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Il sindaco podestà fatto martire nella stagione dell’emergenza coronavirus: se uno Stato incoerente perde ogni credibilità e fa il gioco del ribaldo di turno. Il Governo si mobilita contro l’ordinanza palesemente illegittima di Cateno De Luca, ma lascia correre sulle ordinanze di Nello Musumeci e degli altri presidenti di Regione. E così gli oppositori del primo cittadino

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Violazione della stessa legge. Identica lesione delle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione.

Per sanare il vulnus determinato dall’ordinanza del sindaco di Messina Cateno De Luca che chiudeva lo stretto di Messina il Governo nazionale ha seguito la strada dell’annullamento straordinario.

Invece, si è comportato come Ponzio Pilato, girandosi dall’altra parte, rispetto ad analoghe ordinanze inutilmente liberticide assunte da vari presidenti delle regioni, primo fra tutti da quello della Regione Sicilia, Nello Musumeci (ma anche della Lombardia), in epoca successiva al 5 aprile 2020, termine ultimo di efficacia di qualsiasi provvedimento locale in materia di contenimento della diffusione del coronavirus.

Allo stesso modo, facendo finta di nulla, si sono atteggiati i giuristi, i sindacalisti, i (pochi) giornali, la Rete dei 34, che si erano battuti contro l’ennesima prevaricazione del sindaco di Messina.

I principi costituzionali non valgono sempre chiunque li infranga?

O forse, parafrasando George Orwell la legge se non la rispetta Tizio vale tantissimo e se non la osserva Caio fa niente, non vale nulla?

Come si può essere credibili se si applicano due pesi e due misure?

Il governo italiano con la sua incoerente condotta ha offerto al sindaco di Messina uno straordinario assist: da abile manipolatore qual è, sfruttando da par suo la psicosi collettiva che alimenta ogni giorno, ha avuto gioco facile in assenza di contraddittorio nello spiegare che lui è vittima di una persecuzione perché difende i cittadini messinesi da un governo imbelle, se non addirittura razzista.

Insomma, un martire: già preso di mira per il suo attivismo dal ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, che lo ha denunciato per vilipendio delle istituzioni (come se insultare le persone fosse un modo concreto per risolvere i problemi), irrorando così di olio lubrificante i meccanismi sempre ben curati del suo gioco vittimistico.

De Luca, non va dimenticato, da ultimo ha aumentato il suo consenso proprio grazie agli “spregiudicati” arresti di cui è stato vittima qualche mese prima delle elezioni amministrative del 2018: misura cautelare fatta a fettine dal Tribunale del Riesame. Ciò che gli ha consentito di ergersi a martire della giustizia che non funziona: emblema in cui si sono immedesimati tutti coloro che con il (dis) servizio giustizia hanno avuto a che fare.

In quest’ultima occasione, il sindaco – per usare una metafora – ha recitato ottimamente la parte del ladro che per dimostrare di essere innocente non ha argomentato sulla liceità della sua condotta, ma ha con passione sostenuto non andasse punito perché i suoi complici erano stati graziati. 

I fans ci sono cascati. E questo non meraviglia.

Meraviglia che persone che fanno politica da anni possano pensare di fare un’opposizione credibile e costruttiva alle prevaricazioni di un maestro di propaganda come De Luca senza essere coerenti; senza onestà intellettuale. Senza battersi per la difesa dei valori su cui si fonda la comunità, chiunque vi attenti, anche il proprio amico o ex compagno di classe: liberi dalla logica della tribù. 

Antonio Saitta, persona di sicura e ampia cultura giuridica e candidato a sindaco (perdente) alle ultime elezioni amministrative, ha esultato alla notizia che il Consiglio di Stato avesse dato il via libera alla bocciatura dell’ordinanza liberticida del 5 aprile del 2020, una delle tante sfornate da De Luca e usate unicamente per aumentare il consenso.

E si è avventurato in una chiosa accusatoria ad ampio raggio a chi sostiene acriticamente il sindaco, pure condivisibile per gran parte.

Ma non ha speso pubblicamente una parola sulle ordinanze del presidente Musumeci oltremodo irrazionalmente limitative della libertà personale, benché anche queste si applichino nella città di Messina: giusto per smontare l’argomentazione secondo cui ci può opporre concretamente solo a ciò che ha effetti sulla propria sfera giuridica.

Non una parola l’hanno spesa i nostrali e fieri contestatori di De Luca, che proprio per la pervicacia con cui il sindaco vìola le regole ne hanno chiesto al Governo la rimozione.

Al contrario, per esempio, della giurista Vitalba Azzollini che dalle pagine di www.meridionews.it ha criticato aspramente sia l’ordinanza di De Luca e sia quelle di Musumeci.

E allora non c’è da stupirsi se a chiunque venga il sospetto che il problema non sia difendere i principi e i valori, ma fare politica, campagna elettorale, attaccare l’avversario. Esattamente quello che fa De Luca, incurante degli effetti negativi che il clima di tensione crea ai cittadini che ama: li ama e li terrorizza, per poi proteggerli. E se è così, l’opposizione in quanto egualmente fanatica è anche sterile e improduttiva: perdente, perché non incide sul vuoto di cultura in cui sguazza De Luca.

Perché pensa di batterlo giocando sul terreno su cui il sindaco/podestà è maestro, imbattibile: quello dell’arena virtuale di face book e delle manipolazioni dialettiche.

L’ordinanza del sindaco era palesemente illegittima, come quelle precedenti. E come lo sono però a partire dal 5 aprile anche quelle di Musumeci.

Il Consiglio di Stato per dimostrarlo si è dilungato in una dotta e arzigogolata disquisizione.

Il costituzionalista Antonio Ruggeri è sceso in campo ospitato dalla Gazzetta del sud, da mesi “amichevolmente” al fianco della propaganda del terrore “deluchiana”, per bacchettare il suo allievo Antonio Saitta e i giudici del massimo organo della giurisdizione amministrativa: altra dotta disquisizione, così lunga da necessitare la divisione in due parti, su principi, valori, ecc.

Ma per chi non è così dotto, basta leggere il decreto legge del 25 marzo del 2020 e tenere a mente il principio costituzionale fondamentale secondo cui la libertà può essere limitata solo con legge emanata dal Parlamento (cui non senza forzature si ammette sia equiparabile il Decreto legge).

Con il Decreto legge del 25 marzo si è autorizzato il Governo tramite Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) ad adottare le misure limitative della libertà ritenute necessarie per contenere la diffusione del virus tra quelle tassativamente definite e si è stabilito che dal 5 aprile non ci sarebbe stato spazio alcuno per ordinanze di sindaci e Presidenti delle Regioni: quest’ultimi, se avessero avuto delle esigenze particolari e locali meritevoli di tutela avrebbero dovuto rappresentarle al Governo che, eventualmente, le avrebbe potute far divenire norme cogenti sempre e solo con Dpcm.

Punto. Tutto il resto sono masturbazioni accademiche.

A partire dal 5 aprile tutto quello che ha fatto De Luca e ancora di più Musumeci e gli altri Presidenti delle Regioni è illegittimo, anticostituzionale: carta straccia.

Andare a guardare al merito delle varie ordinanze è cosa ancora più ridicola, perché sarebbe come dire che siccome un cancelliere del Tribunale ha fatto una sentenza migliore e più giusta di quella che avrebbe fatto un giudice allora la si ritiene efficace e valida.

Violazione della Costituzione con il pretesto del terrore (ingiustificato) per il virus, il Consiglio di Stato boccia l’ ordinanza “blinda Sicilia” del sindaco/podestà Cateno De Luca. La necessità di opporsi alle prevaricazioni per difendere la libertà e la democrazia

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“Bocciato”, per l’ennesima volta.

Urla, sbraita, attacca le Istituzioni, incita alla caccia all’untore, solletica i delatori, terrorizza i cittadini per poi rassicurarli. E sforna ordinanze contingibili e urgenti: tutte nulle, invalide. Da non applicare. Carta straccia. 

Ma questa volta Cateno De Luca l’aveva fatta proprio grossa.

Voleva chiudere lo Stretto di Messina: ovvero la porta di ingresso in una delle regioni più grandi d’Italia.

Il sindaco di una città di 230 mila abitanti intendeva subordinare la libertà d’ingresso nel territorio in cui vivono cinque milioni di persone – la libertà di circolazione, una delle più importanti tra quelle garantite dalla Costituzione e da tutte le convenzioni internazionali – al nulla osta, udite udite, della polizia municipale, ovvero di persone a suo completo servizio che salvo delle eccezioni non conoscono neppure una delle norme, quelle valide si intende, dettate per contenere la diffusione del Covid 19, non parliamo poi della Carta costituzionale: chiunque lo può verificare. 

Neppure un Governo di pusillanimi come quello attualmente in carica poteva  fare finta nulla.

Ecco allora che il ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha avanzato proposta di annullamento straordinario chiedendo al Consiglio di Stato il relativo parere.

Il massimo organo della giurisdizione amministrativa ci ha messo poco a rilevare ciò che era evidente a chi aveva cognizioni giuridiche elementari. “Il provvedimento è adottato in carenza assoluta di potere e viola la Costituzione”, ha sancito in sintesi il Consiglio di Stato, dando il via libera all’invalidazione dell’ordinanza entrata in vigore proprio questa mattina.

Dopo l’ordinanza “coprifuoco”, bocciata timidamente dal Prefetto Maria Carmela Librizzi,  De Luca – una laurea proprio in legge – deve incassare una nuova sonora stroncatura: ce ne sarebbe a sufficienza, sotto il profilo giuridico, per promuovere la sua rimozione vista la pervicacia con cui viola le leggi e la Costituzione.

Ma si sa i populisti, specie in epoca del terrore (ingiustificato) le bocciature le trasformano presto in attacco alle Istituzioni: il sindaco di Messina in propaganda e demagogia è maestro.

C’è da aspettarsi che nelle prossime ore, De Luca anche con le sue quotidiane dirette face book, spieghi in maniera accorata, da vero attore calato nella parte, che lui vuole proteggere solo i messinesi, anzi tutti i siciliani; che le istituzioni centrali sono corrotte e non capiscono nulla. E che presto saremo invasi dal terribile virus.

E c’è da prevedere che avrà largo spazio sui media: “Babbara D’Usso” è già in fibrillazione.

D’altro canto ogni volta che annuncia di violare la Costituzione e la legge, ottiene ospitalità di giornali nazionali e reti televisive, anche quelle del servizio pubblico, pagato dai cittadini italiani e non solo dai suoi rumorosi fans.

Sbaglia chi ritiene che De Luca benché si muova sempre sopra e oltre la legge e l’etica della convivenza civile, abbia solo il consenso di fans rumorosi e fanatici che face book ha fatto diventare esperti di diritto, di medicina, di cinema e di storia ecc.

Può infatti godere del consenso di una buona fetta della borghesia messinese: non solo di coloro che sono terrorizzati e si sentono protetti da chi li spaventa.

Ha la complicità silenziosa dei vari politicanti e portaborse della città che da oltre un mese sono chiusi in casa, in quarantena: alcuni solo per ignavia o mancanza di coraggio; altri già perché in affari da tempo con il sindaco: dove sono finiti i deputati e i senatori messinesi che hanno votato la fiducia al Governo Conte che De Luca dileggia un giorno si e l’altro pure?

Fruisce del sostegno dell’unico quotidiano cartaceo della città, la Gazzetta del sud, impegnata a pieno regime (come tutta la stampa d’altronde) a spargere terrore, a moltiplicare i morti,i contagiati, i pericoli e rischi.

L’editorialista di punta, Lucio D’amico, colui che durante la campagna elettorale del 2018 incitava lo sfidante candidato alla carica di sindaco Dino Bramanti (l’uomo del Centro Neurolesi, gioiello della Fondazione Bonino Pulejo, editrice della stessa Gazzetta del sud), a brandire l’arma (squallida) dei guai giudiziari di De Luca, tanto che quest’ultimo lo ribattezzò “Nemico”, dopo che De Luca è divenuto sindaco è stato folgorato sulla via di Damasco.

“Maglie strettissime nello stretto. E’ importante chiudere lo Stretto”, ha plaudito (solo per citare uno degli interventi a sostegno dell’operato illegale del sindaco) D’amico, dimentico che in Italia sino a quando dalla follia collettiva non si passerà anche formalmente a un regime dittatoriale, De Luca e D’amico (prima Nemico) sono soggetti alla legge. Non vuota forma ma strumento con cui vengono bilanciati i vari interessi e valori in gioco ogni volta che bisogna affrontare un problema.

Cateno De luca a Messina è considerato fonte del diritto, anzi la fonte primaria, sopra la legge, oltre la legge.  

Un novello podestà, di fascista memoria, al quale i cittadini si rivolgono quotidianamente per denunciare il vicino che esce per passeggiare sotto casa o va a correre, tutte attività lecite anche ai tempi della follia collettiva, ma che il sindaco recalcitrante al diritto ha fatto diventare illegali: esattamente ciò che accadeva negli anni precedenti alla definitiva presa del potere del fascismo.

De Luca copre un vuoto politico enorme, un enorme stagno di melma, così ampio che ci sguazza dentro. Non sarà certo l’opposizione in poltrona davanti al pc e via facebook a riempirlo. 

Il terribile virus, dipinto come tale per ragioni politiche ed economiche, ma che terribile non è, un merito ce l’ha: ha reso ancora più evidente, se ve ne fosse stato bisogno, di quali virtuosismi propagandistici sia capace il primo cittadino e di come sia necessario opporsi alle sue prevaricazioni per difendere la libertà e la democrazia.

Così come a quelle di altri politicanti di lungo corso che sfruttando lo stato di terrore in cui è precipitata l’Italia e per coprire la loro inefficienza e le loro responsabilità di anni di malgoverno, emanano provvedimenti liberticidi e illegali, criminalizzando i cittadini che hanno una sola e grave colpa: quella di essersi affidati a loro.

L’ordinanza del presidente Nello Musumeci del primo aprile del 2020 è palesemente illegittima, come quella di De Luca ora annullata, e tuttavia la gente è indotta a osservarla ritenendola valida, o solo per evitare grattacapi. Nessun esponente politico lo denuncia.

I giornali neppure se ne occupano: d’altro canto la Regione Sicilia per contenere la diffusione del virus non ha distribuito pubblicità a pioggia (e già questo fa ridere lo stesso invisibile virus) a tutte le testate? E gli editori non hanno bussato alle porte di Musumeci per ottenere finanziamenti e uscire da una crisi che dura da un decennio e nulla ha a che fare con il coronavirus?