Accesso abusivo alla banca dati della polizia, la procura di Roma ordina il carcere per il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. L’ ex boss di Barcellona era stato scarcerato lo scorso 17 maggio. Nell’inchiesta Vecchia maniera le prove delle complicita’ degli agenti di scorta

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Carmelo Bisognano

Carmelo Bisognano

 

Era stato scarcerato dal Tribunale di Barcellona dinanzi al quale sta rispondendo dei reati di tentata estorsione e intestazione fittizia di beni, il 17 maggio del 2017, dopo un anno esatto di carcere. Ma il sapore della libertà, per il collaboratore di giustizia di Barcellona Carmelo Bisognano ha avuto breve durata.

Venerdì 7 luglio 2017 è stato nuovamente arrestato e condotto nel carcere di Rebibbia su ordine del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Chiara Gallo, che ha accolto la richiesta della Procura, guidata da Giuseppe Pignatone.

Ai domiciliari sono finiti due agenti che erano incaricati di sorvegliarlo e proteggerlo mentre il collaboratore si trovava in località segreta sin dal momento dell’inizio della sua collaborazione, avvenuto alla fine del 2010.

 

Località protetta, che allegria

Secondo quanto accertato gli agenti Domenico Tagliente e Enrico Abbina avevano intessuto con il collaboratore un rapporto di complicità che consentiva a quest’ultimo di muoversi e incontrarsi a suo piacimento, anche con altri collabori di giustizia, in violazione di ogni norma regolamentare e, soprattutto, di avere libero accesso al sistema informatico della polizia.

Il rapporto di collusione tra Bisognano e chi avrebbe dovuto controllarlo è emerso nel corso dell’inchiesta “Vecchia Maniera”, condotta dal commissariato di Barcellona diretto da Mario Ceraolo. I risultati dell’attività di indagine costrinsero i sostituti della Dda di Messina, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, a chiedere la misura cautelare per il collaboratore che loro stessi avevano gestito e grazie al quale era stata disarticolata la mafia di Barcellona.

Gli arresti scattarono il 18 maggio del 2016.

Gli inquirenti avevano scoperto che Bisognano dalla località protetta, usando Angelo Lorisco, aveva costituito una società e aveva iniziato l’attività di imprenditore, sotto mentite spoglie, grazie all’aiuto dell’imprenditore Tindaro Marino, sottoposto alla misura di prevenzione patrimoniale e condannato all’epoca per concorso esterno alla mafia.

Per tornare operativo, Bisognano tramite Lorisco aveva – secondo l’accusa – tentato di sottoporre a estorsione i membri della famiglia Torre, titolari di un’azienda.

In cambio dell’aiuto economico di Tindaro Marino, Bisognano si era impegnato a fare dichiarazioni favorevoli a Marino, da usare nel procedimento di prevenzione patrimoniale pendente in appello (vedi ampio articolo sull’inchiesta Vecchia Maniera).

Per quest’ultimo capo di accusa, i pm Di Giorgio e Cavallo hanno domandato l’archiviazione, al vaglio del Gip Monica Marino, il giudice che aveva disposto gli arresti di Bisognano.

Per l’intestazione fittizia e la tentata estorsione, la procura di Barcellona competente territorialmente, ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, in corso di svolgimento.   

 

La trasmissione in capitale

La parte dell’inchiesta relativa agli accessi al sistema informatico era stato trasmesso per competenza territoriale alla Procura di Roma, essendo i fatti avvenuti nella località di Rieti.

Per la procura di Roma, i fatti erano cosi gravi e allarmanti (in riferimento alla esigenze cautelari) da richiedere la massima delle misure cautelari, valutazione condivisa dal Gip.

La responsabilità penale di Bisognano è in corso di accertamento davanti al Tribunale di Barcellona. Benchè l’ex boss di Barcellona fosse stato arrestato e  abbia violato le regole che sono imposte ai collaboratori di giustizia, il programma di protezione non è stato mai revocato.

Anche sulla scorta di questo dato, il Tribunale  di Barcellona ha revocato il carcere sostituendo la misura con l’obbligo di dimora in località protetta, sotto la vigilanza della scorta.

 

Interrogazioni abortite

Sulla gestione del collaboratore di giustizia Bisognano, il 10 maggio del 2017 aveva presentato un’interrogazione parlamentare ai ministri della Giustizia e dell’Interno il senatore del M5Stelle, Luigi Gaetti, chiedendo spiegazioni sul trattamento di favore che l’ex boss aveva ricevuto.

Il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, l’ha però ritirata qualche giorno dopo. “Mi è stato segnalato che si fondava su documenti incompleti”, si è giustificato. “Ma la ripresento non appena accertò che ciò non è vero”, ha dichiarato raggiunto telefonicamente a fine maggio (vedi articolo relativo).

 

Semplici leggerezze e bucce di banana

Carmelo Bisognano durante la collaborazione e sino agli arresti del maggio del 2016 era assistito da Fabio Repici e Mariella Cicero, colleghi da anni di studio.

Mariella Cicero subito dopo gli arresti ha rimesso il mandato essendo emerse delle intercettazioni tra il legale e il collaboratore suscettibili – secondo gli inquirenti – di rilevanza penale. Repici ha continuato a difendere Bisognano e nel processo in corso a Barcellona ha citato la Cicero come teste a difesa di Bisognano.  Mariella Cicero nel corso dell’esame ha, tra le altre cose dichiarate,  definito in buona sostanza leggerezze le condotte imputate a Bisognano che “è scivolato su una buccia di banana e si è fatto fregare”, aggiungendo che “semplici violazioni comportamentali non possono portare all’incriminazione penale”. Di diverso avviso, prima la procura di Messina e ora quella di Roma, che declinano in termini di reato gli scivoloni sulle bucce del frutto tropicale.

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