sognato di fare a Messina diventa realtà.

Cateno De Luca, il sindaco della città, è andato su una delle reti Rai e davanti a milioni di Italiani ha ribadito che a Messina da domani nessuno potrà più uscire di casa: ha già pronta l’ordinanza.

Ma attenzione l’ adotterà nell’interesse dei cittadini, perché li ama, tiene alla loro salute.

E’ insomma un liberticida illuminato e amorevole.

Non bisogna aver frequentato l’Università per capire che un provvedimento del genere, qualora fosse emanato, sarebbe palesemente illegale e nessun pubblico ufficiale potrebbe applicarlo senza andare incontro a responsabilità penale in concorso con lo stesso sindaco.

De Luca ha l’aggravante di aver conseguito – pare – la  laurea in Giurisprudenza. Parafrasando Pier Paolo Pasolini, si potrebbe dire che non c’è nulla di peggio di un laureato in legge che non ha cultura giuridica.

Ma il sindaco che da alcuni giorni fa la ronda per la città in versione “francescano” non è uno sprovveduto e sa benissimo che simile provvedimento (se eseguito) può solo creargli guai giudiziari (per la prima volta probabilmente fondati su prove inconfutabili).

Il suo vero obiettivo De Luca l’ha già raggiunto: è diventato ancora una volta un personaggio pubblico di rilievo nazionale. Questa volta per un’altra emergenza, più precisamente una possibile emergenza.

Dopo l’emergenza baracche, De Luca è entrato nelle case di tutti gli italiani, impauriti da un virus che li bracca ferocemente. Vuole fare ciò che a nessun politico di Italia, a nessun sindaco, neppure quelli delle località dove ci sono centinaia di contagiati, è venuto in mente: violare la Costituzione per evitare l’emergenza sanitaria dovuta alla carenza di posti di rianimazione in città.

Ora se un qualunque cittadino italiano annunciasse che domani ha intenzione di commettere un reato verrebbe fatto visitare da uno psichiatra o tenuto sotto controllo dagli agenti di polizia.

Invece nel paese del terrore che è diventato l’italia è stato ospitato dalla rete del servizio pubblico (pubblico, si fa per dire) .

De Luca ha così soddisfatto la sua smania irrefrenabile di apparire, il bisogno dare un senso al suo ego smisurato.

Ama i suoi cittadini ma si è arruolato (lo aveva già fatto 20 giorni fa,ordinando l’inutile disinfezione delle scuole) tra i tanti, troppi spargitori di terrore e paura: gli unici che hanno spazio sui media e annullano le voci di chi con razionalità e con i dati in mano cerca di spiegare il problema coronavirus senza atterrire le persone.

Vuole proteggere la loro salute, ma aumenta lo stato d’ansia in cui la gente è stata fatta precipitare. I messinesi dopo la sua iniziativa non avranno solo paura del virus, avranno paura che se lo beccano non potranno contare sui posti di Rianimazione e quindi non avranno scampo: sicché più che di posti in Rianimazione ci sarà sempre più bisogno di spazio nei reparti di salute mentale. 

Fa riflettere che il suo annuncio non abbia suscitato reazioni forti di indignazione o protesta nessuna forza politica,di destra o di sinistra che sia (salvo qualche voce isolata); di nessun sindacato confederale; di nessuna associazione. Tutti allineati.Tutti silenziosi.

E questo è molto preoccupante seppur prevedibile.

Sul clima di terrore si costruiscono le dittature o le si consolidano (non è neppure necessario scomodare Hannah Arendt): non è un caso che la propaganda dei regimi totalitari è stata sempre tesa, attraverso la manipolazione della realtà, a creare il terrore. In nome del nemico, rappresentato in forme mostruose, che mette a rischio la salute o la sicurezza, si limitano le libertà. Oppure si muovono guerre. O si sterminano delle etnie.

Facendo leva sulla paura (quella della morte è la meno controllabile) nelle democrazie si ottiene il consenso.

In pochi si sono accorti che quello che sta vivendo l’Italia è il momento più delicato della sua storia repubblicana: oltre al benessere economico (irrimediabilmente compromesso per anni ormai, specie al sud), sono infatti in gioco la democrazia e la libertà, le vere vittime di un virus descritto come terribile da sciacalli (che diffondono fake di tutti i tipi), personaggi in cerca notorietà e posti di potere e politici inetti o opportunisti, con la complicità determinante e criminale delle testate giornalistiche e dei giornalisti, attirati dall’aspettativa di qualche punto in più di audience o di copie vendute.

Quello che accaduto nelle carceri nei giorni scorsi, con rivolte dei detenuti e 13 morti, è il chiaro segnale di ciò che quando si semina terrore si sa come la storia inizia ma non si può prevedere a quali conseguenze possa portare.

Un virus che crea si dei problemi (a una parte limitata di coloro che lo contraggono) ma che terribile non è, come pure tentano invano di spiegare intimiditi dal clima ostile alcuni scienziati, la cui voce è soffocata dalle urla di colleghi che la pensano in maniera diversa e hanno già da mesi libri pronti da pubblicare in cui si parla giustappunto di virus terrificanti.

Un virus così “terribile” che pur circolando nel paese dal dicembre del 2019, quindi da 4 mesi, ha contagiato (nel senso che hanno manifestato dei sintomi) – secondo i dati diffusi dal quotidiano bollettino della protezione civile – 11 mila persone (su 60 milioni di abitanti, ovvero in termini percentuali lo 0,18%  della popolazione). Il virus ne ha (o avrebbe) uccise 823, il 90% dei quali con età superiore ai 70 anni; il 60% con età superiore agli 80 anni, quasi tutti con due o tre patologie.

Avrebbe, perché in realtà nello stesso bollettino si precisa che “il numero potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso”. E allora se il numero deve essere confermato, e se deve essere stabilita la causa effettiva del decesso, perché viene diffuso nel corso della drammatica conferenza stampa di ogni giorno alle 18 e propinato alla gente in angosciante attesa come numero certo? 

Comunque, sinora, “sarebbero” decedute neppure un decimo delle persone che ogni anno muoiono (l’80% nel periodo invernale) – secondo i dati dell’Istat – per l’influenza virale stagionale (10 mila persone a cui vanno aggiunte 4 mila per setticemia).

Nel 2009 si affacciò in Italia un virus nuovo come questo, l’N1H1, noto come suina. Descritto come molto virulento e diffusivo mise in allarme le autorità sanitarie. Si temeva una pandemia. Ma nessuno se ne andò in televisione al primo morto a seminare terrore. Non si terrorizzò la gente, non si gettò il paese nel caos, non lo si chiuse.

Si gestì in via ordinaria la problematica sanitaria, che poi si rivelò meno grave di come si fosse paventato perché il sistema immunitario di ciascun individuo si adattò al nuovo virus e lo tenne a bada,secondo quelle che sono le regole della natura e della lotta per la sopravvivenza tra gli essere viventi.

I contagiati furono un milione e mezzo, in molti morirono (sempre tuttavia nella stessa percentuale di ogni anno e sempre tra le persone più anziane e già debilitate).

L’N1H1 ancora oggi fa morti, anche tra persone giovani, come le decine di virus che circolano e circoleranno sempre: salvo che qualche “sindaco scienziato” non sia capace di imporre loro il coprifuoco.