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Medicina, laurea facile in Albania. Il rettore di Tor Vergata dalle pagine di corriere.it annuncia lo stop.

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Giuseppe-Novelli

ROMA. Per gli oltre 62 mila aspiranti medici che affronteranno il test d’ingresso all’Università l’8 aprile, si avvicina il giorno della verità e si sfruttano gli ultimi giorni per prepararsi alla temutissima prova. Ma  per chi accarezza l’idea  di aggirare il numero chiuso iscrivendosi all’ormai famosa università «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana – che ha docenti e rettore italiani e lo stesso programma di studio dell’Università di Roma di «Tor Vergata» – il «piano B» potrebbe presto essere sbarrato. Giuseppe Novelli, rettore dell’ateneo romano  sta studiando, insieme ai vertici dell’Università di Tirana, nuove regole per l’ateneo albanese, che coinvolgeranno studenti e docenti. «A Tirana non voglio una Tor Vergata di Serie B, nè scorciatoie per aspiranti camici bianchi. Ecco perché stiamo stilando un nuovo protocollo d’intesa», ha detto.

La sentenza

Una recente sentenza del Tar del Lazio ha stabilito che gli studenti iscritti all’università albanese possono richiedere, facendone apposita domanda, di continuare i propri studi a una università italiana senza sostenere il test. I giudici hanno stabilito che trattandosi di fatto di un titolo di studio anche italiano, dopo la loro sentenza basterà rimanere in Albania solo un anno: il tempo di sostenere qualche esame e di chiedere di tornare in Italia. Fino a quel momento, l’alternativa era l’intero corso di studi a Tirana e poi il riconoscimento. Ma Novelli non ci sta. Il caso su cui si è pronunciato il Tar – una studentessa che aveva chiesto il trasferimento all’Università di Roma Tor Vergata senza aver mai sostenuto il test d’ingresso – è un evidente espediente per aggirare il numero chiuso, secondo il rettore. Che ha fatto a sua volta ricorso al Consiglio di Stato. Anche perché – ha dichiarato a un’agenzia di stampa –  l’esame di accesso a Tirana è molto diverso dal nostro».

Accordi da rivedere

Novelli afferma di aver «ereditato» l’accordo con Tirana. E di avere, in base a tale accordo, «accolto quest’anno una ventina di studenti dall’Albania, che dopo aver superato il concorso nazionale sono stati spalmati tra il secondo e il quarto anno». L’Università Cattolica NSBC, nata dalla convenzione di tre Atenei italiani, la Statale di Milano, Roma Tor Vergata e l’Università di Bari, ha programmi di studio, libri, docenti e lingua di insegnamento analoghi a quelli di Tor Vergata. «Ma per altri versi restano molte differenze. Ecco perché, in quanto nuovo rettore, mi sono impegnato per un nuovo protocollo d’intesa che modifichi per prima cosa le modalità d’accesso». Test su standard europei, con quiz in inglese preparati in Gran Bretagna. Docenti contrattualizzati in base a un meccanismo chiaro di reclutamento. Tirocinio professionalizzante da svolgere in ospedali, laboratori e strutture di livello. Queste le linee guida cui dovrebbe ispirarsi l’accordo.

30 dottori l’anno

All’ateneo albanese (che ha costi abbastanza elevati: 10mila euro per l’iscrizione, più le spese di soggiorno) si diplomano 20-30 studenti l’anno, ricorda Novelli. Forse non un numero che possa mutare gli equilibri della graduatoria di ammessi, che saranno 7.918, in base al decreto del nuovo ministro dell’Istruzione Giannini.  Ma sottolinea il rettore, «non può trattarsi di medici, odontoiatri e operatori sanitari meno preparati dei nostri».

di Antonella De Gregorio, corriere.it

Diecimila euro e un anno a Tirana bastano per diventare medici in Italia. Ecco come aggirare il test

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Università di Tirana

ROMA. Il Paese è straniero e i costi proibitivi per chi non ha la fortuna di essere nato in una famiglia ricca, ma i programmi di studio, i libri, i docenti e la lingua di insegnamento sono identici alla Facoltà di Medicina dell’Università Tor Vergata di Roma. Identici a tal punto che secondo una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio pubblicata agli inizi di febbraio, lo studente iscritto alla facoltà di Medicina dell’Università Cattolica «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana che lo domanda ha diritto di essere trasferito dall’ateneo albanese in uno italiano, benché non abbia mai superato il test di ammissione a Medicina.

I 62mila aspiranti medici che il prossimo 8 aprile non riusciranno ad entrare negli 7 .918 posti disponibili secondo le direttive del Ministero dell’Università e della ricerca per l’anno accademico 2014/2015  per coronare il loro sogno aggirando il numero chiuso avranno un’alternativa: attraversare i confini con la vicina Albania, sobbarcarsi i 10mila euro di iscrizione all’anno e i disagi anche economici degli studi all’estero.

In realtà, questo succedeva già. Ma finora uno studente italiano  iscritto a Tirana doveva ultimare gli studi in Albania. L’Università, nata da una convenzione con la Statale di Milano, la Seconda Università di Roma e l’Università di Bari, rilascia titoli che hanno valore legale anche in Italia, i docenti sono in gran parte italiani così come il rettore, e provengono dalle tre università che l’hanno fondata. E per questo i giudici ritengono che trattandosi di fatto di un titolo di studio anche italiano, dopo la loro sentenza  basterà rimanere in Albania solo un anno: il tempo di sostenere qualche esame e di chiedere di tornare in Italia.

La pronuncia ha creato molto imbarazzo al ministero dell’Istruzione. E minaccia di arroventare un tema già caldo alla vigilia delle prove selettive. I giudici del Tar laziale hanno in generale fissato un principio esplosivo per il sistema fondato sul numero chiuso: «L’ordinamento interno non prevede, almeno allo stato attuale, disposizioni tali da precludere agli studenti comunitari il trasferimento ad anni successivi al primo presso Atenei italiani, seppur a “numero chiuso” senza necessità di espletare un test preselettivo». Immediato è stato il ricorso al Consiglio di Stato.  L’esodo di centinaia  di studenti a Tirana raccontato dai media nazionali aveva suscitato molte polemiche e contestazioni. Michele Bonetti e Santi Delia, storici legali dell’Udu (Unione degli Universitari) autori del ricorso (al momento) vincente, commentano: «E’ evidente la violazione della parità tra studenti che si cimentano nel test in Italia o studiano in altri atenei comunitari e coloro che si recano in Albania, così come la discriminazione tra cittadini abbienti e non. Questa sentenza suona come l’ennesima bocciatura del numero chiuso».

La questione diventa anche politica e scatena una polemica da parte del centrodestra. Nel dicembre scorso un gruppo di parlamentari di centro destra guidati alla Camera da Vincenzo Garofalo e al Senato da Vincenzo Marinello in due distinte interrogazioni al Ministro dell’Università hanno puntato l’indice sul trattamento di favore riservato all’Ateneo albanese, sulla cui importanza «per il sostegno e la diffusione della cultura italiana» si è espresso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della visita di Stato del 5 marzo scorso. «Perché il riconoscimento in Italia della laurea in Medicina rilasciata dall’Università di Tirana ha una procedura semplificata? Che garanzie ha lo Stato italiano sulla formazione dei medici? Come e da chi sono pagati i docenti e quali sono gli oneri per le casse pubbliche italiane?», hanno domandato gli onorevoli. Alle due interrogazioni il Ministero nel frattempo passato dalla guida di Maria Chiara Carrozza a quella di Stefania Giannini non ha ancora dato risposta.

 

di Michele Schinella per corriere.it, 25 marzo 2014