Inchiesta Terzo Livello, assolta la moglie dell’ex consigliere comunale Giuseppe Chiarella. Il Gip Leanza aveva escluso qualsivoglia indizio di colpevolezza ma la Procura ha tirato dritto chiedendo il rinvio a giudizio. Già a processo Emilia Barrile e gli altri indagati. Ecco le accuse

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Il Giudice per le indagini preliminari aveva seccamente rigettato la misura cautelare degli arresti domiciliari chiesta nell’ambito dell’inchiesta Terzo livello, ma la Procura di Messina, sulla scorta dello stesso identico materiale probatorio, ha comunque insistito per il rinvio a giudizio.

Questa mattina Angela Costa è stata assolta “per non aver commesso il fatto” dal Gup Monia De Francesco.

L’accusa per lei era di aver fatto parte dell’associazione per delinquere capeggiata – secondo gli inquirenti – dall’ex presidente del Consiglio comunale Emilia Barrile.

Angela Costa è la moglie di Giuseppe Chiarella, ex consigliere comunale di Messina e candidato alle ultime elezioni amministrative del giugno del 2018 con la lista Leali della Barrile.

Il gip Tiziana Leanza nel rigettare la misura aveva osservato che pur essendo la donna socia di una coop riconducibile alla Barrile, non sussisteva a suo carico alcun indizio di colpevolezza dell’appartenenza all’associazione per delinquere.

Angela Costa, assistita dal legale Salvatore Silvestro, a fronte dell’insistenza della Procura aveva così domandato il giudizio abbreviato che si è celebrato oggi.

L’inchiesta Terzo Livello è deflagrata il 2 agosto del 2018 con gli arresti dell’esponente politico e di una serie di collaboratori e imprenditori.

Caccia notturna…. ai criminali

 

Benché il giudizio del magistrato Leanza su Angela Costa fosse stato chiaramente liberatorio, il giorno degli arresti degli altri indagati, alle 4 di mattina, nel cuore della notte, alcuni uomini della Dia hanno suonato al campanello di casa sua, svegliando tutti.

Gli agenti, su ordine della Procura, hanno effettuato una perquisizione che non ha determinato alcun esito, se non uno stato di paura e agitazione per i giovanissimi  figli.

Di livello…ma non tanto

 

Tutti le altre persone coinvolte in Terzo livello sono stati rinviati a giudizio, tranne Sergio Bommarito, il patron della Fire spa, la società di recupero crediti di livello nazionale.

In sintesi, la Barrile è accusata di aver creato, insieme al suo mentore e socio Marco Ardizzone, un sistema clientelare fondato su patronati e cooperative e su favori ottenuti grazie al suo peso politico a una serie di imprenditori o manager, che la ripagavano con assunzioni di persone a lei vicine e altre utilità, il tutto al fine di alimentare il suo bacino di consensi elettorali.

A giudizio insieme a Barrile e Ardizzone, il loro luogotenente Carmelo Pullia, lo stretto collaboratore Giovanni Luciano, l’amico di sempre della Barrile nonché imprenditore Francesco Clemente: sono accusati di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di reati contro la pubblica amministrazione.

Reati declinati nel reato di Traffico di influenze illecite.

A giudizio anche l’ex presidente dell’Amam Leonardo Termini; l’ex direttore amministrativo dell’Atm Daniele De Almagro; gli imprenditori Antonio Fiorino, Angelo e Giuseppe Pernicone; Vincenzo Pergolizzi e i suoi figli Sonia e Stefania, il genero Michele Adige, la sorella Teresa Pergolizzi, il suo uomo di fiducia Elio Cordaro, la dipendente storica Vincenza Merlino.

Lavoro di pubblica utilità

 

Sergio Bommarito, invece, ha chiesto e ottenuto la sospensione del procedimento penale attraverso l’accesso all’istituto della messa alla prova: nel caso di superamento positivo del trattamento rieducativo che consiste nello svolgimento di un’attività di utilità sociale il reato che gli viene contestato di Traffico di influenze illecito verrà dichiarato estinto.

Era accusato, in specie, di aver chiesto alla Barrile il disbrigo di alcune pratiche al Comune e di intercedere su Leonardo Termini in modo da favorire il pagamento di una fattura milionaria a favore della Fire che l’Amam riteneva non fosse del tutto dovuta.

In cambio, sempre secondo l’impianto accusatorio, ha fatto donazioni di denaro ad alcune società sportive e alcune assunzioni.

Imprenditori intraprendenti

Tony Fiorino, titolare della Despar di Messina, alla Barrile chiese aiuto per ottenere il via libera alla costruzione di un centro commerciale a Sperone e per avere dagli uffici comunali informazioni riservate su suoi concorrenti. In cambio, operava assunzioni e prometteva lavoro nella eventuale costruzione dello stesso centro commerciale.

Angelo e Giuseppe Pernicone, padre e figlio, sotto inchiesta nel processo Matassa per Associazione per delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni, alla Barrile chiesero intercessione per ottenere la concessione dello stadio San Filippo per il concerto dei Pooh, nell’ambito del quale avrebbe dovuto lavorare la loro cooperativa, in cambio di un coinvolgimento pure della cooperativa dell’esponente politico.

Vincenzo Pergolizzi, l’imprenditore noto a Messina per aver costruito il complesso Aralia su Montepiselli, finisce nell’inchiesta sulla Barrile e poi in custodia cautelare in carcere perché – secondo la Procura – si rivolge all’ex presidente del Consiglio e a Clemente per ottenere lo sblocco di alcune pratiche per la costruzione di un’abitazione su via Bisazza in cambio della promessa di commesse negli eventuali lavori.

Dalle indagini è però pure emerso che Pergolizzi aveva appena effettuato una serie di operazioni di cessione delle sue quote societarie, oggetto qualche anno prima di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, annullato successivamente dalla Cassazione, a favore dei suoi stretti collaboratori o congiunti.

Le operazioni societarie sono state considerate illecite della Procura che le ha inquadrate nel reato di Trasferimento fraudolento di valori: sono state effettuate infatti mentre pende a Reggio calabria il giudizio di prevenzione dopo la sentenza di annullamento con rinvio della Cassazione.

Per la Procura sono state fatte proprio per eludere il possibile nuovo sequestro preventivo.

Manager operosi

Leonardo Termini deve difendersi dall’accusa di Turbativa d’asta per aver favorito nel 2015 una coop riconducibile alla Barrile nell’aggiudicazione di un appalto all’Amam.

De Almagro, in cambio del sostegno della Barrile,  necessario per la sua riconferma nell’azienda dei trasporti, ha determinato – secondo la Procura –  l’assunzione temporanea come autista di persona segnalata dallo stesso esponente politico: fatto declinato nel reato di Induzione indebita a dare o promettere utilità.

 

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