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Il RETROSCENA. Competenze & ricatti: La commissaria Covid Maria Grazia Furnari mette i puntini sulle i, Cateno De Luca la minaccia evocando la “debolezza” della “parentela” con il capo della Procura: “Voglio tutti i dati o ti denuncio all’autorità giudiziaria”. La manager si piega. Gli aveva scritto: “Sindaco senza poteri sulla gestione sanitaria”.

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Il sindaco Cateno De Luca e la commissaria emergenza Covid Maria Grazia Furnari

 

La commissaria per l’emergenza Covid Maria Grazia Furnari mette – garbatamente – i puntini sulle i. Per tutta risposta, il sindaco Cateno De Luca minaccia di denunciarla ai magistrati della Procura della Repubblica, guidati dal cognato della manager Maurizio De Lucia, evocando un caso di conflitto di interessi e di imbarazzo istituzionale.

Alla fine, la Furnari si piega, ma salva le apparenze.

Era prevedibile. E’ stato previsto. E’ accaduto.

La prova di quanto fosse inopportuna la decisione dell’assessore alla sanità Ruggero Razza e del presidente Nello Musumeci di affidare alla vigilia di Natale la gestione dell’emergenza (infinita) coronavirus alla manager palermitana dal legame ingombrante in riva allo Stretto, è arrivata nel giro di poche settimane dall’insediamento.

De Luca, unico sindaco di italia che ritiene di aver diritto di ingerirsi nella gestione dell’emergenza coronavirus, attaccando quotidianamente attraverso face book i vertici della locale azienda sanitaria provinciale, non ha avuto esitazione a fare leva sulla “debolezza” della commissaria, non appena questa si è “ribellata” ai suoi voleri.

Tavoli tecnici, la passione di De Luca

Il casus belli è nato dalla convocazione da parte di Cateno De Luca di un tavolo tecnico per sabato 23 gennaio in cui discutere una serie di problematiche relative all’emergenza Covid in città: l’ennesimo convivio – per molti addetti ai lavori – stucchevole e causa di perdita di tempo.

Rifiuti, dati epidemiologici, istituzione Unità di medici per l’assistenza a casa, e banca dati contagiati: questi alcuni dei temi fissati all’ordine del giorno dal sindaco.

Questione di competenze

La commissaria con tono cortese e misurato ha declinato l’invito provando a spiegare a De Luca che il sindaco non ha competenze operative in materia di misure sanitarie e non ne ha, a maggior ragione, in materia di emergenza Covid:

Sono spiacente di dover declinare l’invito a partecipare al tavolo
tecnico convocato dalla Signoria Vostra per la giornata di domani, sabato 23 gennaio. Sul punto, mi corre l’obbligo di precisare che le attività indicate all’ordine del giorno dei lavori del suddetto tavolo riguardano a ben vedere competenze di organizzazione sanitaria istituzionalmente in capo all’assessorato Regionale della Salute anche per il tramite della scrivente
Commissario ad acta.
Pur apprezzando comunque la disponibilità di codesta Amministrazione comunale, come si è fattivamente dimostrato con la frequentissima celebrazione di tavoli congiunti, le attività di cui si chiede di discutere nella riunione della giornata di domani risultano già avviate e/o poste in essere,  attraverso l’Ufficio commissariale di competenza e in sinergia con l’ASP di Messina e le Aziende del Servizio sanitario regionale della provincia.
A parere della scrivente, emerge dalla suddetta convocazione che l’Amministrazione Comunale di Messina intenderebbe discutere nel merito dello svolgimento di attività che, in disparte l’ordinaria organizzazione amministrativa e il riparto di competenze in materia di sanità pubblica (che, come è noto, in forza della c.d. aziendalizzazione del S.S.N., operata fin dal d.lgs 502/1992, è stata sottratta dalle prerogative degli enti locali), risultano già disciplinate dalla normativa emergenziale e dai protocolli ministeriali e regionali fino a questo momento adottati in materia di  emergenza epidemiologica da Covid-19“, ha precisato Maria Grazia Furnari in una nota datata 22 gennaio.

In nessun comune di Italia e di Sicilia, neanche nelle città che hanno mortalità e percentuali di positivi di gran lunga superiore a Messina, i sindaci indicono quasi quotidianamente tavoli tecnici convocando agli orari a loro più graditi i manager delle aziende ospedaliere per discutere di questioni sanitarie.

La manager ha richiamato alla difesa di questo principio di autonomia anche i vertici delle aziende ospedaliere della città: “La presente è rivolta altresì ai Direttori delle altre Aziende Ospedaliere che a maggior ragione, per le peculiari competenze sanitarie a cui assolvono, appaiono avulse dall’iniziativa in commento“, ha precisato, inviando la lettera alle diverse autorità convocate.

Ciò detto, con riferimento alle prerogative di cui all’incarico che rivesto, confermo la mia piena disponibilità a svolgere un attento monitoraggio della gestione dell’attuale Emergenza da parte di tutti gli attori coinvolti”,ha comunque ribadito al sindaco.

L’ira funesta del sindaco esperto di emergenze

Non appena De Luca ha letto la nota del commissario è andato su tutte le furie, come traspare dalle pesanti espressioni usate nella lettera che le ha indirizzato il giorno dopo, 23 gennaio.

Un profluvio di accuse e contestazioni lunghe 6 pagine fitte, fitte: “Prendo atto della Sua rivendicazione di assoluta ed esclusiva competenza sulla gestione dell’emergenza sanitaria, laddove la Signoria sua decide arbitrariamente di escludere l’Amministrazione comunale dal confronto (…) e non posso esimermi dal rilevare che con la sua dichiarazione ha manifestato il totale dispregio nei confronti di questo Sindaco e della sua autorità e dei suoi compiti sicché – a Suo parere – l’avvenuta disciplina delle attività emergenziali impedirebbe a questa Amministrazione di entrare nel merito delle modalità con le quali l’Asp di Messina e il Suo Ufficio Commissariale hanno gestito l’emergenza”, ha polemizzato De Luca. 

Il sindaco non ha potuto contestare il principio di autonomia ma ha insistito su un punto: il diritto a conoscere i dati dei contagi e della situazione degli ospedali:”Forse Lei ha trascurato di considerare, mentre redigeva la nota di rifiuto alla convocazione al tavolo, che i dati relativi all’andamento epidemiologico che si era già impegnata a fornire ed aggiornare, non possono essere omessi al Sindaco che ha adottato una Ordinanza che ha superato per ben due volte il vaglio del giudizio monocratico da parte del Tar  Sicilia, che ha ritenuto che proprio i dati relativi all’andamento del contagio contenuti nelle motivazioni dell’Ordinanza ne legittimassero le disposizioni più restrittive rispetto a quelle di carattere nazionale e regionale. Omettere i  dati che si era impegnata a comunicare, e che Le vengono richiesti anche con la presente, significa impedire al Sindaco di valutare l’efficacia delle misure adottate, impedire al Sindaco di valutare l’eventuale proroga delle stesse o la loro rimodulazione. Significa, in poche parole, impedire al Sindaco di esercitare i propri poteri, privandolo illegittimamente di dati che non possono e non devono essere taciuti”, ha sottolineato De Luca il 23 gennaio, riconvocando comunque il tavolo tecnico per il giorno successivo di domenica 24 gennaio. 

Il primo cittadino ha così diffidato la commissaria a fornirgli giornalmente i dati dei positivi, dei posti letto occupati in degenza ordinaria e in terapia intensiva, concludendo minaccioso:

Si avvisa che la mancata trasmissione dei suddetti dati, che dovranno essere trasmessi entro lunedì 25 gennaio 2021, costituirà espressione di rifiuto che, in quanto tale, verrà denunciato all’Autorità Giudiziaria competente territorialmente anche in applicazione dei principi di cui alla Legge n. 248/2002“. 

 

Il ricatto strisciante

La legge che cita De Luca è quella che ha modificato alcune norme del codice di Procedura penale in materia di rimessione: ovvero quell’istituto in forza del quale per legittimo sospetto di non imparzialità del giudice competente il processo debba essere spostato ad altra sede.

De Luca conosce bene la materia perché quando era sotto processo a Messina per una serie di ipotesi di abuso di ufficio e tentata concussione (processo poi finito con l’assoluzione nel merito per alcuni capi di imputazione e per prescrizione per quello più grave) avanzò appunto  richiesta di rimessione, rigettata dalla Corte di Cassazione.

Il messaggio benché cifrato è chiaro e può essere sintetizzato in questi termini grossolani: tu mi contrasti e io ti denuncio e porto il tuo operato davanti alla valutazione dell’ufficio di Procura diretto da tuo cognato, facendo così diventare concreto il conflitto di interessi e creando un problema allo stesso capo della Procura e ai suoi colleghi di Palazzo piacentini, perché tutti potranno dubitare della loro imparzialità.

La lettera di De Luca reca in calce (stampato) anche il nome e cognome dell’assessore con delega all’emergenza Covid Dafne Musolino, ma risulta firmata solo dal sindaco.

Se la manager….incassa e si prepara a vacillare

La missiva di De Luca ha prodotto i risultati voluti.

Maria Grazia Furnari, sempre nella giornata di sabato 23, incassata la dura rampogna del sindaco, ha ripreso penna e carta e ha riscontrato la nota.

Dopo aver fornito una serie di precisazioni su temi oggetti del tavolo tecnico, la manager ha concluso conciliante ma ferma : “Da ultimo, quale spunto metodologico per la utile prosecuzione delle interlocuzioni istituzionali tra questo ufficio commissariale e il Comune di Messina, rilevo per il futuro che le convocazioni ai tavoli debbono essere preferibilmente celebrate – come già avvenuto il 15 gennaio scorso – dinanzi al Prefetto di Messina e, in ogni caso, condivise e preventivamente concordate sia quanto alla data e all’orario di celebrazione che quanto agli argomenti da porre all’ordine del giorno.
Per dette medesime ragioni, preso atto della ulteriore convocazione di cui alla nota prot. n. 19465 di data odierna, faccio presente che non potrò prendere parte all’incontro fissato unilateralmente per domani, domenica 24 gennaio, manifestandomi disponibile per un ulteriore incontro, ribadisco, da concordare congiuntamente”.

Il ripensamento immediato

Detto e sottolineato, ma non fatto.

Maria Grazia Furnari, infatti, domenica 24 gennaio si è regolarmente presentata al tavolo tecnico convocato unilateralmente da De luca.

E il 25 gennaio, nel termine fissato minacciosamente dal primo cittadino, sul tavolo del sindaco sono arrivati i dati dei contagiati e la situazione dei posti letto.

“A Messina la scuola non s’ha da fare”: Cateno De Luca continua a negare il diritto all’istruzione e alla socialità dei più giovani alimentando la propaganda del terrore. Eppure, il Tar Calabria esclude la competenza dei sindaci. Ecco cosa ha stabilito

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Prima il sindaco Cateno De Luca: a ottobre, novembre e dicembre; poi, come regalo della Befana, ci ha pensato il Presidente della regione, Nello Musumeci, su richiesta del commissario dell’emergenza Covid, Maria Grazia Furnari. Infine, da oggi 18 gennaio e sino al 31, ancora di nuovo il primo cittadino.

A Messina, “la scuola non s’ha da fare”, di nessun ordine e grado.

Mentre in tutte le altre città d’Italia, i bambini della scuola dell’infanzia, delle elementari e della prima media frequentano regolarmente le scuole, anche se la loro regione è inserita in zona rossa, quella di massima allerta e di elevato rischio epidemiologico, nella città dello Stretto, invece, a partire dalla fine di ottobre, le porte delle istituzioni scolastiche sono state serrate e tali sono rimaste anche nei periodi in cui la Sicilia è stata classificata zona arancione.

Tutto merito del sindaco.

Per Cateno De Luca, i diritti costituzionali all’Istruzione, alla socialità e allo sviluppo armonioso dei più giovani, funzionali al principio di uguaglianza, contano zero. Praticamente dal marzo scorso a Messina i ragazzi messinesi hanno trascorso non più di una quindicina di giorni sui banchi della scuola.

Eppure, la legge di emergenza e tutto l’apparato normativo messo in piedi (sulla scorta di valutazione di scienziati ed esperti, nel contemperamento dei valori in gioco) per contenere la diffusione del coronavirus sono chiari.

La scuola, nel rispetto delle regole di sicurezza, anche nelle regioni in cui c’è il massimo grado di rischio sanitario (rosse) devono rimanere aperte: a meno che non si individuino (ci devono essere, non basta siano probabili) dei focolai specifici nelle scuole o nelle classi e non sia possibile contenere il contagio chiudendo le sole classi o gli istituti interessati.

Ma ciò che è vincolo di legge per gli ottomila sindaci di Italia, per Cateno De Luca è soltanto inchiostro sprecato che egli con le sue ordinanze, a suo piacimento, deroga  e cancella. Nessuno protesta se non quando vengono toccati interessi economici; il prefetto Maria Carmela Librizzi lascia correre. 

A novembre per giustificare la chiusura delle scuole ha strumentalizzato le carenze in capo all’Asp 5 di Messina nel tracciare i contagi in città, cosa questa che – come scrive l’Istituto superiore di Sanità – si è verificata in tutta Italia.

Nelle scuole messinesi poi, a dire del sindaco, il fatto che non si trovassero abbastanza positivi era ascrivibile sempre a inefficienze dell’azienda sanitaria. La prova infatti, sarebbe stata nel fatto che la polizia giudiziaria della polizia municipale ha scovato, non si è ben capito come, più positivi di quelli individuati tramite tampone dal Dipartimento di prevenzione dell’Asp -proprio cosi ha scritto per motivare l’ordinanza “cancellascuole” – : dal 26 ottobre al 21 dicembre 130 positivi in tutte le scuole (tra decine di migliaia di persone, tra studenti docenti e operatori). Davvero un record allarmante.

Oggi, alla base della chiusura c’è il terrore che con l’aiuto dei giornalisti sparge da settimane strumentalizzando l’ aumento del numero delle morti di persone anziane e i numeri della positività al virus. Detto per inciso, si tratta di numeri tutt’altro che più alti – in percentuale – rispetto a quelle di altre città italiane e siciliane dove le scuole sono regolarmente aperte. Ma questo è diverso tema che merita altro spazio.

Nessun sindaco rispettoso delle istituzioni, infatti, si sogna di chiudere tutte le scuole nelle città d’ Italia che hanno dati di contagio e di mortalità molto più allarmanti di Messina, mentre peraltro il Governo con Decreto legge ha previsto la riapertura graduale delle scuole superiori, chiuse (solo quelle) qualunque sia il colore attribuito alle regioni.

Infatti, non si è sognato sinora di chiuderle il sindaco di Palermo (se non per un paio di giorni), né quello di Catania.

Nella vicina Calabria, qualche “sindachetto” in cerca di notorietà ha provato a negare il diritto all’istruzione, forse dopo aver assistito agli show di De Luca in televisione da Barbara D’Urso e nella speranza di essere invitato anch’egli.

Ma il Tribunale amministrativo regionale, presieduto da Giancarlo Pennetti, cui si sono rivolti un gruppo di genitori, ha spazzato via questi provvedimenti stabilendo che in materia di misure di contenimento del Covid e in specie di chiusura delle scuole il sindaco ha poteri di manovra limitatissimi.

Si trattava, nella specie, dell’ordinanza di chiusura delle scuole di Paola fondata sulle stesse argomentazioni con cui De Luca ha chiuso le scuole a Messina a novembre e lo fa oggi.

Ecco cosa ha spiegato con sentenza del 18 dicembre il Tar (n° 02077/2020 Reg.Provv.Coll; n°. 01346/2020 Reg. Ric.), vigente la stessa normativa di oggi:

“(….) Nel contesto dell’epidemia in corso, dove è stato già messo in atto un articolato sistema di risposta all’emergenza, con l’adozione di misure di mitigazione del rischio epidemico via via più restrittive a seconda della concreta situazione del territorio regionale, il potere di ordinanza sindacale è quindi limitato ai casi in cui sia necessaria una risposta urgente – che vada al di là delle misure adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dai Ministri competenti ed, eventualmente, dalle singole Regioni – a specifiche situazioni che interessino il territorio comunale.

– In altre parole, il Sindaco non può sostituire il proprio apprezzamento, per quanto prudente e ponderato, alla valutazione epidemiologica e al bilanciamento degli interessi operato dall’Autorità governativa ed, eventualmente, dalle singole Regioni.

Innanzitutto perché, contrariamente opinando, la naturale pluralità di misure adottate dai sindaci minerebbe la risposta unitaria e organica a una crisi sanitaria di carattere planetaria; non a caso, proprio con riferimento all’emergenza sanitaria attualmente in atto, il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che “in presenza di emergenze di carattere nazionale (…), pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali” (Cons. Stato, Sez. I, parere 7 aprile 2020, n. 735).

Ma soprattutto perché, sul piano strettamente normativo, non sussistono quegli ambiti di “vuoto ordinamentale” nel contesto del quale è ammissibile l’esercizio di poteri contingibili e urgenti.

Invero, come è stato acutamente osservato dalla dottrina costituzionalistica, nell’odierno contesto emergenziale, una volta intervenuti i decreti governativi, non è preclusa l’adozione di ordinanze sindacali, ma il potere di ordinanza non può sovrapporsi ai campi già regolati dalla normazione emergenziale dello Stato, restando libero di intervenire solo in quelli lasciati scoperti (ancorché con il limite del necessario rispetto del bilanciamento tra principi e diritti costituzionali diversi operato in sede centrale) e in presenza di specifiche esigenze locali.

– In sintesi, nel contesto dell’emergenza derivante dall’epidemia di Covid-19, l’ordinanza contingibile e urgente è adottabile dal sindaco a fronte di situazioni proprie del territorio comunale, che, per la loro specificità o per la loro improvvisa manifestazione non sono state considerate in sede di adozione delle misure a carattere nazionale o regionale.

Va da sé che a monte dell’adozione di tale provvedimento extra ordinem vi deve essere un’istruttoria adeguata, basata su dati oggettivi e scientificamente attendibili, e una motivazione congrua (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 maggio 2019, n. 3580).

 – Ciò è ancor più vero con riferimento alle modalità di istruzione scolastica, laddove vi è a monte la decisione, contenuta del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di continuare a consentire lo svolgimento in presenza della scuola dell’infanzia, della scuola primaria, dei servizi educativi per l’infanzia, del primo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado, anche nelle Regioni con il più alto rischio epidemiologico.

E laddove vi è una puntigliosa regolamentazione delle modalità di svolgimento delle lezioni, intesa a minimizzare il rischio di contagi.

In questa materia, dunque, i vari interessi coinvolti, quello alla salute, quello all’istruzione, quello allo svolgimento della personalità dei minori e degli adolescenti in un contesto di socialità, sono stati bilanciati e ricomposti a livello nazionale, peraltro con modalità tali da garantire una flessibile risposta ai diversi gradi di emergenza epidemiologica.

 – In proposto, il Tribunale deve ricordare che, se è innegabile che il diritto alla salute è al vertice dei diritti sociali, perché consente all’individuo di godere delle libertà e degli altri diritti che la Repubblica riconosce, nondimeno il diritto all’istruzione si colloca poco dietro.

Esso è il principale strumento con cui lo Stato provvede, ai sensi dell’art. 3, comma 2, a rimuovere, specie nei territori più svantaggiati, gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Attraverso l’istruzione, inoltre, si hanno più ampie prospettive di accesso al lavoro su cui la Repubblica è fondata.

– Dunque, il bilanciamento tra i due diritti in un contesto di epidemia non può essere demandato all’intervento, per sua natura episodico e frammentario, dei Sindaci, i quali avranno potere di emettere ordinanza contingibile e urgente negli scarsi “spazi liberi” la sciati dalla regolamentazione nazionale e con i limiti già sottolienati.

– Peraltro, non si può omettere di ricordare che il principio di precauzione, cui pure questo Tribunale ha riconosciuto un rilievo primario (cfr. la già citata sentenza del maggio 2020, n. 841), non può essere invocato oltre ogni limite, ma secondo il principio di proporzionalità, come ricordato tanto dall’insegnamento, nelle materie di competenza dell’Unione europea, dalla Corte di Giustizia (cfr. CGUE, Sez. I, 9 giugno 2016, in causa C-78/2016, Pesce), tanto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale  (Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85, sul bilanciamento tra valori dell’ambiente e della salute da un lato e della libertà di iniziativa economica e del diritto al lavoro dall’altro).

Dunque, la doverosa necessità di tutelare la salute non può risolversi in una tirrania di questo diritto rispetto alle altre libertà e agli altri diritti fondamentali, dovendosi ricordare che tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri (ancora Corte cost. n. 85 del 2013) (…..)”.

IL CORSIVO. Il capolavoro dei “gattopardi” e la credibilità dei magistrati: il sindaco De Luca attacca il manager La Paglia e il Governo regionale. Il presidente Musumeci e l’assessore Razza inviano a Messina il super commissario Covid Maria Grazia Furnari, cognata di Maurizio De Lucia, capo della Procura.

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L’assessore Ruggero Razza e Maria Grazia Furnari

 

Il sindaco di Messina Cateno De Luca ne ha chiesto con la solita violenza verbale la rimozione per manifesta incapacità nella gestione sanitaria dell’ emergenza Covid 19, denunciando inefficienze e disservizi dell’Asp 5: alcune sono già finite sul tavolo dei magistrati della Procura di Messina e altre sono state usate arbitrariamente dal primo cittadino per negare per settimane il diritto all’istruzione ai ragazzi della città.

Il presidente della Regione Nello Musumeci e l’assessore alla Sanità Ruggero Razza, a loro volta già destinatari di attacchi, non hanno accolto il diktat del sindaco/sceriffo ma non si sono neppure esposti per difendere il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale 5 Paolo La Paglia, pur avendo la responsabilità politica dell’operato del manager.

Governatore e assessore, su richiesta dello stesso La Paglia, hanno percorso la terza via: una sorta di compromesso al ribasso dai risvolti inquietanti degno della migliore tradizione “gattopardesca”  siciliana.

A distanza di 10 mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Governo nazionale hanno inviato in riva allo Stretto un commissario straordinario, plenipotenziario in materia di Covid-19. Sostituisce Carmelo Crisicelli, voluto nel marzo scorso dallo stesso direttore La Paglia.

Su chi è caduta la scelta?

Maria Grazia Furnari.

E’ questo il nome e il cognome della manager che dovrà coordinare tutta l’attività di contrasto all’emergenza Covid, un’emergenza che – detto per inciso, non essendo questo il tema – a Messina e in Sicilia (e nel sud italia) nella realtà non c’è. E’ virtuale. Indotta. Sottovuoto spinto.

Viene infatti alimentata da chi, complici i media, attraverso la propaganda del terrore mira ad aumentare le clientele e il consenso facendo assunzioni di personale inutile e, con enorme spreco di denaro pubblico, affari (magari in famiglia) non proprio “puliti”, ciò che – è facile prevederlo – si scoprirà nei prossimi mesi.

Maria Grazia Furnari ha però una caratteristica che ne avrebbe dovuto sconsigliare la nomina e indurre la stessa manager a non accettarla: è la cognata del capo della Procura di Messina.

E’ legata da uno stretto rapporto di affinità, infatti, a Maurizio De Lucia, a colui cioè che coordina i sostituti procuratori che sull’Asp 5 di Messina, sull’operato dei suoi vertici e funzionari e sullo stesso sindaco Cateno De Luca, a cui La Paglia ha pure promesso una querela, devono per legge indagare e nei confronti dei quali esercitare eventualmente l’azione penale.

D’ora innanzi anche il futuro operato della super commissaria, magari sottoposto alle dure critiche dello stesso De Luca, potrebbe finire sotto la loro lente.

E’ una questione di opportunità, di rispetto delle regole fondamentali che presiedono l’esercizio della funzione giudiziaria.

Non è certo in discussione, sino a prova contraria, l’onestà o la competenza delle persone.

Ma è in gioco la credibilità delle Istituzioni e degli uomini che le impersonano.

Considerato il contesto, la decisione del’assessore Razza di nominare la Furnari potrebbe legittimamente essere interpretata anche come vagamente intimidatoria. Stupisce perché opera di un avvocato, presuntivamente pregno di cultura giuridica e istituzionale; non sorprende di certo perché atto incoerente rispetto all’azione politica spartitoria e consociativa con cui Musumeci governa (si fa per dire) ogni giorno la Sicilia.

La nomina cade mentre la Procura di Messina ha diverse indagini in corso sulla gestione dell’emergenza Covid a Messina. E altre potrebbe aprirne quando l’allegra gestione dei fondi per l’emergenza che non c’è verrà alla luce.

Basti pensare, per fare qualche esempio, a quella sulle responsabilità per la morte, avvenuta nella scorsa primavera, di 40 anziani, ospiti (paganti) della casa di Riposo Come d’incanto di proprietà della signora Donatella Martinez.

Ancora, si pensi all’inchiesta sulla miriade di case di riposo per anziani abusive della città. O, ai fascicoli che nascono dalle denunce e querele che va collezionando il sindaco Cateno De Luca, protagonista di una serie di sortite amministrative abnormi (alcuni bocciati dagli organi della giurisdizione amministrativa) e di attacchi denigratori personali, strumentali o propagandistici: tra queste la minaccia, senza precedenti, di occupare l’Asp se non verrà rimosso La Paglia.

De Luca comunque è ancora sotto processo nell’ambito dell’inchiesta per l’evasione fiscale della Fenapi, il potente ente di assistenza fiscale che ha fondato.

Scriveva il grande giurista Piero Calamandrei che i magistrati non solo devono essere imparziali ma anche apparire di esserlo.

Per apparire imparziali, perché la loro azione non possa essere letta come ispirata a principi diversi da quelli stabiliti dalla Costituzione o dalla legge, è necessario che non si pongano in condizioni tali che agli occhi dei cittadini generino il naturale sospetto che il loro agire sia ispirato da logiche ritorsive o, per contro, omissive o di insabbiamento.

E’ possibile che tra le decine di tecnici in forza all’assessorato alla Sanità, di manager che figurano negli elenchi degli idonei a direttore generale o sanitario, tra le decine di epidemiologi siciliani la scelta del super commissario non potesse cadere, ammesso che fosse necessaria, su altra persona?

Giocoforza, d’ora in poi qualunque atto dei sostituti della Procura di De Lucia riguardante la gestione passata e futura dell’emergenza Covid verrà letta con gli occhi e la mente della dietrologia e del sospetto.

Qualsiasi provvedimento giudiziario anche non attinente al Covid potrà essere interpretato o strumentalizzato da De Luca (o dai suoi fans), se a lui indigesto, come una nuova “lupara giudiziaria”.

A fare gli onori di casa a Maria Grazia Furnari all’arrivo a Messina è stato Ferdinando Croce.

Avvocato e capo del Gabinetto dell’assessore Razza, Croce è da giorni in pianta stabile negli uffici della sede dell’Asp 5: una sorta di agente diplomatico distaccato a Messina.

Croce, candidato a sostegno di Musumeci alle ultime elezioni regionali del 2017 pur non essendo eletto ha ottenuto l’allettante incarico all’assessorato: ciò gli ha impedito di tornare a Fratelli di Italia di Giorgia Meloni, come invece ha fatto – dopo lo strappo del 2015 – il gruppo Vento dello Stretto, cui ha sempre appartenuto.

Con la Furnari ha in comune la parentela/affinità a un alto magistrato.

E’ infatti il nipote di Luigi Croce, precedessore di De Lucia alla Procura di Messina, che conta ancora oggi tra i suoi componenti alcuni pm che lo zio all’epoca coordinò.

Mentre lo zio magistrato dirigeva la Procura di Messina, l’altro zio, il fratello del procuratore Eugenio Croce (il cui figlio Maurizio il presidente Musumeci ha confermato Commissario per il dissesto idrogeologico della Sicilia), fu messo a capo dell’azienda ospedaliera Piemonte, sulla cui attività i sostituti di Palazzo Piacentini erano tenuti al controllo di legalità.

Insomma, un ritorno al passato. Che si ripete con puntualità svizzera.