Corruzione, da rifare il processo al giudice della sezione fallimentare Giuseppe Minutoli. Il gup di Reggio Calabria, Davide Lauro, ordina la restituzione degli atti alla Procura per il corretto esercizio dell’azione penale: “Fatti diversi da quelli contestati”

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Il magistrato Giuseppe Minutoli

Il magistrato Giuseppe Minutoli


Né una sentenza di condanna, né una sentenza di assoluzione, bensì un’ordinanza di restituzione degli atti al pubblico ministero perché eserciti correttamente l’azione penale.

E’ questo l’esito del giudizio abbreviato che vedeva come imputato di corruzione il presidente della sezione fallimentare del Tribunale di Messina Giuseppe Minutoli.

Il giudice dell’udienza preliminare di Reggio calabria, Davide Lauro, al termine di tre lunghe udienze ha stabilito che i fatti descritti dal capo di imputazione sono materialmente diversi da quelli, in ipotesi penalmente rilevanti in termini sempre di corruzione, che emergono nel materiale probatorio raccolto dalla Procura e posto all’esame del giudice.

Minutoli era accusato di aver accettato la promessa che gli era stata fatta dall’amico Gianfranco Colosi, imprenditore molto noto a Messina nel campo della ristorazione (è il titolare di Casa Ramona di viale San Martino), dell’assunzione della moglie nella costituenda società che proprio grazie all’aiuto del presidente della Fallimentare avrebbe dovuto subentrare all’Istituto vendite giudiziarie nella gestione dei servizi relativi alle vendite forzate del Tribunale.

L’accusa era fondata su alcune intercettazioni ambientali e telefoniche.

Il gup Lauro nell’ordinanza di tre pagine, per mostrare la divergenza tra fatti descritti e i fatti risultanti dagli atti di indagine, ha in primo luogo osservato che in queste intercettazioni non vi è un riferimento all’assunzione della moglie nella costituenda società, ma si parla di generica assunzione presso altra società riconducibile all’imprenditore della ristorazione.

In secondo luogo, il giudice ha rilevato che diversamente da quanto sostenuto nel capo di imputazione, dalle intercettazioni emerge che Colosi non dovesse scalzare l’Istituto vendite giudiziarie (IVG), ma avrebbe dovuto stringere un patto sinergico con la società Astelegali.net, interessata a succedere all’IVG, e che l’intento di Minutoli fosse proprio quello di mettere in contatto Colosi con Astelegali.net. .

“L’imputato ha diritto di difendersi da fatti materiali descritti compiutamente nel capo di imputazione corrispondenti a quelli che emergono dalle risultanze istruttorie”, ha in sostanza statuito il Gip.

Nel caso di specie ciò non è accaduto e dunque la Procura dovrà di nuovo procedere alla contestazione dei fatti proponendo una nuova richiesta di rinvio a giudizio.

I coimputati vanno in ordinario

Il coimputato Gianfranco Colosi ha scelto il rito ordinario. Dopo un errore di notifica della richiesta di rinvio a giudizio, l’udienza preliminare non si è ancora tenuta.

Il rito ordinario è stato scelto pure da Letterio Romeo, all’epoca dei fatti capo della Direzione investigativa antimafia di Messina.

L’ufficiale, intimo amico sia di Colosi che di Minutoli, secondo l’accusa è stato attore del patto corruttivo tra il giudice e l’imprenditore e ha avuto, a sua volta, la promessa dell’assunzione della moglie.

La pubblica accusa aveva chiesto per Giuseppe Minutoli 5 anni di reclusione, 7 anni e mezzo come come pena base, ridotta di un terzo, ovvero di 2 anni e mezzo, per la scelta del rito speciale.

 

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