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Concorso truccato per favorire il figlio, condannato a 7 anni l’ex preside di Farmacia, Giuseppe Bisignano. Sei anni a Giuseppe Teti, il docente che “convinse” l’allievo Salvatore Papasergi a ritirarsi. Un anno e mezzo a Maria Chiara Aversa che creò una commissione di comodo. Tutti i dettagli dell’inchiesta nata per caso

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L'ex preside di Farmacia Giuseppe Bisignano

L’ex preside di Farmacia Giuseppe Bisignano

Il concorso di ricercatore lo vinse il figlio: non perché lo meritasse ma perché alla vigilia dell’ultima prova il candidato sicuro vincitore si ritirò.

La voglia matta di sistemare il proprio figliuolo Carlo nell’organico dell’ateneo di Messina è costata una dura condanna all’ex preside di Farmacia Giuseppe Bisignano.

Il Tribunale di Messina in primo grado lo ha riconosciuto colpevole di concussione per aver costretto Salvatore Papasergi, il candidato più titolato, ad abbandonare  la selezione bandita nel 2012 quando ormai l’esito era segnato a suo favore.

Per ottenere il risultato l’ex preside si era avvalso del collega Giuseppe Teti, ordinario di Microbiologia, di cui Papasergi era allievo da oltre un decennio.

Teti è stato condannato per concorso in concussione a sei anni di reclusione.

A Papasergi da un lato venne “consigliato di ritirarsi per evitare problemi per il futuro” e dall’altro venne data assicurazione che sarebbe stato aiutato in altro concorso per ricercatore della stessa disciplina che l’ ateneo da li a poco avrebbe bandito, come poi è accaduto.

Determinante per la condanna è stato il racconto prima agli inquirenti della Guardia di Finanza e poi nella sostanza davanti al Tribunale di Papasergi, che si è costituito parte civile: “Mi sono consultato con il professor Teti, il quale mi ha rappresentato che la nomina di ricercatore per quel concorso mi avrebbe determinato delle difficoltà in futuro per
la eventuale nomina a professore associato. In particolare, il professore Teti riteneva che nellʼambito del Dipartimento di Microbiologia della facoltà di Medicina mi sarei dovuto in futuro confrontare con persone aventi più titoli. Per queste ragioni ho ritenuto opportuno rinunciare al suddetto concorso nella speranza di vincerne uno bandito dalla Facoltà di
Farmacia circa un mese fa nella stessa area di ricerca e per il quale ho già presentato domanda. Benché la scelta di non presentarmi alla discussione finale
può apparire illogica ed autolesiva, ritengo che ciò può avere avuto un senso nella misura in cui si consideri che non faccio parte di un certo giro e devo stare a quello che mi viene consigliato. Voglio precisare che lavoro a titolo volontario e che mi mantengo con i soldi
che ho messo da parte. Spesso sono aiutato economicamente dai miei genitori», ha dichiarato Papasergi qualche mese dopo essersi ritirato.

Quando i vertici dell’ateneo scoprono che la procedura selettiva era finita nel mirino degli inquirenti l’annullano e deludono le speranze di un pronto riscatto di Papasergi.

 

Concussione in emergenza

In realtà le indagini mostrarono che l’opera di pressione e convincimento su Papasergi fu una misura di emergenza, una sorta di piano b.

Il concorso doveva andare al figlio di Bisignano grazie alla benevolenza dei membri della commissione scelti direttamente dall’ex preside di Farmacia, grazie alla complicità dell’allora delegata alla ricerca del rettore Franco Tomasello,  Maria Chiara Aversa, peraltro consuocera del Magnifico, che li propose con successo al Senato accademico.

Per questa condotta la Aversa  (cosi come Teti) è stata condannata per abuso d’ufficio.

E’ stato invece assolto per non aver commesso il fatto l’ex rettore Franco Tomasello ritenuto dalla Procura a conoscenza dell’accordo tra Bisignano e la Aversa per nominare la commissione di comodo, benché non ci fosse alcun elemento di prova a suo carico.

 

La docente onesta… fa saltare il piano principale

Il piano saltò perché Gianna Tempera, una componente della commissione non si piegò alle pretese di Bisignano: per lei non c’era discussione, Papasergi era superiore.

Gianna che cazzo fa, non lʼho capito? Quella si è convinta che Papasergi è a livello notevolmente più alto», dice Bisignano parlando al telefono con il suo collega Sandro Ripa, ordinario di microbiologia all’Università di Camerino.

«Gianna conferma di essere una donna stupida, stupida, stupida», attacca Ripa. Che arringa lʼinterlocutore: «A Gianna se lʼaggredisci ottieni qualcosa. Gianna chi la convince? Solo Nicoletti la può convincere», dice ancora Ripa. «Questa stronza dobbiamo vedere di inquadrarla», afferma di rimando Bisignano. «Parlane con Giuseppe Nicoletti», insiste Ripa.

Nicoletti altri non era se non un docente emerito di microbiologia dell’Università di Catania, maestro di Gianna Tempera.

In effetti, Bisignano segue il consiglio di Ripa e va a trovare Nicoletti. Quest’ultimo a sua volta ne parla con l’ allieva.

La Tempera però rimane ferma.

Interrogata dagli inquirenti difende il suo maestro: “Nicoletti non mi ha chiesto di modificare il parere positivo redatto nei confronti di Papasergi, limitandosi a chiedermi se i suoi lavori fossero attinenti al settore scientifico oggetto del concorso. A ciò io gli risposi che i titoli di Papasergi erano inerenti al concorso e decisamente migliori di quelli di Carlo Bisognano”, ha dichiarato la Tempera.

Tuttavia, ciò non è bastato a evitare a Nicoletti la condanna ad un anno di reclusione per tentata induzione indebita a dare o promettere utilità.

Anche per questo reato è stato riconosciuto colpevole Bisignano, che nel complesso è stato condannato a 7 anni di reclusione.

La posizione di Ripa, considerato concorrente dei due, è stata stralciata.

Aversa, Nicoletti, Teti e Bisignano sono stati pure condannati a pagare a Papasergi la somma di 50 mila euro a titolo di risarcimento danni.

La corruzione che non c’è

Ma perchè Giuseppe Teti ha sacrificato un proprio allievo che lo seguiva da un decennio? Secondo la Procura in cambio di un favore, ovvero l’interessamento di Bisignano a far diventare ordinario la moglie di Teti, Concetta Beninati, all’epoca docente associato alla facoltà del preside Bisignano e in attesa di divenire ordinario.

Eʼ un intercettazione di un colloquio tra Bisignano e Ripa a convincere gli uomini della Finanza che Teti vuole ottenere qualcosa per la moglie in cambio del suo interessamento: “Ma scusa, una stupidaggine simile…..ma insomma eh che quello fa il prezzo perché vuole la moglie ordinario.. se la fotte lui cosa vuole», dice Bisignano. «E pare che ci sei tu in commissione?…. mica ci stai tu in commissione ehee!», ribatte Ripa. «Ma sa che noi siamo in un certo giro… che abbiamo un certo potere che lui non ha….percheʼ se noi diciamo no, lui butta sangue», conclude lʼordinario di Farmacia.

Troppo poco per provare l’accordo corruttivo.

Il Tribunale presieduto da Mario Samperi ha infatti ritenuto che il fatto non sussista e ha assolto entrambi da questo capo di imputazione.

Tutto partì da fatture false

Gli inquirenti della Guardia di Finanza si imbatterono nel concorso destinato al figlio di Bisignano per caso.

Stavano infatti indagando su un giro di fatture false create dal delegato dell’economato della facoltà di Farmacia Cesare Grillo al fine di appropriarsi di risorse pubbliche, in tutto circa 8 mila euro.

La  Procura ipotizzò che Bisignano, il delegante, fosse a conoscenza del perverso stratagemma messo in piedi da Grillo.

Ma l’ipotesi non ha trovato alcun riscontro in giudizio e l’ex preside di Farmacia è stato assolto. Condannato invece a 4 anni Grillo per peculato e falso.