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Test professioni sanitarie, nuovo pasticcio: 36 candidati «scomparsi» a Messina. I vertici dell’ateneo: “Chiara responsabilità del Cineca”

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università di messina

Avevano partecipato alle prove di ammissione ai 12 corsi di laurea a numero chiuso per le professioni sanitarie dell’ateneo di Messina, ma di loro si era persa ogni traccia. Trentasei aspiranti fisioterapisti, logopedisti, infermieri, radiologi e ostetrici, accomunati dall’aula (317) in cui avevano preso posto, hanno brancolato nel buio come fantasmi per giorni. Il loro nome e cognome non figurava né tra i 506 vincitori, né tra i restanti mille e 400 candidati bocciati. «Che fine ho fatto?», si è chiesto ciascuno di loro dopo aver letto e riletto decine di volte la graduatoria pubblicata sul sito dell’Università due giorni dopo il concorso, tenutosi il 4 ottobre. Le telefonate di protesta all’ateneo e quelle al Cineca, il consorzio interuniversitario con sede a Bologna a cui era stata affidata la preparazione e la correzione delle prove, sono valse solo a innescare il gioco dello scaricabarile e contatti frenetici e ricchi di tensione tra ateneo e Cineca. Otto giorni dopo, i «desaparecidos» del concorso sono stati ritrovati e l’ateneo di Messina non ha avuto scelta. Il 14 ottobre è stato, infatti, costretto ad annullare la graduatoria già pubblicata e a comunicarlo ai vincitori ai quali è stata annunciata la pubblicazione di una nuova graduatoria che conterrà, questa volta, i punteggi di tutti i candidati. Gli effetti? C’è chi, già immatricolato, perderà il diritto a frequentare i corsi di laurea; e chi, invece, fantasma per 8 giorni, lo riacciufferà. L’ennesimo pasticcio, insomma, destinato a scatenare altre polemiche sulla regolarità dei test di ammissione a Medicina, oggetto in passato in tutt’Italia di sentenze di annullamento da parte dei giudici per violazione dell’anonimato. Il ritrovamento delle prove dei 36 candidati scomparsi non risolve il mistero su cosa sia realmente accaduto. La ricostruzione dei fatti e l’individuazione delle responsabilità mette ora l’uno contro l’altro l’ateneo guidato dal rettore Pietro Navarra e l’ente che ha il monopolio nell’organizzazione dei test in campo sanitario e universitario, già un anno fa nell’occhio del ciclone per un clamoroso scambio di quiz.

Resa dei conti

Per i vertici dell’ateneo di Messina la responsabilità è tutta del Cineca. Dalla Sicilia è partita una lettera di diffida e messa in mora per danni patrimoniali e d’immagine all’indirizzo dei vertici del consorzio che impiega 700 dipendenti e incassa 100 milioni di euro all’anno di risorse pubbliche. Il direttore generale dell’ateneo di Messina, Francesco De Domenico, non nasconde la rabbia: «L’errore del Cineca è chiaro e gravissimo e non può essere dovuto ad altro che a superficialità. Si sono dimenticati di correggere le prove di 36 candidati. Una cosa incredibile che adesso ci esporrà ai ricorsi di chi pur immatricolato rimarrà fuori e a danni di immagine». La ricostruzione del Cineca, invece, è diversa e dà la responsabilità all’ateneo che ha pubblicato una graduatoria – come precisa l’ufficio stampa – «basata su dati parziali»: «Tutti i compiti sono stati valutati subito. Quello che è successo è che la qualità della stampa di un piccolo lotto di etichette ha interferito con l’assegnazione automatica del compito al rispettivo candidato. E’ stato necessario fare tutte le opportune verifiche prima di consegnare all’ateneo la graduatoria definitiva», spiega una nota dell’ufficio stampa. Il direttore generale De Domenico replica a muso duro: «Questa ricostruzione è illogica e si scontra con i fatti. Non ci sono stati mai comunicati problemi nella correzione. Non si capisce che senso avesse trasmetterci una graduatoria che non poteva essere pubblicata».

Il precedente

Il Cineca era finito nella bufera in occasione del concorso per l’ammissione alle Scuole di specializzazione in medicina, svolte a fine ottobre del 2014. Uno scambio di quiz aveva costretto il Ministero dell’Università ad annunciare l’annullamento e la ripetizione delle prove cui avevano partecipato 12mila medici. Poi, qualche giorno dopo, le prove sono state salvate. Ma il contenzioso davanti ai giudici amministrativi che ne è derivato è stato imponente. Tre recenti sentenze del Consiglio di Stato hanno posto le basi per l’annullamento del concorso. A suo tempo il presidente del Cineca, Emilio Ferrari, aveva annunciato le dimissioni ma è ancora al suo posto.

Il salvataggio

Il 26 maggio del 2015 il Consiglio di Stato aveva stabilito che fosse illegale e contrario alle regole di libera concorrenza che gli atenei e il Miur affidassero senza gara (in house) la preparazione e la correzione dei test all’organismo interuniversitario: «In barba a quanto vorrebbe la legislazione, il Cineca non è interamente pubblico: sono soci oltre al Miur e a 70 atenei pubblici anche Università private; i singoli atenei poi non hanno un controllo analogo a quello che hanno sui loro servizi», avevano motivato i giudici. Il Cineca è stato salvato grazie ad alcune disposizioni inserite in un decreto legge sugli enti territoriali varato dal Governo Renzi il 19 giugno del 2015. Queste norme hanno recepito con un anno e mezzo di anticipo rispetto al termine ultimo del 31 dicembre del 2016 una direttiva europea che segna un cambio di orientamento rispetto ai principi già affermati dalla giurisprudenza comunitaria e italiana in materia di affidamento diretto a società in house.

pubblicato su Il corriere.it

Medicina senza pace. Il Tar: «I posti delle scuole di specializzazione assegnati in modo scorretto». Alle porte una girandola di trasferimenti

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Beffardo e, secondo il Tar del Lazio, illegale. Il meccanismo di distribuzione dei posti delle scuole di specializzazione in Medicina è stato bocciato con decreto cautelare e, dunque senza un esame nel merito, dal presidente della Terza sezione bis dell’organo di giustizia amministrativa laziale, che ha così aperto la strada a un girandola di trasferimenti da una scuola a un’altra e da un sede universitaria ad un’altra per i medici che al termine del concorso tenuto nelle giornate del 28, 29, 30 e 31 ottobre del 2014 si sono accaparrati le 5 mila borse di formazione da 1.800 euro il mese per 5 anni. Read more

Ammissione alle scuole di specializzazione in Medicina: “Un baco informatico cambiava le risposte”. Un video mostra l’anomalia

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test pc fotoRaccontano increduli di aver dato una risposta e dopo la correzione del test si sono accorti che quella valutata dal sistema informatico ai fini del punteggio finale era stata una risposta diversa. Il concorso di ammissione alle Scuole di specializzazione in medicina è stato prima annullato in autotutela dal Miur per uno scambio di quiz e poi, a distanza di due giorni, «riabilitato» dallo stesso ministero guidato da Stefania Giannini, ma adesso sulla regolarità della selezione incombe la possibile anomalia del software su piattaforma Java ideato dal Cineca per lo svolgimento dei test. Un’anomalia che emerge partendo dalle testimonianze di molti partecipanti. Read more

Test di Medicina e anonimato violato. L’errore di un dirigente del Miur favorisce i candidati bocciati

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Daniele Livon

Daniele Livon

L’Università Cattolica del Sacro cuore di Roma l’ha coperto con la polvere dorata (quella dei Gratta&Vinci), ma non l’ha reso comunque invisibile. Altre, invece, hanno tentato di impedire che lo si potesse associare al nome del candidato utilizzando buste che si sono però rivelate trasparenti.  Gli atenei, alla vigilia delle prove per l’ammissione alla facoltà a numero chiuso di Medicina per l’anno accademico 2014/2015 dopo avere letto le linee guida per lo svolgimento del concorso giunte dal Ministero il 2 aprile 2014 avevano lanciato l’allarme. La presenza sui fogli delle risposte e sulla scheda anagrafica dei candidati del codice alfanumerico accanto a quello a barre avrebbe potuto determinare la replica di quanto accaduto l’anno precedente: l’invalidità del test per violazione dell’anonimato. Ma i frenetici contatti con il ministero dell’Università a poche ore dalle prove dell’8 aprile hanno prodotto rimedi che si sono rivelati inefficaci se non peggiori del male. L’allarme è diventato un incubo due mesi e mezzo dopo. A partire dal 18 luglio 2014 i giudici del Tar del Lazio con varie ordinanze cautelari (e dunque in base ad un’esame sommario della vicenda e senza entrare nel merito) hanno fatto a pezzi il numero chiuso ammettendo sinora 2mila candidati bocciati (5mila sono i ricorrenti) che, anche con un punteggio pari allo zero, si erano affidati alla carta bollata. Il motivo? Violazione dell’anonimato. Read more

Medicina, il Tar Lazio boccia per violazione dell’anonimato anche le prove del 2014 e copre di ridicolo la pubblica amministrazione

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Il dirigente generale del ministero dell’Università Daniele Livon alla vigilia delle prove, tenute l’8 aprile scorso, per l’ammissione all’anno accademico 2013/2014 aveva modificato le modalità di identificazione dei candidati dettati a tutti gli atenei d’Italia per il test precedente del 9 settembre 2013 e ritenuti dal Consiglio di Stato lesive dell’anonimato. Ma il rimedio non ha funzionato. Anche l’ultimo concorso, infatti, è stato bocciato, e sempre per violazione dell’anonimato, dai giudici amministrativi.

La decisione, attesa dagli addetti ai lavori e dalle migliaia di ricorrenti per il modo in cui si sono svolte le prove, è stata depositata nella cancelleria del Tar di Roma nella serata di venerdì 18 luglio. Sono ordinanze cautelari (adottate dunque dopo una disamina superficiale della vicenda) e riguardano un gruppo di aspiranti medici cui è stata accordata l’ammissione. I provvedimenti non specificano né il come nè il perché ci sarebbe stata la violazione dell’anonimato. Tuttavia, poiché queste ordinanze accolgono i ricorsi in cui i legali dell’Udu, Michele Bonetti e Santi Delia, hanno rappresentato tutte le violazioni dell’anonimato che hanno caratterizzato le prove di vari atenei, se questa valutazione dei giudici della sezione terza bis del Tar Lazio troverà conferma nei successivi pronunciamenti, gli effetti sono facilmente immaginabili: tutti gli studenti bocciati al test passato e che si sono affidati agli avvocati potranno coronare il sogno di accedere al corso di laurea per diventare medici. Nella migliore delle ipotesi, si tratta di 5mila candidati che si potrebbero aggiungere ai circa 10mila ammessi in prima battuta: complessivamente i partecipanti erano stati 80mila.

L’ennesimo verdetto in materia di test di ammissione a Medicina fa a pezzi il numero chiuso e copre di ridicolo la pubblica amministrazione italiana incapace di organizzare e gestire in maniera legittima un pubblico concorso.

La bocciatura dei test di ammissione del 2014 sancisce, infatti, in maniera clamorosa che ai 70mila aspiranti medici che nei due ultimi anni si sono confrontati per accaparrarsi uno dei 10mila posti messi in palio, per coronare il loro sogno, garanzia di un lavoro futuro sicuro, invece di sgobbare sui libri di chimica, di fisica e di biologia e di indurre le loro famiglie ad investire migliaia di euro in corsi di preparazione, sarebbe bastato iscriversi al test di ammissione e affidarsi, anche con un punteggio pari allo zero, alla carta bollata.

 

Medicina, laurea facile in Albania. Il rettore di Tor Vergata dalle pagine di corriere.it annuncia lo stop.

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Giuseppe-Novelli

ROMA. Per gli oltre 62 mila aspiranti medici che affronteranno il test d’ingresso all’Università l’8 aprile, si avvicina il giorno della verità e si sfruttano gli ultimi giorni per prepararsi alla temutissima prova. Ma  per chi accarezza l’idea  di aggirare il numero chiuso iscrivendosi all’ormai famosa università «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana – che ha docenti e rettore italiani e lo stesso programma di studio dell’Università di Roma di «Tor Vergata» – il «piano B» potrebbe presto essere sbarrato. Giuseppe Novelli, rettore dell’ateneo romano  sta studiando, insieme ai vertici dell’Università di Tirana, nuove regole per l’ateneo albanese, che coinvolgeranno studenti e docenti. «A Tirana non voglio una Tor Vergata di Serie B, nè scorciatoie per aspiranti camici bianchi. Ecco perché stiamo stilando un nuovo protocollo d’intesa», ha detto.

La sentenza

Una recente sentenza del Tar del Lazio ha stabilito che gli studenti iscritti all’università albanese possono richiedere, facendone apposita domanda, di continuare i propri studi a una università italiana senza sostenere il test. I giudici hanno stabilito che trattandosi di fatto di un titolo di studio anche italiano, dopo la loro sentenza basterà rimanere in Albania solo un anno: il tempo di sostenere qualche esame e di chiedere di tornare in Italia. Fino a quel momento, l’alternativa era l’intero corso di studi a Tirana e poi il riconoscimento. Ma Novelli non ci sta. Il caso su cui si è pronunciato il Tar – una studentessa che aveva chiesto il trasferimento all’Università di Roma Tor Vergata senza aver mai sostenuto il test d’ingresso – è un evidente espediente per aggirare il numero chiuso, secondo il rettore. Che ha fatto a sua volta ricorso al Consiglio di Stato. Anche perché – ha dichiarato a un’agenzia di stampa –  l’esame di accesso a Tirana è molto diverso dal nostro».

Accordi da rivedere

Novelli afferma di aver «ereditato» l’accordo con Tirana. E di avere, in base a tale accordo, «accolto quest’anno una ventina di studenti dall’Albania, che dopo aver superato il concorso nazionale sono stati spalmati tra il secondo e il quarto anno». L’Università Cattolica NSBC, nata dalla convenzione di tre Atenei italiani, la Statale di Milano, Roma Tor Vergata e l’Università di Bari, ha programmi di studio, libri, docenti e lingua di insegnamento analoghi a quelli di Tor Vergata. «Ma per altri versi restano molte differenze. Ecco perché, in quanto nuovo rettore, mi sono impegnato per un nuovo protocollo d’intesa che modifichi per prima cosa le modalità d’accesso». Test su standard europei, con quiz in inglese preparati in Gran Bretagna. Docenti contrattualizzati in base a un meccanismo chiaro di reclutamento. Tirocinio professionalizzante da svolgere in ospedali, laboratori e strutture di livello. Queste le linee guida cui dovrebbe ispirarsi l’accordo.

30 dottori l’anno

All’ateneo albanese (che ha costi abbastanza elevati: 10mila euro per l’iscrizione, più le spese di soggiorno) si diplomano 20-30 studenti l’anno, ricorda Novelli. Forse non un numero che possa mutare gli equilibri della graduatoria di ammessi, che saranno 7.918, in base al decreto del nuovo ministro dell’Istruzione Giannini.  Ma sottolinea il rettore, «non può trattarsi di medici, odontoiatri e operatori sanitari meno preparati dei nostri».

di Antonella De Gregorio, corriere.it

Diecimila euro e un anno a Tirana bastano per diventare medici in Italia. Ecco come aggirare il test

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Università di Tirana

ROMA. Il Paese è straniero e i costi proibitivi per chi non ha la fortuna di essere nato in una famiglia ricca, ma i programmi di studio, i libri, i docenti e la lingua di insegnamento sono identici alla Facoltà di Medicina dell’Università Tor Vergata di Roma. Identici a tal punto che secondo una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio pubblicata agli inizi di febbraio, lo studente iscritto alla facoltà di Medicina dell’Università Cattolica «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana che lo domanda ha diritto di essere trasferito dall’ateneo albanese in uno italiano, benché non abbia mai superato il test di ammissione a Medicina.

I 62mila aspiranti medici che il prossimo 8 aprile non riusciranno ad entrare negli 7 .918 posti disponibili secondo le direttive del Ministero dell’Università e della ricerca per l’anno accademico 2014/2015  per coronare il loro sogno aggirando il numero chiuso avranno un’alternativa: attraversare i confini con la vicina Albania, sobbarcarsi i 10mila euro di iscrizione all’anno e i disagi anche economici degli studi all’estero.

In realtà, questo succedeva già. Ma finora uno studente italiano  iscritto a Tirana doveva ultimare gli studi in Albania. L’Università, nata da una convenzione con la Statale di Milano, la Seconda Università di Roma e l’Università di Bari, rilascia titoli che hanno valore legale anche in Italia, i docenti sono in gran parte italiani così come il rettore, e provengono dalle tre università che l’hanno fondata. E per questo i giudici ritengono che trattandosi di fatto di un titolo di studio anche italiano, dopo la loro sentenza  basterà rimanere in Albania solo un anno: il tempo di sostenere qualche esame e di chiedere di tornare in Italia.

La pronuncia ha creato molto imbarazzo al ministero dell’Istruzione. E minaccia di arroventare un tema già caldo alla vigilia delle prove selettive. I giudici del Tar laziale hanno in generale fissato un principio esplosivo per il sistema fondato sul numero chiuso: «L’ordinamento interno non prevede, almeno allo stato attuale, disposizioni tali da precludere agli studenti comunitari il trasferimento ad anni successivi al primo presso Atenei italiani, seppur a “numero chiuso” senza necessità di espletare un test preselettivo». Immediato è stato il ricorso al Consiglio di Stato.  L’esodo di centinaia  di studenti a Tirana raccontato dai media nazionali aveva suscitato molte polemiche e contestazioni. Michele Bonetti e Santi Delia, storici legali dell’Udu (Unione degli Universitari) autori del ricorso (al momento) vincente, commentano: «E’ evidente la violazione della parità tra studenti che si cimentano nel test in Italia o studiano in altri atenei comunitari e coloro che si recano in Albania, così come la discriminazione tra cittadini abbienti e non. Questa sentenza suona come l’ennesima bocciatura del numero chiuso».

La questione diventa anche politica e scatena una polemica da parte del centrodestra. Nel dicembre scorso un gruppo di parlamentari di centro destra guidati alla Camera da Vincenzo Garofalo e al Senato da Vincenzo Marinello in due distinte interrogazioni al Ministro dell’Università hanno puntato l’indice sul trattamento di favore riservato all’Ateneo albanese, sulla cui importanza «per il sostegno e la diffusione della cultura italiana» si è espresso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della visita di Stato del 5 marzo scorso. «Perché il riconoscimento in Italia della laurea in Medicina rilasciata dall’Università di Tirana ha una procedura semplificata? Che garanzie ha lo Stato italiano sulla formazione dei medici? Come e da chi sono pagati i docenti e quali sono gli oneri per le casse pubbliche italiane?», hanno domandato gli onorevoli. Alle due interrogazioni il Ministero nel frattempo passato dalla guida di Maria Chiara Carrozza a quella di Stefania Giannini non ha ancora dato risposta.

 

di Michele Schinella per corriere.it, 25 marzo 2014

 

Medicina, test del 2013 nulli per disposizione ministeriale. In migliaia tornano a sperare

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maria chiara carrozza-istruzione

MESSINA. Violazione dell’anonimato per disposizione ministeriale. I test di ammissione alla facoltà a numero chiuso di Medicina, duramente contestati dinanzi ai giudici amministrativi da organizzazioni studentesche e aspiranti medici delusi, non smettono di riservare sorprese. E di assumere i connotati di una vera e propria farsa. E’ arrivata la prima decisione di un Tribunale amministrativo sulle prove del 9 settembre del 2013. E al ministero dell’Università hanno iniziato a sudare freddo, nonostante il clima rigido invernale. Sotto accusa finisce il ministro Maria Chiara Carrozza e, soprattutto, il dirigente generale del Dicastero, Daniele Livon. Dagli addetti ai lavori la pronuncia era attesa come inevitabile dopo una sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato dello scorso novembre letta in correlazione all’andamento delle prove. Se, come tutto lascia pensare, tutti gli altri Tar che si pronunceranno nelle prossime settimane seguiranno lo stesso orientamento per il ministero sarà una vera e propria Caporetto. Nella migliore delle ipotesi, le facoltà di Medicina dovranno fare spazio ad altri 3mila studenti.

La decisione del Tribunale amministrativo di Palermo riguarda il test di ammissione a Medicina dell’ateneo della città siciliana ma, complice un clamoroso autogol del ministero dell’Università, mette in bilico le prove tenute il 9 settembre in tutti gli atenei italiani, a cui hanno partecipato 75mila aspiranti medici per contendersi i 10mila posti messi in palio dalle facoltà di Medicina, ora a rischio caos.

Daniele Livon

MIRABILI ISTRUZIONI. “Violazione dell’anonimato”: è questo il motivo che ha indotto i giudici amministrativi palermitani a sancire l’invalidità dei test e a ordinare che si “proceda in via definitiva all’ammissione, anche in soprannumero, degli stessi ricorrenti al corso di laurea per l’anno accademico 2013/2014”. I magistrati, disponendo la trasmissione della carte alla Procura, hanno bocciato le modalità di identificazione dei candidati e conseguentemente il Miur, reduce dalle polemiche sul bonus maturità chiuse con una sanatoria. La commissione di esame palermitana, infatti, non ha fatto altro che uniformarsi alle direttive che sono giunte a tutte le Università il 13 agosto dal ministero guidato da Carrozza. Allo stesso modo hanno fatto tutte le Commissioni locali, come emerge dalla lettura dei ricorsi amministrativi (fondati sui verbali ufficiali di esame) presentati (e pendenti) a vari Tar della penisola da almeno 3mila candidati che vedono così il ripescaggio a portata di mano. “Risulta che i candidati hanno dovuto compilare la scheda anagrafica prima dello svolgimento dei test e l’hanno tenuta esposta sul banco accanto al documento di riconoscimento”, ha osservato il Tar: esattamente quello che aveva ordinato il dirigente generale Daniele Livon nelle Linee guida per lo svolgimento delle prove. Per i giudici “queste modalità hanno consentito la conoscenza del codice identificativo abbinato a ciascun candidato prima della compilazione dei questionari, con conseguente rilevante violazione del principio dell’anonimato e possibilità, quanto meno in astratto, dell’alterazione dei risultati della prova”. E questo basta per “dichiarare invalide le prove”.

TestL’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la Cassazione in materia amministrativa, infatti, il 20 novembre 2013, attestando la nullità dei test tenuti all’Ateneo di Messina dal 2001 al 2010, aveva stabilito che perché le prove siano annullate non è necessario che si scopra, per uscire dai tecnicismi giuridici, che nel viaggio dall’ateneo al Cineca a Bologna per la correzione, qualcuno potendo individuare (a causa della violazione dell’anonimato, appunto) la scheda di risposte del candidato preferito lo abbia poi davvero favorito con la correzione postuma. Basta soltanto che questa possibilità, in astratto, ci sia. “Questa ennesima pronuncia, la prima di quella che si annuncia una serie, mostra che il numero chiuso non funziona e va eliminato”, dicono in coro Michele Bonetti e Santi Delia, i legali dell’Udu (Unione degli studenti Universitari) autori dei ricorsi che mettono in imbarazzo il Dicastero di Piazza Kennedy.

DILETTANTI ALLO SBARAGLIO. Il Tar di Palermo avrebbe potuto annullare tourt court le prove ordinandone un nuovo svolgimento ma “bilanciando gli interessi in gioco” ha soltanto ammesso i ricorrenti. La soluzione di compromesso ha limitato le conseguenze sul piano partico ma il danno di immagine per il ministero è grave. La decisione infatti attesta che se i 75mila candidati invece di sudare sui libri e di far spendere alla famiglie ingenti risorse per avere un giorno un medico, si fossero affidati alle carte bollate, avrebbe coronato il loro sogno anche se avessero totalizzato un punteggio pari a zero.

Gli stessi avvocati, con diverse azioni giudiziarie accolte dai Tar avevano costretto il ministro a promuovere una “leggina” per rimediare al pasticcio bonus maturità. I candidati il 9 settembre erano entrati nelle aule del concorso sapendo che il loro voto di maturità (bonus) avrebbe inciso sul punteggio finale e quando sono usciti hanno scoperto la pubblicazione di un decreto del ministro Carrozza che prevedeva non valesse più. Un nutrito gruppo  (oltre duemila ragazzi) sono stati ripescati.

Vedi articolo a firma Michele Schinella pubblicato su: http://www.corriere.it/scuola/14_gennaio_15/palermo-medicina-tes-annullato-tar-diritto-anonimato-violato-f83a8570-7df6-11e3-80bb-80317d13811d.shtml#box-emotional